La fase di fermento attorno al mondo wine & food non si è ridotta nemmeno durante la pandemia. Certo, si sono fermate molte attività per ragioni contingenti, ma l’interesse sul settore è rimasto elevato, al punto da cambiare, forse in modo definitivo, anche l’identità di uno degli ambiti più tradizionalisti del made in Italy come l’industria del vino.
La forza del cambiamento è registrata da un’analisi di Pwc sul 2020, anno in cui le m&a nel food & beverage sono calate per numero di deal, ma sono aumentate del 129% a valore. Nonostante le incertezze pandemiche, il mercato ha investito in questi asset un valore più che doppio rispetto all’anno precedente. Un trend che ci si aspetta venga confermato o accelerato con la ripresa del 2021.
Andando a osservare le recenti operazioni italiane è da notare come il consolidamento abbia riguardato in maniera decisa anche il mondo del vino con una certa ‘trasversalità’. Innanzi tutto, in termini di tipologia di operatori. Ovvero, le m&a hanno coinvolto importanti nomi del private equity, come la recente operazione che ha riguardato il fondo Clessidra che, attraverso il Clessidra Capital Partners 3, si è aggiudicata la maggioranza di Mondodelvino. Ma il fenomeno ha riguardato anche nomi storici che sono stati acquisiti, nonché brand che si sono mossi e hanno arricchito con operazioni straordinarie il proprio portafoglio di offerta. Insomma, c’è stata anche un’anima industriale nel fenomeno delle acquisizioni.
Il concetto di trasversalità, inoltre, si può leggere anche come necessità di posizionamento completo verso il cliente finale: si punta, cioè, ad avere una sempre maggiore capacità di attrazione del cliente, sia off sia online, attraverso l’acquisto di canali e-commerce o di network di distribuzione strutturati.
Questo è forse l’aspetto più dirompente per il mondo wine, da sempre caratterizzato da una sorta di ‘isolamento’ in cantina. Fino a non molto tempo fa, le aziende vitivinicole passavano di mano con trattative private, senza intermediazione, quasi di nascosto. Gli interlocutori erano gli appassionati del brand, se non addirittura il vicino di tenuta vitivinicola. Oggi, il calice, oltre a completare il menù di gruppi food & beverage di primo piano, è un formidabile strumento di e-commerce o un driver per i gruppi che vogliono potenziare la propria attrattività anche nell’hospitality. Insomma, è diventato un asset ‘industriale’, al quale il mercato è in grado di attribuire, in maniera efficiente, un posizionamento e un valore. E sul quale, di conseguenza, è possibile investire.