Il nuovo terreno di scontro dell’enologia italiana è il Chianti. La battaglia, che si presume potrà durare a lungo e a colpi di carte bollate e sentenze, ha avuto inizio quando l’assemblea dei soci del Consorzio Vino Chianti ha approvato la proposta di modifica al disciplinare di produzione dando vita al Chianti Gran Selezione. Una decisione che però al Consorzio Chianti Classico (caratterizzato dal simbolo del Gallo Nero) non è piaciuta. Anzi, è vista come una sorta di appropriazione indebita di strategia, visto che la Gran Selezione era stata introdotta da loro fin dal 2014.
A determinare la diatriba è proprio il contenuto stesso della modifica, che per la cronaca è stata approvata con percentuali plebiscitarie, cioè tra l’89 e il 99% dei voti in rappresentanza del 70% dell’intero corpo sociale. Il nuovo vino infatti dovrà essere di colore rosso rubino intenso e tendente al granata con l’invecchiamento, avere un odore speziato e persistente, una gradazione alcolica minima più elevata (13 gradi), un invecchiamento di almeno 30 mesi e non potrà essere imbottigliato in fiasco. Scelte dettate dalla necessità di alzare il livello qualitativo ma, soprattutto, di abbracciare i gusti dei mercati internazionali, con particolare attenzione a quelli cinese e americano.
Ora, per il Consorzio Chianti non resta altro che aspettare l’iter di approvazione, che dovrà far tappa in Regione Toscana e al ministero dell’Agricoltura e Commissione europea. Percorso che però potrebbe durare anche due anni. È per questo che, all’interno della richiesta di modifica, oltre alla nascita della nuova sottozona Chianti Terre di Vinci, esiste anche una postilla di retroattività. Cosa che in sostanza permette ai soci di iniziarne sin da ora la produzione.
La reazione del Consorzio del Chianti Classico è stata immediata. “Faremo netta opposizione alla proposta di Chianti Gran Selezione in tutte le sedi istituzionali”, ha dichiarato il presidente Giovanni Manetti, aggiungendo che: “Abbiamo subito un attacco frontale, che rischia di mettere a repentaglio il percorso di collaborazione da tempo avviato dal comparto viticolo toscano, fortemente sostenuto e incentivato anche dalla Regione, che ci ha visti fino ad oggi protagonisti partecipi e attivi”. Replica che, come illustrato nella nota diramata dallo stesso consorzio, ricorda come “la Gran Selezione, presente sul mercato dal 2014, è unicamente una tipologia di Chianti Classico, ideata dal lavoro esclusivo del Consorzio Vino Chianti Classico”. Non solo, perché, rincarando la dose, “Siamo profondamente rammaricati che le scelte proposte del Consorzio Chianti siano tutte rivolte soltanto a riproporre strategie di valorizzazione già messe in campo dal vino Chianti Classico: la Gran Selezione, peraltro con caratteristiche identiche a quelle della Gran Selezione Chianti Classico, come il grado alcolico, i tempi di invecchiamento e il divieto di uso del fiasco, e la certificazione obbligatoria per le transazioni di sfuso”.
In attesa di sviluppi, togati o meno, l’unica cosa certa per il Chianti, e soprattutto per i suoi consumatori, rimane l’ormai storica confusione. Perché va ricordato, che da una parte, c’è un Consorzio, quello del Chianti, che abbraccia praticamente tutta la Toscana, con 15.000 ettari di vigneto già produttivo, a cui si aggiungeranno altri 3.000-4.000 in fase di rinnovamento, e dall’altra quella del Chianti Classico, celebre per il suo Gallo nero, che si estende nelle sole province di Siena e Firenze, con 10.000 ettari vitati e 7.500 ettari rivendicati a Chianti Classico.
Fabio Gibellino