Marcia spedito il progetto di sostenibilità del Gruppo Caviro, cooperativa faentina che raccoglie 12mila soci per 27 cantine in sette regioni per un totale di 35.200 ettari vitati. La realtà da 390 milioni di euro di fatturato (+8% sul 2020), il 30% dei quali ottenuto in 80 Paesi del mondo, ha presentato ieri a Milano la terza edizione del suo bilancio di sostenibilità. Un esercizio che ha potuto registrare, tra i fattori più rilevanti, una produzione di 88,6 milioni di Kwh di energia elettrica da fonti non fossili, la mancata emissione di oltre 100mila tonnellate di anidride carbonica e la riduzione del 23% del prelievo di acqua da falda per ogni litro di vino lavorato. Iniziative che nel corso degli anni hanno portato Caviro a ottenere numerosi riconoscimenti internazionali, ultimo dei quali, l’European Award for Cooperative Innovation per la categoria Bioeconomia e circolarità.
Per Carlo Dalmonte, presidente del gruppo, ‘Ri-Generazioni. Uniti dal fil vert della sostenibilità’, questo il titolo dell’evento: “È un qualcosa di rassicurante perché rimanda, da un punto di vista agricolo, a una parola che ricorda l’inizio del ciclo vegetativo a primavera che a sua volta ci ricorda come tutto ricomincia e, soprattutto, che in questo mondo, tutto è in prestito, a maggior ragione la Terra, che per questo dovremmo sì lavorare, ma preservare per le generazioni future”. E a proposito del domani, Caviro, già forte di ventisette certificazioni ottenute e in linea con gli obiettivi delineati dall’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile del pianeta, punta al conseguimento di un’azione concreta sette Sustainable development goals. Il tutto senza dimenticare gli aspetti sociali del buon amministrare e produrre, che per il gruppo significa riconoscere ai propri soci condizioni migliori del 7% rispetto a quanto offerto dal libero mercato e l’aver sostenuto 65 enti a scopo sociale e didattico.
E ancora, sempre riguardo al futuro prossimo, e ricordando che, “la sostenibilità non può prescindere da investimenti mirati e costanti”, come ha spiegato SimonPietro Felice, direttore generale di Gruppo Caviro: “Il desiderio è quello di vedere una certificazione per chi fa sostenibilità, perché così si premierebbero quelle aziende che la praticano seriamente, oltretutto proteggendo la credibilità di tutto il sistema paese, perché all’estero, ormai consapevoli della qualità dei vini italiani, il nuovo plus è proprio il rispetto dell’ambiente”. Magari con l’aiuto della politica che, almeno in Europa, come ha spiegato l’europarlamentare Elisabetta Gualmini (Pd): “Riusciamo a creare delle alleanze trasversali tra partiti per proteggere i nostri prodotti, e spesso ci riusciamo, come la recente vittoria sul tentativo di demonizzare il consumo di vino sulle etichette”.