Per i bar e ristoranti italiani si profila un prolungamento del lockdown di due settimane. È quanto emerge dalle indiscrezioni provenienti da Palazzo Chigi legate all’attuazione della fase 2, quella della riapertura parziale delle attività, anche a seguito delle indicazioni fornite dalla task force presieduta da Vittorio Colao e anticipate questa settimana da Pambianco Wine&Food. Dal 4 maggio dovrebbero essere permessi gli spostamenti dei privati all’interno dei confini regionali, dall’11 maggio l’apertura dei negozi al dettaglio, mentre per le attività di ristorazione, i bar e le caffetterie occorrerà quasi certamente attendere il 18 maggio. Una comunicazione ufficiale, da parte del premier Giuseppe Conte, dovrebbe arrivare nella serata di sabato 25 aprile.
Le attese del canale horeca sono legate alle modalità da seguire per effettuare la riapertura dei locali. In particolare, su come i locali di pubblico esercizio dovranno organizzarsi per assicurare il rispetto del distanziamento sociale, le misure di tipo igienico-sanitario (a partire dall’utilizzo o meno di prodotti freschi, confezioni monouso, vetro o plastica) e gli orari di apertura. C’è poi l’incognita legata all’adozione, nelle singole regioni, di provvedimenti restrittivi, simili a quelli della Campania nei riguardi del delivery. L’autorizzazione da parte del governatore Vincenzo De Luca alla consegna a domicilio delle pizze e degli altri prodotti della ristorazione è giunto soltanto nella giornata di mercoledì 22 aprile, mentre a Milano, per esempio, il servizio è sempre stato autorizzato e alcune catene lo hanno messo in piedi già a partire dal giorno successivo al lockdown.
A livello generale, non sono attesi grandi affari per le prime settimane di lavoro, durante le quali i ristoratori che hanno già avviato i servizi di delivery continueranno a puntare sulle consegne a domicilio come principale fonte di introito. “Nella fase di riapertura di fabbriche e uffici, la consumazione al di fuori dei locali svolgerà ancora un ruolo cruciale. La consegna a domicilio, però, non basta”, affermano in una nota congiunta Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti, le principali organizzazioni di rappresentanza delle imprese della somministrazione in Italia. “È fondamentale dunque che ristoranti e bar possano riprendere anche la vendita d’asporto, per garantire il servizio con maggior sicurezza, visto che il take away riduce drasticamente il rischio di assembramenti. Non a caso, la facoltà di vendita d’asporto è già concessa in molti importanti Paesi europei, tra cui Francia, Germania, Danimarca, Regno Unito, Irlanda, Svizzera, Turchia e Olanda. L’Italia dovrebbe rapidamente adeguarsi per il beneficio di tutti, imprese e cittadini”. In tal senso si è già mossa la Toscana, con l’ordinanza firmata dal governatore Enrico Rossi che permette la vendita d’asporto a ristoranti e altre imprese del settore. “Per questo chiediamo che la possibilità prevista in Toscana sia estesa in tutta Italia”.