Federvini rilancia il proprio Osservatorio Economico in partnership con Nomisma e Trade Lab, e fotografa un 2021 in salute per il settore del vino e degli spirit made in Italy, anche se “non è tutto oro quel che luccica”, avverte la presidente Micaela Pallini. Pur in un contesto di ripresa del settore, grazie soprattutto alla ripartenza dei consumi fuori casa sul mercato domestico e internazionale, non mancano le incognite e le preoccupazioni all’orizzonte. In primis la recrudescenza della pandemia, con una ripresa dei contagi e un inasprimento delle misure di contingentamento, seguite dalle tensioni inflazionistiche sulle materie prime. A tutto ciò si aggiunge l’aumento dei costi di trasporto che frenano la crescita e mettono a repentaglio la marginalità delle aziende nel 2022, oltre alla minor capacità di indirizzare risorse agli investimenti.
Per questi motivi la presidente ha chiesto alle istituzioni interventi volti a delineare supporti concreti nella semplificazione amministrativa, nella promozione sui mercati internazionali e nella tutela delle indicazioni geografiche “grande patrimonio di tutto il Paese”. Tra le criticità che Pallini ha messo in evidenza vi è infatti il bisogno di difendersi dagli attacchi al made in Italy portati avanti con l’introduzione di dazi o barriere normative, come è stato il caso del Prosek croato.
Secondo il report ‘Vini, spiriti e aceti: Valori mercato e competitività’, le vendite per il vino, nel canale off-trade (supermercati e negozi) mostrano a fine settembre, secondo dati NielsenIQ, una crescita a valori del 6,1% a 1.947 milioni di euro rispetto allo stesso periodo 2020, grazie soprattutto al forte impulso dato dagli Spumanti che mettono a segno un aumento del 27,5%, trainati dalle tipologie Charmat secco e Metodo Classico. Sempre nel canale off-trade, l’e-commerce si fa largo e registra una quota pari al 27% dei consumatori italiani che acquistano vino online, ma vi sono, secondo gli esperti di Nomisma, spazi di crescita.
Nell’export, l’Italia si conferma il primo Paese esportatore mondiale di vino per volumi seguita dalla Francia che però si posiziona al primo posto per valore delle esportazioni. Sui mercati internazionali, i vini italiani scontano, rispetto a quelli francesi, una differenza di prezzo: mentre i rossi di Bordeaux escono dai confini francesi a 14 €/litro, quelli piemontesi non vanno oltre i 9,4 € mentre i toscani non arrivano a 8 €/litro.
Nei primi nove mesi dell’anno, a confronto con il 2020, Nomisma evidenzia che gli acquisti di vino italiano hanno registrato significativi incrementi in Cina (+47,2%) e in Russia (+27%), bene anche nelle altre aree geografiche con aumenti più contenuti: del 14,7% negli Stati Uniti, del 6,1% in Uk, del 9,4% in Germania e del 15% in Canada. Negli Stati Uniti, in particolare, le esportazioni di vino italiano registrano un tasso di crescita rispetto al livello pre-pandemico (2019) che è oltre il doppio di quello fatto registrare dalla crescita dei vini spagnoli (+6,8%) e oltre il triplo di quello fatto registrare dalla crescita dei vini francesi (4,7%).
Passando agli spirits, nei primi nove mesi del 2021, si assiste ad una significativa crescita delle vendite nel canale off-trade: +8,4% a 841 milioni di euro rispetto allo stesso periodo del 2020. Sebbene la gran parte delle vendite sia da ricondurre a distillati ed acquaviti (44% del totale in valore), con un ruolo rilevante della grappa (92 milioni di euro nel periodo gennaio-settembre), a mostrare le migliori performance è la categoria degli aperitivi: + 23,8% sul 2020. A trainare le vendite degli aperitivi alcolici è il fenomeno del mixology che da quando è scoppiata la pandemia non è più solo legato alle occasioni di consumo fuori casa ma è sempre più diffuso anche tra le mura domestiche: a conferma di ciò, ben il 35% dei consumatori italiani preferisce bere a casa spirits in modalità mixata. Anche nel caso degli spirits l’e-commerce comincia a ritagliarsi degli spazi di mercato con il 16% dei consumatori che acquista online in prevalenza la generazione Old Millenials.
Positivi e in decisa crescita i dati sull’export che nei primi otto mesi del 2021 torna a correre superando i livelli pre-Coivd. In dettaglio la performance degli spirit sui mercati internazionali evidenzia un volume pari a 828 milioni di euro, in crescita del 22% rispetto allo stesso periodo del 2020 per effetto delle ottime dinamiche di due eccellenze del made in Italy: liquori e grappa che rispettivamente evidenziano un volume d’affari pari a 267 milioni di euro (+ 20% rispetto al 2020) e 33 milioni di euro (+ 26% rispetto al 2020). Gli Stati Uniti si confermano il principale mercato di destinazione per i liquori italiani e registrano, negli 8 mesi, una crescita del 21% rispetto al 2020, seguono la Germania (+20%), il Regno Unito (+43%), la Francia (-41%) e il Canada (+22%).
Per la grappa, che sempre nel periodo considerato cresce sensibilmente su tutti i principali mercati, i principali paesi di destinazione sono Germania (+30%), Svizzera (+27%), Austria (+18%), e oltreoceano Canada (+48%) e USA (+46%).
Infine il report sottolinea che sia per i vini che per gli spirits le performance di mercato sono trainate dalle imprese di grandi dimensioni. Dall’analisi effettuata sui bilanci del 2015 – 2020 nel comparto del vino le imprese con oltre 50 milioni di euro di fatturato hanno aumentato i ricavi del 22,1%, quelle tra i 10 e 50 milioni del 15,3% e quelle tra 2 e 10 milioni del 7%, mentre quelle sotto i 2 milioni hanno registrato una riduzione del 5,5 per cento. Nel comparto degli spirits, nello stesso quinquennio, le imprese con oltre 50 milioni di euro di fatturato hanno registrato un aumento delle vendite del 3,6%, quelle tra i 10 e 50 milioni del 5,8%, mentre quelle tra 2 e 10 hanno registrato una riduzione del 3,9 per cento.