Un settore dinamico, con tassi di crescita superiori alla media nazionale e capace di catalizzare l’interesse degli investitori domestici ed esteri. È questa la fotografia che emerge da dieci edizioni di Food Industry Monitor (FIM), l’osservatorio sulle performance delle imprese italiane del settore alimentare sviluppato dall’Università di Scienze Gastronomiche (UNISG) di Pollenzo in collaborazione con Ceresio Investors, il gruppo bancario svizzero che fa capo a Banca del Ceresio e specializzato nella gestione di patrimoni, nella custodia titoli, nel corporate advisory & investment banking e nel consolidamento fiscale e patrimoniale, fondato nel 1919 a Milano da Antonio Foglia.
“Undici anni fa ci siamo posti la domanda sulle prospettive di sviluppo in Italia dei vari settori economici, immaginandoci che quello alimentare sarebbe stato particolarmente interessante in termini di necessità dei singoli operatori”, spiega Gabriele Corte, direttore generale di Banca del Ceresio. “Tale riflessione, condivisa con UNISG, diede vita al FIM, i cui risultati vennero presentati per la prima volta nel 2014″.
“Guardando indietro”, prosegue Corte, “l’osservazione fu corretta e il settore f&b ha rappresentato buona parte delle operazioni seguite in questi anni per conto di aziende attive in tale ambito. La dinamicità è continua, così come il nostro interesse, ed è dettata dalle elevate competenze specifiche delle aziende italiane, che stanno crescendo, spesso all’estero. A nostro avviso, quindi, il settore continuerà a presentare tassi di crescita superiori alla media nazionale ancora per molti anni a venire”.
Con la pubblicazione 2024, che sarà presentata il prossimo 27 giugno a Pollenzo, viene festeggiato il decimo anno dell’osservatorio che, per quest’ultima edizione, ha considerato un campione di 850 aziende, con un fatturato aggregato di 80 miliardi di euro, provenienti da 15 comparti.
“Il FIM ha permesso di costruire un database unitario rappresentativo di ben 15 comparti sia del food che del beverage, che erano tradizionalmente coperti da diverse fonti”, spiega il responsabile scientifico Carmine Garzia. “L’osservatorio si è concentrato sulla rappresentatività dei campioni analizzati e sulla qualità dei dati economici e finanziari. Nel corso degli anni sono state condotte ricerche tematiche con tecniche di frontiera, come quella realizzata con il machine learning sull’evoluzione dei gusti dei consumatori che, già nel 2019, pronosticava un deciso viraggio verso i temi salutistici e gli aspetti nutrizionali legati al cibo”.
Come emerso dalle più recenti pubblicazioni, lo scenario post pandemia è infatti cambiato completamente e il tema della qualità del cibo e dell’origine delle materie prime è diventato centrale. Il cliente è sempre più preparato e la selezione dei prodotti avviene con sempre maggior consapevolezza. Anche nel canale Gdo l’offerta si è adeguata consentendo l’ingresso di piccoli produttori e di prodotti di nicchia. Le medie aziende italiane del settore food hanno adeguato progressivamente l’offerta sposando sia l’orientamento salutista sia l’implementazione di pratiche sostenibili.
“Questo fenomeno continuerà e si accentuerà nei prossimi anni”, prosegue Garzia. “Tuttavia le imprese, per reggere adeguatamente i costi di innovazione di marketing connessi a questo tipo di offerta, dovranno crescere di dimensioni. Le aziende italiane sono e restano troppo piccole, il tema delle dimensioni è centrale. E sarà centrale nella decima edizione dell’osservatorio”.
Proprio per adeguarsi a uno scenario globale sfidante, le operazioni di M&A diventeranno un elemento imprescindibile. “Assisteremo probabilmente sia a processi di consolidamento, sia a monte che a valle, tra operatori nazionali, sia a processi di diversificazione del portafoglio prodotti”, afferma Alessandro Santini, head of corporate advisory & investment banking di Ceresio Investors. “Non mancheranno sia l’interesse estero a crescere sul mercato nazionale, sia lo sguardo di operatori italiani verso soggetti esteri”.
Nello specifico, un settore che sta subendo una “straordinaria accelerazione” è quello del vino, con processi di concentrazione che portano alla creazione di gruppi di grandi dimensioni in grado di competere direttamente sui mercati internazionali. “Questo non vuol dire che il produttore indipendente scomparirà, ma è evidente che la creazione di gruppi multi brand e multiregionali rafforza la presenza qualificata di tutto il sistema Italia”.
In un contesto così dinamico, “riteniamo che la grande esperienza maturata sul campo possa continuare a posizionarci come boutique specializzata nell’accompagnare imprenditori del settore nel loro processo di sviluppo”, conclude Santini.