Gli aumenti più significativi dei ricavi 2017 nel vino hanno riguardato le aziende di bollicine metodo charmat, trainate ancora una volta dal Prosecco. La fascia top consolida e tiene alti i margini.
In un 2017 complessivamente positivo per le aziende leader del vino italiano, emerge il dato legato agli specialisti della spumantizzazione. Secondo quanto anticipato a Pambianco Wine&Food dalle prime 20 realtà vitivinicole suddivise per fascia (alta e media), con l’aggiunta di un focus sui 5 principali produttori di bollicine, il segno “+” domina i bilanci già chiusi o in via di definizione. Contrariamente al passato, quando a brillare erano soprattutto i player del lusso, le crescite sono distribuite in modo omogeneo tra fascia alta e media e, in alcuni casi, sono le società che fanno grandi numeri a ottenere le performance più interessanti. Spesso lo hanno fatto proprio attraverso il comparto degli sparkling wines, che si conferma al vertice per attrattività.
FINO AL +30%
Analizzando la graduatoria degli specialisti in bollicine, emerge non solo il rafforzamento al vertice della piemontese Fratelli Martini, salita da 171 a 197 milioni di ricavi nel giro di 12 mesi, ma anche la crescita percentuale (+30%) espressa da un protagonista assoluto del Prosecco ovvero la coop trevigiana La Marca, capace di arrivare a 130 milioni di euro. Seguono altre tre realtà venete: Villa Sandi (proprietà di Giancarlo Moretti Polegato), la veronese Contri e Mionetto (acquisita dai tedeschi di Henkell), la prima in lieve contrazione e le altre in progressione più contenuta rispetto a La Marca. Al di là della distinzione tra bollicine con lo stesso nome ma a differente denominazione (doc e docg, la seconda è prodotta in area collinare e presenta un prezzo medio superiore), occorrerà capire quanto nella crescita dei conti del Prosecco è dipeso dall’incremento produttivo e quanto invece dall’aumento del valore, che parrebbe esserci stato ma potrebbe aver avvantaggiato i conferitori più degli imbottigliatori, considerando l’alto prezzo di commercializzazione del vino sfuso. Nella top ten della fascia media entrano invece i gruppi più importanti, per fatturato, del vino italiano. Al comando la coop emiliana Cantine Riunite & Civ che ha sfiorato i 600 milioni di euro, di cui 385 sono stati generati dalla controllata Gruppo Italiano Vini. A seguire, Zonin 1821 consolida il secondo posto superando per la prima volta i 200 milioni di euro. Fratelli Martini si piazza sul terzo gradino del podio. Occorre segnalare che, nella classifica dei primi dieci gruppi di fascia media, sono tutti cresciuti e le percentuali più elevate, oltre a Fratelli Martini, riguardano Enoitalia e Mezzacorona. Quanto alla fascia alta, gli incrementi anno su anno potrebbero apparire meno significativi, ma in questa top ten è un altro il dato da tener d’occhio e riguarda l’ebitda, qui non considerato poiché una parte dei bilanci non è ancora stata approvata. A livello di stima, il leader Antinori – il cui fatturato è cresciuto da 195 a 202 milioni escluse le attività di hospitality – dovrebbe aver chiuso l’anno con un ebitda pari al 46% del fatturato, percentuale monstre e ancora una volta nettamente superiore non solo a quella della concorrenza wine (nel 2016 Antinori fu seconda solo a Tenuta San Guido, proprietaria di Sassicaia, ndr), ma anche a quella degli altri settori. Hermès, per citare l’esempio più illustre del fashion, lo scorso anno si è fermato al 36 percento. Il podio vinicolo è lo stesso del 2016 ed è formato, oltre ad Antinori, da Frescobaldi (106 milioni) e Lunelli (101), tutti in crescita.
QUESTIONE DI BRAND
Vince comunque chi ha più margini e soprattutto chi ha un brand o diversi brand forti a disposizione. Ne è convinto Giovanni Geddes da Filicaja, AD del Frescobaldi, che controlla tra gli altri Masseto, Ornellaia e Luce della Vite. “Nell’alto di gamma – afferma – c’è una continua crescita della domanda. Nel nostro mondo non mancano i vini molto buoni ma spesso sono caratterizzati da marchi deboli. E il lavoro sui brand è essenziale e richiede non solo investimenti di risorse, ma anche mentalità, attitudine e strategie a medio/lungo termine”. Per il 2018, il gruppo fiorentino stima una crescita fino al 10% per effetto delle ottime annate 2015 e ‘16, mentre la negatività del raccolto 2017 peserà soprattutto sui conti del ‘20. Sul prestigio del vino italiano, a livello globale e con particolare riferimento alle bollicine, pone l’accento anche Beniamino Garofalo, general manager di Ferrari Fratelli Lunelli. “Lo scorso anno – afferma – siamo cresciuti a doppia cifra in tutti i mercati chiave e anche nei Paesi emergenti. Pensiamo di poter mantenere i tassi attuali di incremento per i prossimi tre-quattro anni anche grazie al trend di consumo della bollicina a tutto pasto. Il ‘18 sarà un anno di grandi investimenti per il marchio Bisol, acquisito nel 2014 e legato al Prosecco docg, prossimo al 75% di quota export; quanto a Ferrari, continua ad aumentare la considerazione degli opinion leader e della ristorazione internazionale di alto livello verso lo spumante metodo classico italiano, e ciò è avvenuto anche grazie al Prosecco, la cui popolarità ha aperto la strada alle eccellenze italiane dello sparkling”. Intanto, Fratelli Martini brinda al primato acquisito nello spumante. “Avevamo fatto un planning per arrivare a 200 milioni in tre anni – sottolinea il presidente Gianni Martini – e abbiamo quasi raggiunto l’obiettivo al primo anno. La crescita non è avvenuta solo con il Prosecco, è stata una progressione generale e accompagnata da investimenti tali da aver reso la nostra realtà una delle più tecnologicamente avanzate d’Europa. I grandi gruppi della distribuzione compreranno sempre più da cantine organizzate e strutturate”.
di Andrea Guolo