La notizia dell’acquisizione del micro produttore laziale Birra del Borgo da parte di Ab Inbev, la più importante multinazionale del settore già proprietaria di marchi quali Beck’s e Corona, ha sollevato un polverone all’interno del comparto birre artigianali.
La più significativa presa di distanza dalla scelta di Leonardo Di Vincenzo, che ha ceduto la propria azienda da 12 mila ettolitri l’anno per ragioni legate alla sicurezza economica, è arrivata da Teo Musso, fondatore di Baladin e persona più rappresentativa del movimento delle craft beer italiane. Attraverso Facebook, Musso ha spiegato che nel circuito Open Baladin non sarà più servita Birra del Borgo. “La filosofia che guida i locali Open – scrive Musso – è di ospitare birrifici indipendenti e venendo meno questa condizione nell’assetto societario di Birra del Borgo, abbiamo deciso per comune coerenza di interrompere il servizio delle sue birre“.
La reazione di Musso non costituisce un caso isolato. Altri, soprattutto a Roma, hanno bloccato i rapporti con Birra del Borgo, compresi alcuni locali icona come il Ma che siete venuti a fa di Manuele Colonna, il risto-pub Luppolo Station di Diego Vitucci e la società di distribuzione Domus Birrae.
Nel frattempo, intervistato dalla testata specializzata on line Il giornale della birra, il country director di Ab Inbev, Simon Wuestenberg, ha spiegato i motivi che hanno spinto il gruppo a rilevare Birra del Borgo e i piani di sviluppo di un brand che, per ragioni dipendenti dalla sua stessa natura, non potrà crescere troppo. “La ragione della partnership è che siamo stati molto colpiti da cosa Leonardo Di Vincenzo è riuscito a creare in questi anni. Il nostro è un apporto per continuare questo percorso sia da un punto di vista tecnologico che distributivo” ha affermato Wuestenberg, confermando che il fondatore rimarrà amministratore delegato di Birra del Borgo.