Nel 2018, le vendite di prodotti bio in Italia hanno superato i 4 miliardi di euro, con un aumento del 5,3% rispetto al 2017, mentre l’export delle aziende italiane specializzate è cresciuto a doppia cifra (+10%) superando quota 2,2 miliardi. Sono i dati pubblicati nell’ultima edizione dell’Osservatorio Sana elaborato da Nomisma e presentato venerdì nella giornata inaugurale della fiera che si è chiusa ieri a Bologna.
Parrebbe dunque sempre più solida la situazione dei produttori da agricoltura biologica, ma l’analisi di Nomisma su dati Nielsen evidenzia un quadro competitivo più complesso, per effetto delle pressioni promozionali avviate soprattutto dalla grande distribuzione. Un fatto già emerso dallo studio Pambianco sui fatturati dei primi dieci player nazionali, con tanto di impatto negativo sulla marginalità del comparto.
Le vendite tra gdo, iper e super nell’anno che si è concluso a giugno evidenziano infatti un incremento in volume del 6,7% contro un +5,9% a valore. Tale pressione è legata a un canale di grande importanza, poiché la cosiddetta distribuzione moderna assicura il 47% degli introiti complessivi sfiorando i due miliardi di ricavi ed è in crescita, contrariamente a quanto accade sul fronte dei negozi specializzati che nel 2018 hanno perso il 2,3%, per un valore di 845 milioni di euro e con un 21% di incidenza complessiva. Segue il food service con 606 milioni di ricavi e il 15% di quota, mentre tutti gli altri canali messi assieme (piccoli negozi, gruppi di acquisto solidale, farmacie e parafarmacie) generano un giro d’affari di 704 milioni.
Il bio sta lentamente diventando un fenomeno di massa, con l’ingresso sul mercato dei produttori generalisti che possono proporre prezzi più competitivi e con maggiori spazi assicurati all’interno della grande distribuzione. Un dato significativo emerge dall’Osservatorio Sana: negli ultimi sei anni, dal 2014 al 2019, le vendite bio in gdo sono aumentate dell’80% contro il +11% registrato nell’ambito dei negozi specializzati.