Superare la dipendenza dall’horeca, in particolare dalle birrerie, è la prova che devono affrontare tutti i produttori, dagli artigiani all’industria. al di là della presenza in gdo, che ha dato risultati positivi nei mesi di emergenza, occorre investire nell’ecommerce ed entrare con più efficacia nei negozi di qualità
di Giambattista Marchetto
La chiusura del fuori casa ha messo sotto pressione la birra italiana. Soffre l’industria, nonostante l’iniziale crescita degli acquisti in gdo, ma sono soprattutto gli artigianali a dover muovere velocemente verso strategie multicanale. Perché chi stava solo nel segmento “ricercato” del mercato si è trovato in magazzino scorte di prodotto che ora rischiano l’immobilizzo.
OLTRE IL LOCALE
Il gruppo Baladin aveva chiuso il 2019 con un fatturato di circa 25 milioni di euro e il 2020 era iniziato con un +20% nella distribuzione. Tutto in linea con i programmi di crescita, fino alla gelata del lockdown: a marzo ordini a -61% rispetto al 2019 e aprile -78%, mentre i locali gestiti direttamente hanno incassato zero. “Le attività di delivery e di asporto non risollevano i fatturati, ma permettono un rapporto con i clienti” chiarisce il fondatore Teo Musso. “Dall’estero stanno arrivando ordini, ma con discontinuità. Un messaggio positivo arriva dalla Cina, che ha trasmesso il primo ordine nel mese di aprile”. Quali sono allora le attese nel post Covid19? “Crediamo che una ripartenza ci sarà, seppur con ritmi rallentati – chiarisce Musso – e abbiamo proposto ai clienti condizioni commerciali che possano dare ossigeno senza immediati affanni. Abbiamo cercato di soddisfare i clienti finali, che chiamiamo baladiniani, raggiungendoli a casa, per evitare che non trovassero i nostri prodotti”. Social network e “box scorta” accessibili dalla piattaforma e-commerce hanno consentito di accelerare sul rapporto disintermediato con il consumatore. E la spinta oggi è soprattutto sulla gamma Nazionale, la birra 100% italiana. “Il mercato della birra e l’artigianale in particolare – conclude Musso – ha subito dei rallentamenti importanti. Dovremo mantenere il presidio dei partner, e noi per primi lavoriamo a una linea esclusivamente per l’horeca, ma dovrà aprirsi all’online e alla distribuzione moderna. Crediamo che il consumatore premierà il bere italiano e soprattutto quello che potrà dimostrare di utilizzare materie prime nazionali”. La trevigiana 32 Via dei Birrai (2,1 milioni di fatturato nel 2019) ha registrato una flessione costante da fine febbraio, arrivando a un -60% negli ordini. Lavorando essenzialmente con l’horeca, il birrificio artigianale ha registrato un crollo, “perché i locali sono stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire”, evidenzia il co-fondatore Loreno Michielin. “La ripartenza poi è come il primo giorno di scuola: c’è da imparare a leggere e scrivere. Dovremo capire chi riapre e con che modalità, ma soprattutto come cambierà il consumatore. È a loro che dobbiamo avvicinarci sempre più, con l’ecommerce e con un’offerta mirata”. Durante il lockdown, l’azienda ha osservato una riscoperta di negozi specializzati sulla qualità, che son stati un punto di riferimento per chi cerca eccellenze. “Forse molti potrebbero rimanere affezionati al consumo in casa”, ipotizza Michielin. Diversamente da altri produttori, 32 Via dei Birrai non ha voluto usare la leva degli sconti per non distorcere il mercato, non senza difficoltà per chi non aveva lo sfogo della gdo. “Ora facciamo il nostro fatturato con macellerie e negozi gourmet, i clienti ci cercano. Però senza ristorazione e pizzerie è davvero difficile tenere l’equilibrio”.
PIÙ EXPORT
Home delivery e gdo per compensare l’horeca. Per un marchio come New Yorker, poco presente sugli scaffali fino a un paio di mesi fa, il lockdown ha significato reinterpretare i canali distributivi. “Il nostro focus erano la gastronomia e la ristorazione – evidenzia il global sales director Martin Rederlechner – ma con il blocco abbiamo virato sul delivery e stiamo cercando di spingere per crescere nella gdo. In questo momento l’intero comparto birra vede come essenziale una presenza multicanale”. E se fino alla fase2 l’essenziale era resistere, ora è tempo di guardare avanti. “Io prevedo che il 20% dei locali non riaprirà, per l’impossibilità di stare alle regole imposte – aggiunge – oltre a immaginare una forte riduzione della birra alla spina, per la difficoltà di sanificare tutto. Noi cercheremo di supportare partner e distributori con attività promozionali e investimenti studiati ad hoc”. L’Italia vale il 50% del mercato per New Yorker. L’export verso Germania e Spagna vira sulla gdo, mentre in area scandinava gli ordini non hanno risentito della crisi. “In Sudamerica invece perderemo quasi il 50% dei volumi – prevede Rederlechner – ma nel frattempo abbiamo feedback positivi da tutto il mercato asiatico, che oggi vale per noi meno del 20% e sembra crescere”. Il problema principale, però, è reperire container per spedire il prodotto: “Essendo bloccato l’import dalla Cina, la logistica è ferma. Ci sarà sul mercato molta produzione in scadenza e questo peserà sui prezzi”. Sembra meno pesante la situazione per Collesi, presente anche in gdo: una scelta che ha permesso all’azienda di Apecchio (Marche) di contenere la flessione nel quadrimestre al -2% rispetto al 2019 (l’anno si era chiuso con 3,5 milioni di fatturato). “Ci possiamo dire abbastanza tranquilli – chiarisce il presidente Giuseppe Collesi – perché abbiamo differenziato i canali distributivi. Alla grossa flessione nell’horeca si contrappone la tenuta di e-commerce, retail specializzato e gdo. Senza contare l’export, che dopo la battuta d’arresto nelle 7-8 settimane di emergenza, a inizio maggio è ripartito”. La prospettiva è di tenuta, se non di crescita grazie alla presenza multicanale, situazione non scontata nel settore artigianale. “L’e-commerce è in espansione, con 31mila euro di vendite in Italia ad aprile, e chi finora ha puntato su qualità, comunicazione ed export, sarà in grado di affrontare meglio la fisiologica contrazione della domanda nell’horeca. Forse assisteremo a un nuovo ridimensionamento, ma la birra artigianale ha ancora margini di crescita”.
INDUSTRIA SENZA HORECA
Anche per i gruppi industriali l’impatto di Covid19 è stato significativo. “Il lungo periodo di lockdown, con la chiusura di tutti i locali, ha di fatto azzerato la liquidità legata all’horeca – conferma il direttore relazioni esterne di Peroni, Federico Sannella – e con la riapertura a giugno la perdita secca lungo tutta la filiera è stimata in 20 miliardi di euro”. Bar e ristoranti sono letteralmente in ginocchio. Il mercato del fuori casa italiano, che a fine 2019 ha sviluppato un giro di affari complessivo di 86 miliardi, è uno degli assi portanti dell’economia, un emblema del made in Italy. È un dovere proteggerlo e rilanciarlo”. Per questo Birra Peroni, che aveva chiuso il 2019 con ricavi netti per 445 milioni di euro (+6%), ha accordato agevolazioni finanziarie per 20 milioni di euro ai distributori del canale horeca. L’azienda osserva invece il trend positivo di gdo e negozi di vicinato: “Hanno registrato un iniziale +20% legato alle scorte, poi si sono stabilizzati su valori in linea con lo storico”. L’export sta invece subendo perdite significative. Heineken (24 miliardi di ricavi globali per una produzione di 240 milioni di ettolitri nel 2019) ha osservato una lieve crescita dall’inizio del lockdown nella grande distribuzione, non in grado di compensare il calo nell’horeca. Nella distribuzione moderna “stanno cambiando il carrello e i luoghi di approvvigionamento – specificano da Heineken Italia – e i centri studi attribuiscono al mercato della birra un aumento di circa il 10% a valore, con la crescita guidata dalle specialità. L’horeca è invece uno dei mercati più colpiti in seguito alle restrizioni imposte; vale il 40% del mercato in termini di volumi, ma porta molto più valore”.