L’investimento di Alejandro Bulgheroni in Toscana ammonta complessivamente a 140 milioni di euro. Con quella cifra, l’imprenditore argentino che opera nei settori del petrolio e del gas si è assicurato la proprietà di cinque tenute vitivinicole, tutte certificate bio, dove ha effettuato importanti lavori, ancora in corso, per ricavare altrettanti “gioielli” nelle tre denominazioni più prestigiose della regione: due a Montalcino, uno in Chianti classico e due a Bolgheri.
“Siamo in dirittura d’arrivo per quello che forse è il più ingente progetto mai compiuto in questi territori”, racconta a Pambianco Wine&Food Stefano Capurso, presidente della società Iag Italy (capogruppo delle cinque aziende italiane del gruppo Alejandro Bulgheroni Family Vineyards), indicando per fine anno la partenza dei lavori di costruzione della nuova cantina di Bolgheri, che sorgerà sull’ex cava di marmo di Cariola dopo la messa in sicurezza. Intanto a Montalcino, dove il gruppo Abfv è presente con Poggio Landi e Podere Brizio, le opere sono state ultimate e a Dievole, in Chianti classico, manca il completamento della spa creata nella struttura dedicata all’ospitalità, previsto entro il prossimo anno.
“Bulgheroni è certamente un imprenditore, ma anche un investitore che ha indovinato l’andamento del mercato in questi territori”, precisa Capurso. I numeri attuali lo confermano. L’acquisizione di Poggio Landi a Montalcino, ex Tenuta Vitanza, risale al 2016 e i 17 ettari a Brunello dell’azienda furono pagati allora sui 300mila euro l’uno: oggi il valore di mercato è salito al milione. A Bolgheri, Tenuta Meraviglia fu comprata a circa 270mila euro l’ettaro e ora la media bolgherese è sui 700mila. Tuttavia è chiaro che non si tratta di volontà speculativa, perché alla base c’è il progetto di creazione di un gruppo che ha in portafoglio grandi vini e strutture suggestive. “Quest’anno – afferma il presidente della società italiana – prevediamo di arrivare per la prima volta a break even operativo. Per ripagare gli investimenti occorreranno altri dieci anni”.
Il gruppo Abfv opera a livello mondiale ma non c’è la volontà di apparire come una sorta di multinazionale. Ogni nazione, infatti, si presenta in maniera autonoma. L’Italia vale circa 900mila bottiglie e ha un giro d’affari 2019 di 6,7 milioni di euro, che dovrebbero salire diventando 8-8,5 milioni a fine anno per arrivare a 10 milioni nel 2021. Il tutto partendo da 2 milioni nel 2017 con un solo marchio rilevante e conosciuto nel mercato, Dievole, che continua a rappresentare il core business di Bulgheroni in Toscana, incidendo per circa la metà del fatturato. Inoltre, nemmeno in Toscana c’è la volontà di far percepire Abfv come gruppo, e infatti ogni cantina mantiene la propria identità e autonomia dal punto di vista produttivo, con il proprio agronomo e i propri enologi, mentre le sinergie sono attuate dal punto di vista commerciale, amministrativo e di marketing. Quanto all’ospitalità, è sempre Dievole a rappresentare l’investimento più consistente: sono state create 31 camere nel wine resort creato tra i vigneti del Chianti classico. Altre 12 stanze sono state ricavate a Montalcino presso Podere Brizio, e a Bolgheri c’è un progetto per realizzare una struttura simile una volta completata la cantina.
In prospettiva, infine, il numero di bottiglie prodotte in Toscana dovrebbe salire dalle attuali 900mila fino a quota 2 milioni, con un giro d’affari a regime equamente distribuito: 4,5 milioni di euro per ciascuna denominazione. “Se però saremo in grado di valorizzare anche i vini igt e non solo quelli dogc, potremmo arrivare complessivamente a quota 15 milioni”, precisa Capurso.