Il forte calo dell’import di vino in Cina colpisce soprattutto le etichette europee e ha come diretta conseguenza la perdita della ormai consolidata leadership francese. Nei primi cinque mesi 2019, i produttori d’oltralpe hanno visto crollare del 34% il valore delle vendite di vini fermi imbottigliati e a nulla è valso l’incremento del 24% degli spumanti, principalmente Champagne, perché la quota dello sparkling è marginale (5%) in un mercato dominato dai vini rossi. Il risultato è che, secondo quanto riporta l’analisi di Nomisma Wine Monitor, il giro d’affari dei francesi si ferma a 271 milioni di euro contro i 306 degli australiani, che invece crescono di quasi il 5 percento. La quota di mercato dei produttori francesi scende sotto il 30%, contro il 43% di dieci anni fa.
A sorridere sono principalmente i produttori del nuovo mondo. “Il prezzo gioca un ruolo fondamentale negli acquisti dei vini da parte dei cinesi – afferma Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor – e gli accordi di libero scambio di cui godono australiani e cileni, che permette loro di entrare in Cina a dazio zero, li favoriscono rispetto ai competitor, anche nei confronti dei più blasonati francesi che fino a qualche anno fa sembravano immuni da queste logiche concorrenziali”. I dati confermano questa visione: se i francesi perdono il 31,5% a valore, gli spagnoli quasi il 17% e gli italiani più del 12%, gli australiani mettono invece a segno lo storico sorpasso e i cileni sono i migliori performer con un balzo dell’8,4 percento. La palma del peggiore è andata invece ai produttori Usa, anche per effetto della guerra commerciale tra Washington e Pechino: l’import di vino dagli Stati Uniti è sceso del 54% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Per i vini australiani oggi la Cina è il primo mercato di destinazione e genera il 40% dei ricavi derivanti dalle vendite oltre frontiera, mentre dieci anni fa tale incidenza non arrivava al 4 percento.
Quanto all’Italia, i dati sono ancora una volta sconfortanti. La quota di mercato dei nostri produttori in Cina non arriva al 7% ed è stata ulteriormente ridotta per effetto di un calo del 6% in volume e del 13% in valore nei primi mesi 2019. Questo è il risultato di un calo del 15% a valore dei vini fermi, non compensato dal +5% degli spumanti.
Nomisma Wine Monitor evidenzia tuttavia, a consolazione di quanto accade in Cina, i buoni risultati dell’Italia in altri Paesi del mondo a cominciare proprio dagli Usa, primo mercato di destinazione dei nostri vini, dove nei primi cinque mesi si è verificata una crescita del 2% a valore. Ancora meglio è andata in Corea del Sud (+10%), in Russia (+9%) e Francia (+4%) mentre nel Regno Unito l’aumento è stato in linea con quello statunitense (+2%).