Sostenibilità, Uga e cambio generazionale. Sono queste le tre sfide che secondo Andreas Kofler, presidente del Consorzio Vini Alto Adige, la viticoltura di questo storico areale di produzione del vino italiano si troverà ad affrontare nel prossimo futuro. “Rappresentiamo meno dell’1% della viticoltura italiana, ma puntiamo tutti alla qualità senza compromessi”, spiega a Pambianco Wine & Food il presidente, classe 1983 ed eletto due anni fa.
Dodici cooperative, poco più di una trentina di cantine private e oltre 100 piccoli viticoltori indipendenti. Sono questi i protagonisti di una denominazione che racchiude al suo interno tanti diversi areali produttivi – da Salorno fino alla Val Venosta e Isarco si susseguono molti differenti terroir – e una ventina di varietà tra quelle autoctone e le internazionali. In quasi 85 km, la viticoltura occupa 5.600 ettari che danno origine ogni anno a circa 45-50 milioni di bottiglie, con una piccola nicchia dedicata agli spumanti. “L’export pesa sempre di più e tocca quasi il 30 per cento. Ma noi siamo una regione turistica, con più di 35 milioni di soggiorni all’anno – continua Kofler – e quindi la vendita nella nostra regione è importante, pari quasi al 30-35 per cento”.
La sostenibilità è la prima delle grandi sfide che l’Alto Adige deve affrontare proseguendo negli obiettivi che si è dato nel 2017 con la cosiddetta Agenda 2030. “Anno dopo anno diminuisce l’uso di prodotti fitosanitari, degli erbicidi e dei concimi. Inoltre c’è grande attenzione alla riduzione del peso delle bottiglie e al riciclo. È una strada comune che stiamo seguendo tutti”. Un approccio che secondo Kofler punta anche alla sostenibilità economica per far sì che i tanti piccoli produttori, che qui spesso non arrivano a un ettaro di proprietà, traggano dalla viticoltura una giusta remunerazione.
C’è poi il discorso delle Uga, vale a dire le Unità Geografiche Aggiuntive, che anche qui sembra in dirittura di arrivo: lo scorso 11 febbraio, infatti, ne sono state definitivamente approvate dal ministero 86, anche se probabilmente all’inizio solo meno della metà verranno rivendicate in etichetta dai produttori. “Non sappiamo se riusciremo a inserirle già a partire dai vini della vendemmia 2023, ma sono un grande passo in avanti per noi”, continua Kofler. “Rappresentano un’ulteriore garanzia per i consumatori che sapranno che in una determinata zona quell’uva dà il miglior risultato”. Alle spalle c’è un lavoro durato svariati anni che ha impegnato agronomi ed enologi per identificare specifiche aree omogenee dal punto di vista geologico. Ognuna delle Uga avrà in etichetta un pittogramma che le distinguerà dalla presenza di altri nomi di fantasia.
Infine il delicato tema del cambio generazionale. “È in atto sia nelle cooperative che nelle piccole realtà”, conclude il presidente. “Ora i pionieri stanno passando la mano ai giovani, che cominciano essere tanti. Abbiamo una grande fortuna: da noi la viticoltura è amata e i giovani hanno voglia di lavorare nel nostro settore”.