Le ricette di Diego Rossi della trattoria-cult di Milano, Trippa. Quelle di Viviana Varese, di Igles Corelli, di Daniele Bendanti del ristorante Oltre di Bologna, ma anche il panettone in vasocottura di Olivieri, tutte realizzate e disponibili per il consumo domestico. L’idea è di una startup veronese, Bonverre, creata da Morgan Babsia, fondatore e ceo dell’agenzia Aromi. E punta a diffondere la cultura dell’alta ristorazione arrivando direttamente nelle cucine degli appassionati per far degustare in casa delle creazioni d’autore. Dopo aver avviato un proprio e-commerce, essere entrata in una rete di 25 negozi di alta gastronomia e aver dato il via al rapporto con Rinascente (dallo store di Cagliari come test per un successivo sviluppo nazionale), ora Bonverre si prepara al test del crowdfunding che dovrebbe iniziare a gennaio. “Stiamo scegliendo ora la piattaforma. La raccolta ci servirà a moltiplicare le linee di prodotto e ad aprire un paio di temporary store per diffondere la conoscenza del marchio, perché puntiamo a diventare tale”, spiega Babsia a Pambianco Wine&Food.
I numeri sono da startup. A fine anno il giro d’affari sarà di 200mila euro, con obiettivo 500k fissato per il 2021. Le potenzialità però ci sono. Innanzitutto, perché i nomi che Bonverre propone sono di fama. Nelle sue Christmas Box troviamo il ragù di selvaggina di un maestro come Igles Corelli, lo chef che quarant’anni fa si impose sulla scena con il mito del Trigabolo di Argenta. Ma ci sono anche le creazioni di Matteo Rizzo de Il Desco di Verona, che ha preparato la trippa di baccalà, e quelle di Luca Poma del ristorante Da Vittorio a Carloforte, che ha firmato il “Nero di Vittorio”. Fedele al suo stile Diego Rossi di Trippa ha realizzato un ragù di cortile con l’utilizzo di frattaglie. Mentre Marco Pellizzari, del Cappuccini Resort in Franciacorta, ha siglato la ricetta dello stracotto di polpo.
Oltre ai nomi, c’è l’idea che si presta a molti sviluppi. È un modo per raggiungere il consumer superando il limite della ricetta per arrivare con il prodotto realizzato, utilizzando ingredienti del territorio dello chef e dando forma alle sue creazioni. Ai 13 prodotti già in catalogo se ne aggiungeranno presto altri, dalla genovese di tonno di Viviana Varese al lampredotto di Burde a Firenze. “La possibilità di far degustare a casa una ricetta è un po’ come la stampante 3D per la cucina”, sostiene Babsia. Che aggiunge: “Bonverre non ha grandi ambizioni economiche o almeno non le pone in primo piano. Vogliamo diventare un brand riconosciuto per i suoi valori, partendo dal cibo conservato in vetro, con una shelf life minima di due anni, per poi sviluppare tante altre idee, come ad esempio i sapori liquidi provati viaggiando nel mondo. Vogliamo diffondere l’originalità dei prodotti. E contribuire a far conoscere chi ha ideato cosa, a sostegno della proprietà intellettuale di una ricetta”.
C’è poi un aspetto tutt’altro che secondario: la sostenibilità. “Abbiamo sposato il vetro – conclude Babsia – perché attraverso la tecnica della sterilizzazione, non c’è bisogno di aggiungere conservanti. Inoltre, il prodotto finale è privo di edulcoranti e additivi artificiali, preserva le proprietà organolettiche delle materie prime, mantiene inalterato il gusto nel tempo. E poi il contenitore è riutilizzabile”.