Il consumo della bollicina francese nel mercato italiano continua a crescere e si è posizionato al vertice della qualità, con ottimi affari per cuvée di prestigio, rosé e blanc de blancs. E c’è forte attenzione per i piccoli produttori
Il mercato dello Champagne ha registrato, nel 2018, una battuta d’arresto. S’è trattato di un calo molto contenuto, chiamiamolo fisiologico, riguardante per giunta i suoi due storici mercati di riferimento: Francia e Regno Unito. Al netto del mercato interno, la crescita internazionale è stata lieve (+0,3%) e ha fatto segnare il nuovo record di 4,9 miliardi di euro di giro d’affari.
MERCATO DI VALORE
Uno scenario incoraggiante, in cui anche l’Italia fa la sua parte: in totale, infatti, sono arrivate nel Bel Paese 7.362.506 di bottiglie, un numero che fa della nostra nazione il quinto mercato all’export per crescita al valore, che segna un +4,2% rispetto al 2017 e un giro d’affari di oltre 158 milioni di euro. Brieuc Kremer, CEO di Vranken-Pommery Italia, non cela il proprio entusiasmo: “Il mercato italiano è attraente, perché ci consente di mostrare tutte le nostre conoscenze in materia. Gli italiani hanno un ottimo rapporto con lo Champagne: non sono solo Champagne lovers, una fetta importante di loro è fatta di profondi conoscitori, consumatori “evoluti” estremamente attenti”. Gli fa eco Massimo Poloni, direttore commerciale di Valdo, che distribuisce in Italia Nicolas Feuillatte: “L’Italia in valore è molto forte: si colloca dopo Stati Uniti, Giappone e Germania e prima del Belgio”.
CONSUMATORI CONSAPEVOLI
Luigi Sangermano, socio e CEO della società Laurent-Perrier Italia che ha chiuso l’ultimo fatturato con una crescita del +12% rispetto al 2016, non ha dubbi: “Una buona parte di questa edificante situazione si deve alle aziende stesse, che hanno investito sulla formazione dei loro clienti permettendo di raggiungere il consumatore in maniera più efficace”. Corrado Mapelli è il direttore commerciale e consigliere d’amministrazione del gruppo Meregalli, primo distributore italiano di vini per il canale horeca, che ha in portafoglio la maison Bollinger. “Il consumatore italiano – afferma – è oggi sicuramente più informato grazie alla facilità nel reperimento delle informazioni online e alla disponibilità di corsi, masterclass ed eventi dedicati che hanno incoraggiato una crescita di consapevolezza cui si è associata, conseguentemente, una crescita dei consumi. La continua evoluzione del sapere ha avuto un’incidenza anche sulla produzione, oggi più attenta che mai alla coerenza con tematiche come la salvaguardia ambientale, percepita come cruciale dai Millenials e da cui sono sortiti, oltre che fenomeni di mercato, interi progetti di conversione”.
LA VIE EN ROSÉ
Accanto al bio, tuttavia, si registra anche una sostanziale crescita del rosé che raggiunge un fatturato totale di 355,5 milioni di euro, corrispondenti a un +3,6% di giro d’affari. Un dato, questo, felicemente captato da Leo Damiani, direttore commerciale e marketing di Perrier-Jouët Italia, che ha dedicato al Brut Rosé Belle Epoque “un progetto di comunicazione e distribuzione assai ambizioso”, sul quale per il momento non si sbottona. Chi invece ha fiutato il dato ancor prima della conferma arrivata dal Bureau du Champagne è Luca Pescarmona che, nel suo catalogo, di 5 etichette di Champagne Duval-Leory ne sceglie due rosé, entrambe Prestige. Diversamente da quanto accade altrove il rosé è, per la Champagne, una tipologia più legata a una produzione più di nicchia, di prestigio ulteriore. Per cui, tornando a Damiani, “è necessario lavorare a implementarne la percezione valoriale da parte del consumatore italiano, non ancora del tutto cosciente dell’impegno che questa tipologia richiede al produttore, tanto in termini di concezione quanto in termini di realizzazione”. Analoga la posizione di Laurent-Perrier: “Il 20% della nostra quota di mercato, in Italia, è concentrata proprio sul rosé – afferma Sangermano – sul quale siamo stati tra i primi a credere. La nostra Cuvée, nata nel 1968, è la stessa ancora oggi e si fregia di essere tra i prodotti più particolari e, dunque, più riconosciuti dal consumatore. Il suo segreto? Il fatto che sia un vino da macerazione, proveniente da 100% pinot noir”.
BLANC IS THE NEW BLACK
A proposito di trend che non accennano a scemare, poi, c’è il fenomeno del Blanc de Blanc particolarmente caro a Perrier-Jouët: “Stiamo parlando di numeri non enormi – racconta Damiani – e nel nostro caso rappresenta il 20% della produzione totale, ma la crescita è imponente se consideriamo che questa tipologia, anche solo vent’anni fa, in Italia non esisteva”. Secondo Damiani, “il suo successo è determinato dal fatto che si tratta di una tipologia particolare, che va a qualificare il cliente che lo ordina permettendogli per giunta di investire una cifra minore rispetto a quella che spenderebbe per una Cuvée Prestige; e questo senza poi contare che il Blanc de Blancs ha un’identità tutta sua in grado di combinare verticalità, mineralità e delicatezza”. Anche per Laurent-Perrier il Blanc de Blancs non è solo un trend, ma un elemento identitario importante su cui la Maison ha investito soprattutto da quando, nel 2009, ha rilevato alcune parcelle nei più importanti Cru della Côte des Blancs. Luca Pescarmona, a questo proposito, non ha dubbi: “Delle etichette di Duval-Leroy scelte, quella che ci sta dando più soddisfazioni, oltre che più sicurezza, è proprio il Pur Chardonnay”.
PICCOLI PRODUTTORI ALLA RISCOSSA
A dividersi il mercato, tanto in Italia quanto all’estero, sono principalmente tre attori: le grandi Maison da un lato, i récoltant manipulant (RM) – o vigneron – al centro, e le cooperative dall’altro. Questa tripartizione produttiva fa sì che il nostro mercato possa esser indagato anche alla luce del successo dell’uno o dell’altro. Massimo Polloni di Valdo la interpreta così: “Una prima peculiarità o, se vogliamo, una specificità del mercato italiano, è per esempio il dato che si fissa tra i due estremi: se è vero com’è vero che il 4,4% della sua capacità in termini di volumi accolti l’Italia lo concede alle cooperative come Feuillatte, è anche vero che ben l’85,3% finisce alle Maison. In questo contesto, il restante 10,3% è invece il territorio occupato profittevolmente dagli RM, per cui la nostra nazione rappresenta il secondo paese di esportazione”.
UN CONSUMATORE PRESTIGE
Come detto, e coerentemente con questo dato, “da sempre l’Italia è uno dei mercati più importanti per le Cuvée de Prestige”, racconta il CEO di Vranken-Pommery Italia Brieuc Kremer, che conferma quanto sostenuto da Poloni per Feuillatte, che sostiene quanto “l’Italia cresca più in valore che in volumi”, dato che diventa lapalissiano per Bollinger che, nel portfolio di Meregalli, colloca sì l’Italia al quarto posto in termini di volumi, ma la fa salire repentinamente al primo se rapportato alla domanda dei prodotti Premium. Gli fa eco, anche stavolta, la case history di Feuillatte: “La cooperativa, prima di entrare nel portfolio di Valdo, stava addirittura considerando l’idea di abbandonare il mercato italiano. Nel 2014 abbiamo adottato la distribuzione – chiarisce Poloni – concentrando tutto sul valore: abbiamo così fatto una selezione di prodotto coerente col mercato italiano che, come indicano i numeri delle esportazioni, predilige i prodotti di fascia alta. È per questa ragione che la nostra nazione si colloca, oggi, al quinto posto per quanto riguarda il valore ed è per questa ragione che, interpretando questi dati, si possono fare delle scelte di mercato intelligenti, e coerenti col mercato di riferimento”. E anche Pescarmona, nel momento in cui ha scelto il posizionamento per l’Italia di Duval-Leroy, non ha avuto dubbi: “La selezione che abbiamo fatto per l’Italia è stata molto precisa, e l’abbiamo settata verso l’alto, il ché non è stato comunque facile visto che rappresentiamo un’azienda che vanta oltre venti etichette, tutte di alto livello.” DA NORD A SUD “La destagionalizzazione del consumo – osservano in Pommery – ha portato a un aumento di consumo consistente in regioni come Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, dove la passione per le bollicine francesi è in continua crescita. Ma ci sono anche le grandi città, la capitale in primis e il sud, coi suoi luoghi turistici iconici in cui l’hôtellerie di lusso ospita una clientela internazionale: qui lo Champagne è imprescindibile!”. Quanto alle realtà distributive autoctone del nostro paese, coi suoi 157 agenti per circa 90 mandati Meregalli si dice soddisfatta: “Copriamo tutta l’Italia e siamo molto forti in Lombardia ovviamente, ma anche a sud stiamo andando bene: Napoli e Salerno rientrano nella rosa delle 7 principali zone di distribuzione, il Salento è cresciuto moltissimo e stiamo investendo tanto, a questo proposito, anche in Sicilia”. Quanto a Valdo, “abbiamo sempre lavorato molto bene nel centro-sud Italia che sta rispondendo benissimo anche in vista delle opportunità create dalla presenza di un minor numero di competitor. Certamente, per andare bene in queste zone devi avvalerti di una rete molto forte, molto capace e molto caparbia”, osserva Poloni. La Lombardia però è il territorio dove c’è più conoscenza da parte dei consumatori e difatti rappresenta per tutti un “porto sicuro”, cui si sta felicemente accostando, per Pescarmona, anche l’Emilia Romagna. Leo Damiani, con Perrier-Jouët, ritiene che “Milano sia ancora la città con più potere d’acquisto: non è necessariamente show-off come la Sardegna, com’è ancora la Costa Smeralda, ma è invece il teatro di appassionati seri, che prendono sul serio la loro passione. Quanto agli altri cluster urbani, di certo c’è Torino, che è sempre stata edotta, e l’Emilia-Romagna con la città di Parma che, ancora, continua a rispondere tantissimo al richiamo di Maria Luigia. Nel sud Italia, c’è Bari che, inaspettatamente, acquista, consuma e ritorna con grande entusiasmo tanto da essersi meritata, in azienda, l’epiteto di “Milano del sud”. E pensare che alla fine degli anni ‘80, quando incominciai con Krug, in Italia il nostro primo cliente era lo spaccio del carcere dell’Ucciardone di Palermo che su 60.000 bottiglie si ne aggiudicava 1500…”. Ma all’epoca il 41 bis non era ancora entrato in vigore.