Il Rapporto Ristorazione della Fipe pubblicato nei giorni scorsi ha certificato il cambiamento degli stili alimentari degli italiani, sempre più orientati a pranzare e cenare fuori casa. Il giro d’affari horeca, secondo la Federazione Italiana Pubblici Esercizi (aderente a Confcommercio), ha superato nel 2018 i 43 miliardi di euro, pesando per il 36% sulla spesa alimentare complessiva.
L’elemento più significativo, tra le nuove abitudini acquisite dagli italiani, consiste nell’utilizzo di piattaforme di food delivery. Nell’ultimo anno, sottolinea la Federazione presieduta da Lino Stoppani, il 30,2% degli italiani ha avuto occasione di ordinare online il pranzo o la cena da piattaforme web. Lo ha fatto per scarsa voglia di uscire (37,1%), di cucinare (31,5%) o per mancanza di prodotti in casa (35,6%). E i cibi più ordinati nel 2018 sono stati i Poke Bowl, le ciotole di pesce crudo che hanno rappresentato la tendenza di consumo più importante dell’anno da poco concluso, precedendo hamburger con patatine, pizza, sushi e ravioli asiatici. Tra le nuove tendenze emerse quest’anno compaiono veg meat, beyond burger, cucina birmana e filippina, curcuma e gomasio, cocco e dragon fruit.
Si conferma dunque il buon momento della ristorazione, che a differenza di altri settori non soffre l’online, anzi: il commercio elettronico finisce per essere un partner dei ristoranti, proprio attraverso il servizio di food delivery. Infatti, sta aumentando il numero degli esercizi in attività, con un saldo attivo tra nuove imprese e chiusure di attività. Sono oltre 333.640 le imprese in attività ad oggi, per un totale di 1.252.260 occupati di cui 864.062 sono lavoratori dipendenti e 388.202 indipendenti.
“I numeri – ha commentato il presidente di Fipe, Lino Stoppani – confermano il valore del nostro settore non solo da un punto di vista economico, ma anche culturale e sociale. In termini di consumi, occupazione e valore aggiunto emerge il ruolo centrale della ristorazione nella filiera agroalimentare nazionale, un elemento di cui dovranno tener conto le politiche di filiera, ad ogni livello. Non possiamo nascondere, infine, alcune rilevanti criticità che pesano sullo sviluppo del settore a cominciare dagli elevati tassi di mortalità imprenditoriale, dall’eccesso di offerta e dall’abusivismo, dalla bassa marginalità e da una progressiva dequalificazione”.