È il food il re – quasi incontrastato – dell’equity crowdfunding in Italia. Secondo i dati raccolti dal primo Osservatorio Pambianco sull’Equity crowdfunding (pubblicato sull’ultimo numero di Pambianco Wine&Food Magazine) nel 2020 le attività che operano nel mondo enogastronomico o dell’agroalimentare si sono aggiudicate quasi la metà delle operazioni totali nei settori chiave del made in Italy, ovvero moda, design, beauty e, appunto, food. Tradotto in numeri, la fotografia dell’anno concluso è questa: su 27 operazioni di Equity crowdfunding concluse con successo nei comparti sopra citati, ben 15 sono ascrivibili a startup e Pmi legate al food&wine. In termini di valore, significa che su un totale di 9,9 milioni di euro raccolti, ben cinque sono legati all’enogastronomia.
Lo studio è stato condotto monitorando i sei principali siti di crowdfunding attivi nel Belpaese e quindi: Mamacrowd, Backtowork, Crowdfundme, Opstart, TheBestEquity e StartsUp, nonché il portale specializzato Crowdfunding Buzz e racconta di una realtà, quella del food, molto dinamica e aperta a uno strumento tutto sommato ancora nuovo in Italia, come la raccolta dei fondi attraverso Internet. Questo strumento, infatti, è stato introdotto in Italia dal Decreto Sviluppo bis del 2012 con l’obiettivo di introdurre la raccolta di capitale di rischio attraverso Internet per favorire la nascita e lo sviluppo di imprese startup innovative (poi esteso a tutte le Pmi).
Gli ultimi mesi hanno portato delle novità regolamentari per l’equity crowdfunding, ovvero la possibilità per i portali autorizzati di collocare minibond a investitori professionali in una sezione dedicata.
IL CASO AGRISTERIA
Molte delle realtà che hanno aperto i loro capitali sono aziende o Pmi che, complice anche la situazione particolare dettata dalla pandemia, stanno rafforzando i loro progetti sul fronte digitale o piattaforme che stanno potenziando il delivery. Si tratta, quindi, di progetti semplici da comunicare e sui trovano sinergie con i cosiddetti ‘web surfers’, piccoli investitori che decidono di diversificare gli investimenti con piccoli capitali, potenziali utenti di questi servizi.
È il caso, per esempio di Agristeria, una start up nata sulla scia del ritorno degli italiani all’agricoltura e fondata da Alessandro Di Fonzo che, da garden designer con in tasca una laurea in Scienze Agrarie, ha deciso di fare il salto di qualità e diventare ‘agristiere’ investendo energia e talento per “portare la campagna in città”. Il progetto viene definito così: “aiutare le piccole aziende agricole a distribuire il loro prodotto ad un prezzo equo e i cittadini a mangiare sano, ogni giorno, con consapevolezza”. In pratica, l’idea è aprire una rete di locali dove vendere prodotti di aziende locali, oltre ad ospitare un piccolo ristorante dove gustare pietanze sane e genuine, cucinate con quello che l’orto offre. Il primo è stato aperto a San Giuliano Terme, in provincia di Pisa e si chiama Cosa Ti Coltivo. Ma l’intenzione è dare vita a una sorta di franchising di negozi/ristoranti chiamati Agristieri. Per questo Di Fonzo ha lanciato una raccolta di equity crowdfunding che si è conclusa con 146 adesioni per un totale di 490mila euro a fronte di una valutazione pre-money di un milione di euro. Secondo il business plan del progetto, nel triennio 2020-2022 sono previsti 10 punti vendita di proprietà a 34 in franchising, prima in Toscana, successivamente in Emilia-Romagna e Lombardia.
LA RISTORAZIONE GUARDA AL DIGITAL
Oltre alle nuove realtà, ci sono anche aziende già avviate nel business offline nel mondo della ristorazione che hanno avviato campagne di raccolta sul web a supporto dei loro progetti. Tra i più importanti in termini di raccolta ci sono i casi del breadbar Forno Brisa che ha totalizzato una raccolta di 1,2 milioni di euro per una valutazione pre-money di 3,2 milioni e la catena di ristoranti kids-friendly Benvenuto Family che ha concluso a fine febbraio 2020 una campagna con 1 milione di euro di raccolta e una valutazione pre-money di 9 milioni. Tra le case history interessanti anche quella di Rabezzana Srl, la società che riunisce Osteria Rabezzana, celebre realtà della ristorazione e dell’enogastronomia torinese con oltre cento anni di storia, un’azienda di commercializzazione di vini piemontesi di elevata qualità situata nel Monferrato, un pastificio ed enogastronomia di lusso, con sede sempre a Torino, e un bar-pasticceria recentemente aperto in corso Garibaldi a Milano. Nel 2019 la società ha generato un giro d’affari di 618mila euro (+28% sul 2018).
SI RAFFORZA IL DELIVERY
Anche il settore del delivery ha attinto alla modalità della campagna diffusa sul web per portare avanti i progetti di implementazione delle strutture logistiche per la consegna. Tra le campagne del 2020 spicca Orapesce, piattaforma digitale che consente di acquistare online pesce fresco, già pulito e riceverlo dirttamente a casa. Il progetto è nato all’interno di una classe Executive MBA del Politecnico di Milano. Nel 2019 la startup ha raggiunto un fatturato di 75mila euro con 450 clienti e 1.500 ordini ma con alte aspettative per la crescita. Come spiega l’azienda, “il mercato ittico fresco in Italia vale circa 3 miliardi di euro ed attualmente è scarsamente presidiato da player e-commerce”. Nel 2020 ha lanciato una campagna di crowdfunding che ha consentito alla realtà di raccogliere quasi 400mila euro pre una valutazione pre-money di 900 mila euro. Tra gli obiettivi dell’operazione, oltre al potenziamento della logistica, c’è l’ingresso nel segmento Horeca.
Nel primo trimestre 2021 sono state tre le operazioni di crowdfunding concluse. Il food si aggiudica due operazioni. La prima è Etilika, un e-commerce specializzato nella vendita di vini e superalcolici, che ha raccolto quasi 1 milioni di euro (a fronte di una valutazione pre-money di 8,2 milioni). I fondi saranno utilizzati anche per accelerare lo sviluppo sui mercati esteri. Acquainbrick ha ottenuto un finanziamento di 500mila euro (valutazione pre-money di 3,1 milioni di euro) per scardinare il mercato dell’acqua in bottiglia usando contenitori in carta.