Se il 2020 rischia di segnare un’inversione di tendenza per l’export di prodotti alimentari made in Italy, con i primi casi di boicottaggio già in corso legati al coronavirus, i risultati comunicati da Ismea per il 2019 certificano il raggiungimento del massimo storico per il comparto, che ha aumentato le vendite estere del 5,3% arrivando a quota 44,6 miliardi. Il tutto è avvenuto in un anno positivo per il fatturato dell’industria alimentare (+3%), mentre il calo produttivo dell’agricoltura viene calcolato nell’ordine del -1,3 percento.
Le destinazioni più dinamiche, secondo quanto segnalato da Ismea nel suo rapporto Agrosserva, sono quelle extra europee. In particolare gli Stati Uniti, prima destinazione non europea dell’agroalimentare italiano, mettono a segno un eccellente +11,1% nonostante i dazi già applicati nell’ultima parte dell’anno su prodotti come formaggi, liquori, agrumi, crostacei, molluschi e alcune tipologie di salumi. Quanto all’Europa, che assorbe il 63% delle esportazioni, svetta la Germania (+2,9%) con vendite per circa 7,2 miliardi, davanti a Francia e Gran Bretagna.
A livello produttivo, il rapporto evidenzia flessioni rilevanti per la produzione di frutta, cereali, zootecnia e uva da vino, mentre il 2019 è stato positivo per olio, patate e ortaggi. Bene sul fronte dei prezzi agricoli, dove l’indice dell’Ismea ha registrato un aumento del 2,5% per prodotti zootecnici e coltivazioni, in un contesto di costi rimasti stabili.
Secondo l’analisi di Coldiretti, il prodotto agroalimentare più esportato dall’Italia resta il vino, con un fatturato estero stimato in 6,4 miliardi nel 2019.