Il vending è stato messo al tappeto? Sì, ma potrebbe rialzarsi in fretta perché il distributore automatico è uno strumento che garantisce l’isolamento sociale e opera h24. Intanto le società spingono sulla diversificazione di prodotto, inserendo mascherine e guanti monouso
di Andrea Guolo
Tra scuole chiuse, uffici in smart working e stazioni semideserte, la “botta” del Covid è arrivata anche per il vending. A lungo termine però il comparto dei distributori automatici presenta ottime prospettive di recupero perché l’erogazione del servizio in assenza di operatori, l’apertura h24 e il contenimento dei costi comportano indubbi vantaggi rispetto all’horeca tradizionale, senza contare che la probabile uscita dal mercato di tanti operatori del fuori casa potrebbe avvantaggiare le società specializzate nella distribuzione automatica.
150MILA MACCHINE SPENTE
In Italia, il vending poteva contare su 800mila macchine installate, distribuite in tutto il territorio nazionale tra luoghi di lavoro, scuole, ospedali, punti strategici di transito (stazioni, aeroporti etc) e anche in aree attrezzate nei centri urbani, dando lavoro a circa 33mila persone. L’impatto del lockdown è stato rilevante. “Il giro d’affari si è ridotto gradualmente fino ad una perdita del 70% del fatturato registrata nel mese di aprile”, spiega Massimo Trapletti, presidente di Confida (Associazione italiana della distribuzione automatica). Al crollo dei ricavi non si è accompagnata una riduzione dei costi, anzi: “La maggioranza delle pubbliche amministrazioni, tranne qualche raro caso virtuoso, continua a pretendere il pagamento dei canoni concessori e demaniali per le macchine ormai spente da mesi”, lamenta il numero uno dell’associazione, che ha chiesto al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri l’adozione di un provvedimento ministeriale per sospendere l’obbligo di versamento. Intanto però le società specializzate hanno messo in atto una diversificazione dell’offerta, inserendo tra i prodotti in vendita anche i dispositivi di protezione individuale quali mascherine, guanti e disinfettanti. “La distribuzione automatica – prosegue – ha dato prova anche di responsabilità sociale. Gli imprenditori del settore si sono attivati per sostenere il territorio in cui operano, realizzando una serie di iniziative di solidarietà in molte regioni d’Italia a favore di ospedali, Protezione Civile, fondazioni, altre realtà e progetti in corso, stanziando in totale oltre 10 milioni di euro”. Quanto alle prospettive, Trapletti afferma: “Non farei distinzioni di canale: ognuno deve fare il massimo per offrire il proprio servizio e i propri prodotti nella maggiore sicurezza. Il vending di per sé è sicuro, perché vende prodotti preconfezionati o in contenitori monouso che sono custoditi all’interno della macchina”. L’associazione ha comunque dato vita a una campagna, chiamata #pausasicura, che si propone come obiettivo di fornire informazioni a clienti e consumatori sul corretto utilizzo del distributore automatico ma anche richiamare l’attenzione sull’impegno degli operatori del settore sui temi di igiene e sicurezza. Nel breve termine, l’obiettivo consiste nel riaccendere le circa 150mila macchine che sono state spente a seguito del lockdown, essendo posizionate in spazi che sono stati chiusi per legge (a cominciare dalle scuole). “In questi luoghi – ribadisce Trapletti – riprenderemo a offrire ai nostri consumatori la loro ‘pausa caffè’ in piena serenità e sicurezza”.
RIPRESA IMMEDIATA Visto da Coca Cola Hbc Italia, il modello di business del vending presenta indubbi vantaggi, “considerando sia la sua diffusione capillare e il fatto che garantisce un servizio al consumatore senza vincolo di orario”, afferma Silvia Molinaro, direttrice del canale out of home della società leader nel comparto del beverage analcolico, che lo presidia non solo con le bibite gassate dei suoi marchi, ma anche con i tè freddi Fuzetea (“Con il quale stiamo guadagnando importanti quote di mercato”, precisa), con i prodotti a basso o nullo contenuto calorico, gli energy drink (Coke Energy, Monster e Burn) e le altre bevande (Powerade, Amita, Adez). Dopo il calo rilevante del lockdown, c’è attesa per la ripartenza effettiva delle attività legate al consumo attraverso i distributori automatici. “Molto dipenderà dall’evolversi del contesto dei prossimi mesi – precisa Molinaro – considerando che ci sono ancora molti aspetti da capire, tra cui quali saranno le prospettive in termini di restrizioni. Basti pensare alle aree comuni degli uffici o le zone ristoro delle stazioni, molto ridimensionate in termini di utenza a causa dei correnti limiti agli spostamenti. Nella cultura della nostra azienda cerchiamo di trovare sempre delle opportunità nelle difficoltà, e così stiamo facendo anche per questa emergenza”. Con uno sguardo a valle della filiera. In particolare, Coca Cola sta mettendo in cantiere attività di co-marketing con i gestori ed è impegnata nello sviluppo di nuove strategie per il caricamento che terranno conto “delle diverse necessità e tipologie dei vari canali che compongono il mondo del vending”. La fiducia del gruppo dipende anche dai punti di forza del vending, che “permette una ripresa operativa immediata delle attività e inoltre garantisce il rispetto delle normative in vigore a tutela della salute pubblica, in quanto i contatti sono ridotti al minimo nel processo di acquisto. Ci aspettiamo inoltre un aumento della diffusione delle vending con pagamenti con carte di credito e contactless”, conclude Molinaro.
SFIDA FIDELIZZAZIONE
Tra i player del mondo food presenti nel vending compare il gruppo Cremonini, attraverso la divisione snack della controllata Italia Alimentari. Una divisione che fattura circa 25 milioni di euro, per il 15% derivanti dalla distribuzione automatica dove i prodotti best seller sono i tramezzini. All’interno del gruppo è inoltre presente la partecipata Time Vending, che conta su 150mila distributori installati. “Con l’emergenza – racconta Alessandro Baldi, responsabile vendite della divisione snack – abbiamo toccato punte del -80%, contenute al -60% nel corso di aprile. La situazione sta lentamente migliorando, e la presenza dei nostri prodotti all’interno di distributori posizionati perlopiù in luoghi di transito e nelle fabbriche dovrebbe offrirci qualche vantaggio, perché sono quelli dove sta ritornando il consumo. Siamo invece meno presenti in ambito lavorativo e scolastico”. Per il secondo semestre, Baldi sostiene che è “impensabile recuperare tutte le perdite subite in primavera. Molto dipenderà dall’andamento dei consumi estivi, ma ci sarà meno gente in viaggio e quindi, in prospettiva annuale, sarà davvero un successo potersi avvicinare alla parità”. Lo scenario cambia guardando al 2021 e agli anni a seguire. “Il distanziamento sociale porterà nuovi consumatori a scegliere il vending. Se il comparto riuscirà a fidelizzare questa clientela aggiuntiva, ne uscirà rafforzato”.