L’analisi di Pambianco Strategie di Impresa sui fatturati 2018 delle società di ristorazione stellata evidenzia una crescita di oltre il 20% che dipende perlopiù dall’avvio di nuovi progetti. Il leader è Alajmo, ma l’ingresso in Galleria spinge Cracco in posizione di top performer
I primi dati sul 2018 della ristorazione stellata sono molto positivi in termini di fatturato. Secondo l’analisi di Pambianco Strategie di Impresa, basata sul giro d’affari delle società di ristorazione ricollegabili agli chef che possono vantare almeno una stella Michelin, la crescita dell’ultimo esercizio ha superato il 20%, arrivando a sfiorare il +22,5% nel corso di un anno caratterizzato da tanti nuovi fatti. Il campione di riferimento si basa sulle società di capitali e non comprende alcuni nomi risonanti della nostra cucina d’autore perché nonostante la fama, il giro d’affari ormai significativo e i rischi collegati all’attività che esercitano, buona parte delle attività viene ancora gestita attraverso società di persone.
ALAJMO IN VETTA
La somma dei fatturati comprende otto chef su dieci perché se da un lato Massimo Bottura, che nel 2017 aveva messo a segno un importante progressione salendo da 5,7 a 6,9 milioni di euro, non ha fornito un dato di preconsuntivo tale da poter indicare quali benefici il suo gruppo sia riuscito a cogliere dalla seconda vittoria al The World’s 50 Best Restaurant nell’anno che lo ha visto trionfare (per la seconda volta dopo il 2016) come miglior ristorante del mondo con la sua Osteria Francescana, dall’altro anche il gruppo che fa capo alla società Ca.Pri di Antonino Cannavacciuolo e Cinzia Primatesta è stato impossibilitato a comunicare una prima stima sull’andamento dell’esercizio. Di conseguenza, su base confrontabile, il giro d’affari delle società di ristorazione inserite in top ten a esclusione di Francescana e Ca.Pri è di oltre 60 milioni contro i poco meno di 50 milioni realizzati durante il 2017, il che determina un balzo del 22,4% anno su anno. La classifica degli stellati nel 2017 vedeva prevalere Da Vittorio, il tre stelle della famiglia Cerea con base a Brusaporto (Bergamo) con tanto di attività collegate che però, secondo le stime di Pambianco, sono diventate talmente importanti in ambito catering e banqueting da costituire ormai il core business del gruppo. Così, escludendo i Cerea, svetta in graduatoria la famiglia Alajmo di Padova con la società che ne porta il nome, le cui attività comprendono la gestione della ristorazione su tante differenti piazze. Il punto di riferimento resta Le Calandre, ristorante tristellato alle porte di Padova, situato peraltro a poca distanza dal golf club La Montecchia da dove l’esperienza della famiglia ha avuto inizio e tuttora continua, mentre la seconda generazione rappresentata dallo chef Massimiliano Alajmo e dal CEO Raffaele Alajmo si è focalizzata sullo sviluppo arrivando fino a Venezia con Gran Caffè Quadri e con Amo al Fondaco dei Tedeschi, per poi imporsi a Parigi con il Caffé Stern e, novità del 2019, a Milano con Amor in corso Como. In attesa dei “frutti” di quest’ultimo, inaugurato durante la design week ad aprile con la grande novità della pizza al vapore, i conti delle società di Alajmo evidenziano un incremento di quasi il 5% e sostanzialmente “like for like” per il precedente esercizio, mentre i risultati del 2019 dovrebbero beneficiare del contributo di Amor e anche dell’attesa apertura in Marocco, sulla piazza di Marrakech.
CRACCO SUPERSTAR
Il fenomeno del 2018, tuttavia, parrebbe essere Carlo Cracco. Già nella classifica dell’ultimo anno, era apparso evidente che la posizione dello chef di Creazzo (Vicenza), oramai pienamente milanese d’adozione, poteva essere considerata interlocutoria, perché Cracco abbandonava la location di via Victor Hugo per fare il suo ingresso in Galleria Vittorio Emanuele. E anche se (per ora?) la Michelin non gli ha restituito la stella clamorosamente tolta ai tempi del trasloco, facendolo scendere da due a un solo macaron, Cracco si sta assicurando notevoli soddisfazioni sotto l’aspetto economico, avendo incrementato in un solo anno il suo giro d’affari del 60% per portarsi da 7,2 a 13 milioni di ricavi. E salvo clamorose sorprese, il 2019 dell’ex protagonista di Masterchef Italia dovrebbe essere ancor più favorevole perché se da un lato Cracco ha concluso l’esperienza con Lapo Elkann in Garage Italia, dall’altro ha riaperto il suo storico locale di via Hugo con il brand Carlo e Camilla, questa volta non più in Segheria ma in Duomo. E non è detto che i prossimi mesi non possano riservarci ulteriori sorprese. Un altro prevedibile risultato double digit, in termini di incremento, era quello di Enrico Bartolini, ormai giunto al traguardo delle sei stelle con cinque ristoranti in Italia. Allo chef di origine toscana manca solo la soddisfazione della terza stella al Mudec di Milano, il ristorante più accreditato per il raggiungimento dell’obiettivo però fermo a quota due stelle, ma nell’attesa sono arrivati il Casual a Bergamo, la Trattoria Bartolini all’Andana in Toscana, il Glam a Venezia e infine, sesta stella, la Locanda del Sant’Uffizio in Monferrato. Il giro d’affari delle attività di Bartolini in ristorazione si aggira sui nove milioni di euro e anche per lui il 2019 dovrebbe comportare ulteriore crescita, partendo dal consolidato per poi arrivare alle ulteriori esperienze avviate con Allianz a Borgo San Felice e con il Montana Lodge di La Thuille. Un’altra grande performance è quella messa a segno da Niko Romito al termine di un anno molto intenso e che ha visto lo chef abruzzese impegnato su diversi fronti, dall’hotellerie con Bulgari alla “Bomba” nello street food per poi arrivare alla sua idea di stazione di servizio lungo la Statale 17 che passa per Castel di Sangro (L’Aquila) con il brand Alt e la specialità del pollo fritto intero. Per Romito, il giro d’affari del 2018 è di 5,3 miliardi e la crescita sul 2017 è stata di quasi il 15 percento. E sulle stesse percentuali di incremento viaggia Giancarlo Perbellini, che sale poco meno del 15% a 6,1 milioni di euro grazie anche al contributo di Locanda Perbellini a Milano, inaugurata proprio nel 2018. Ma anche Andrea Berton (5,5 milioni generati da più società) ed Enrico Crippa (4,2 milioni tra Piazza Duomo e La Piola) mostrano il segno positivo single digit. Chiude la top ten lo “storico” esponente dell’alta cucina in Campania, Alfonso Iaccarino di Don Alfonso 1890, che supera i 3 milioni di euro con un balzo del 25% anno su anno.
CRESCITA FUNZIONALE
In sostanza, la top ten del 2018 evidenzia che tutte le società di ristorazione stellata considerate sono in crescita di fatturato, che può essere contenuta nel caso di esercizio concluso a pari numero di aperture per poi salire a doppia cifra qualora ci siano estensioni di attività. La strategia dello sviluppo nazionale e internazionale del brand legato allo chef è auspicabile e spesso necessaria, per ragioni di immagine e perché attraverso consulenze e format replicabili si ottengono risorse che permettono di far quadrare i conti sempre minacciati dall’alta incidenza dei costi, tipica del ristorante d’alta cucina che richiede un numero elevato di risorse umane qualificate. Ed è per questo che gli chef di grido stanno sempre più creando delle academy interne, formando personale che una volta pronto per nuovi incarichi, dev’essere convinto a rimanere all’interno della squadra: l’espansione del marchio serve anche a trattenere i vari sous-chef promuovendoli executive nelle nuove iniziative italiane ed estere, e lo stesso principio vale per il personale di sala.