Il colpo più duro, in Cina, è stato incassato dai produttori francesi di Bordeaux. Secondo quanto scrive il quotidiano South China Morning Post, i prezzi al dettaglio dei grandi cru stanno crollando per effetto combinato di calo dei consumi, il primo registrato dopo anni di crescita a due cifre, ed eccesso di approvvigionamenti da parte dei retailer. L’import nel mese di agosto sarebbe diminuito del 14,3%, conseguenza diretta del crollo delle borse e dei magazzini troppo pieni. La testata cinese riporta inoltre casi di bottiglie svendute con sconti fino al 75% rispetto al prezzo iniziale e la testimonianza del direttore della logistica di Europasia, gruppo di Shanghai da 250 mila bottiglie in stock per la maggior parte d’importazione europea, che sostiene: “Quando abbiamo iniziato, la domanda era talmente alta che potevamo fissare il prezzo, grandi margini e nessun problema; negli ultimi anni invece, a Shanghai, hanno dovuto chiudere circa duemila ditte nel mondo del vino”. Il giro d’affari al dettaglio del vino in Cina sarebbe di circa 78 miliardi di yuan, equivalenti al cambio attuale a 11,4 miliardi di euro, generati per un terzo dai prodotti di importazione. Dalla Gran Bretagna invece giunge la testimonianza di George Rhys, coproprietario della trading company Elliston & Southwick Fine Wines a Battersea, che indica un calo del 30% nell’anno in corso da parte dei suoi clienti cinesi, parzialmente compensato con l’aumento dell’export negli Stati Uniti. Resta il fatto che, in Cina, i consumi da qui al 2020 aumenteranno a un ritmo contenuto, non oltre l’1% annuo, raffreddando gli entusiasmi degli esportatori europei che si erano immaginati un Eldorado per le loro vendite. “C’è ancora domanda di vini d’importazione, ma non sono gli stessi vini di prima”, ha dichiarato all’agenzia Reuters Guillaume Deglise, CEO di Vinexpo, precisando che “prima i consumatori guardavano all’alto di gamma dell’area di Bordeaux e ora invece puntano sull’entry level”. E chi, come gli australiani, reagisce con consegne a breve e prezzi inferiori, sta ottenendo risultati di gran lunga migliori rispetto agli europei. Per l’Italia, dunque, il ritardo accumulato nel mercato cinese rispetto ai produttori francesi potrebbe, in questa fase, costituire paradossalmente un punto di forza, essendo meno esposta al crollo dei prezzi e alla necessità di dover smaltire le giacenze.