Nonostante le difficoltà, Vinitaly Russia ha portato a termine la dodicesima edizione, con oltre ottocento etichette esposte in rappresentanza di singoli produttori di vino, delle collettive delle Camere di Commercio di Udine e Gorizia-Friuli Venezia Giulia, di IW&SP – Italian Wine & Style Promotion e della Regione Veneto. La mostra si è tenuta il 16 novembre a Mosca nelle sale dello Swissôtel Krasnye Holmy e ha richiamato circa duemila visitatori. Sulle vendite di vino italiano, al pari di altri prodotti del made in Italy, è sceso il gelo. L’export nei primi sette mesi 2015 evidenzia un calo del 26,8%, per un totale di 57 milioni di euro. Gli spumanti, fenomeno commerciale dell’anno, non fanno eccezione e perdono il 35,1% a 22,1 milioni di euro. “Nonostante il contesto negativo generalizzato – ha evidenziato il direttore dell’Ice di Mosca, Paolo Celeste, nel corso dell’inaugurazione – l’Italia si conferma anche per quest’anno il primo esportatore di prodotti vitivinicoli in Russia. Una dato che ci conforta, ma che deve soprattutto stimolare a fare meglio, sfruttando le defezioni dei concorrenti stranieri, occupando le loro quote e impegnandoci, come intende fare Ice in collaborazione con Vinitaly, in un’attenta e specializzata educazione del consumatore verso il prodotto vitivinicolo italiano”. Durante l’appuntamento, concentrato in una singola giornata, Vinitaly International ha organizzato un programma suddiviso in sette Masterclass, la degustazione mirata Walk Around Tasting e infine i due Executive Wine Seminars a cura di Vinitaly International Academy. Si sono ripresentati all’evento le principali società russe d’importazione, tra cui Simple, Fort, Ast-international Environment, Dp-Trade, Mbg e Millenium, a cui si sono aggiunte le new entry Winedom e Noble House, focalizzate su cantine italiane di piccole e medie dimensioni. Nel 2014 l’Italia, contenendo le perdite al -2,34% ed esportando 254,3 milioni di euro, in Russia aveva performato meglio della concorrenza: i francesi avevano lasciato sul terreno l’11,3% e gli spagnoli addirittura il 28,3%.