Fotografare l’Abruzzo del vino partendo da alcuni dei principali indicatori numerici che connotano l’attività delle prime cinque cantine per fatturato, significa scandagliare la produzione vitivinicola di una regione dove storicamente le grandi realtà cooperative recitano un ruolo da protagonista, insieme ad alcuni gruppi privati. Differenti strategie di mercato e di posizionamento, un peso percentuale diverso dell’imbottigliato e dello sfuso, la presenza di linee di prodotto e marchi che arrivano anche da altre regioni. Emerge un quadro variegato e composito, certamente molto attivo e dinamico sul fronte dell’export e attento alle principali tendenze di mercato. Un aspetto, probabilmente, le tiene tutte intorno allo stesso tavolo di gioco: bisogna saper trovare il giusto compromesso tra l’avere un forte legame con la tradizione locale, molto sentita da tutti e della quale essere fieri, e un mercato che ha richieste con le quali, gioco-forza, bisogna fare i conti. Una sfida non facile, che ha bisogno di un grande e moderno spirito imprenditoriale.
Fantini Group: vini da più regioni destinati quasi esclusivamente all’export
In cima alla lista delle cantine abruzzesi per fatturato troviamo Fantini Group (ex Farnese Vini, dal 2020 acquisita da Platinum Equity), con sede ad Ortona (Ch), fondata nel 1994 da un gruppo di imprenditori capitanati da Valentino Sciotti. Non solo Abruzzo, ma un modello di business che riunisce sotto lo stesso cappello 12 realtà enologiche in sette regioni (oltre all’Abruzzo anche Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia, Sardegna e Toscana) e che di recente è sbarcato anche in Spagna, con l’ingresso nel gruppo della spagnola Finca Fella. In totale la produzione è di 24 milioni di bottiglie con un fatturato che nel 2022 ha raggiunto 91,5 milioni di euro, appena sotto quello del 2021 e un ebitda superiore al 21,65% (era al 21,43% nel 2021). L’export è determinante e pesa ben il 97% con in cima Paesi come la Svizzera (18%), la Germania (16,7%) e i Paesi Bassi (13,7%). All’interno del 3% che rimane in Italia, il canale on-trade vale il 91% con un fatturato di 2,5 milioni di euro. I vini di marchi esclusivamente abruzzesi (Fantini, Caldora e Gran Sasso), che provengono tutti dalla cantina di Roseto degli Abruzzi (Te), pesano il 45% del fatturato, vale a dire 41,4 milioni di euro e anche in questo caso vengono commercializzati quasi completamente all’estero in quasi 90 Paesi: in cima, questa volta, troviamo i Paesi Bassi seguiti da Svizzera e Canada.
Cantine Tollo: sfuso in contrazione, ma si consolida l’imbottigliato
Rimanendo nella provincia di Chieti, nel piccolo paese di Tollo ha sede una storica o omonima cooperativa fondata nel 1960. La produzione di Cantina Tollo si attesta intorno alle 13 milioni di bottiglie, provenienti da 2.500 ettari condotti da 620 soci. L’ultimo esercizio di bilancio, 2021-2022, vede il fatturato a 47,6 milioni di euro, in crescita rispetto all’anno precedente. Nel business di Cantina Tollo lo sfuso recita un ruolo importante, poiché pesa tra il 35-40% del fatturato complessivo, sebbene, come spiega il direttore generale Andrea Di Fabio, stia costantemente arretrando. “È in atto da tempo quel fenomeno che viene definito di premiumization e che incide sul vino sfuso, che è tutto vino da tavola. Quello che perdiamo nello sfuso lo compensiamo, però, con la crescita del fatturato dell’imbottigliato”, afferma il manager. Cresce con costanza il biologico, partito 20 anni fa e che oggi pesa il 10% del fatturato, così come l’export arrivato al 43%, anch’esso in crescita nel 2023, quasi in controtendenza rispetto all’andamento generale del mercato. “Stiamo facendo un buon lavoro su mercati nuovi, come quelli asiatici e dell’Est Europa, dove riusciamo a veicolare il nostro punto di forza, cioè un prodotto di qualità a prezzo giusto, che non significa basso ma che permette al consumatore finale di bere vino di qualità senza spendere troppo. È sempre stata la nostra filosofia”.
Citra: anniversario dei 50 anni e fatturato in continua crescita
Nata nel 1973, Citra ha tagliato quest’anno il traguardo dei sui primi 50 anni. Consorzio di secondo livello che raggruppa al suo interno nove cooperative situate da sud a nord della provincia di Chieti (Cantina Coltivatori Diretti Tollo, Cantina Sinacarpa, Progresso Agricolo, Cantina Paglieta, Cantina San Zafferino, Cantina Eredi Legonziano, Rinascita Lancianese, Cantina San Giacomo, Cantina San Nicola), questa storica cantina con sede a Ortona unisce il lavoro di tremila famiglie di vignaioli che lavorano seimila ettari, con una produzione complessiva che supera le 22 milioni di bottiglie. Nel 2022 il fatturato, solo imbottigliato, ha raggiunto oltre 45 milioni di euro, in crescita di più del 10% rispetto all’anno precedente, con l’export che vale ora il 60 per cento. “Il Regno Unito è certamente un mercato molto importante per noi, così come lo sono d’altronde la Germania e il Nord America: qui Citra ha fatto da apripista per l’intera viticoltura abruzzese”, spiega il direttore generale Fabio De Dominicis. “In zone emergenti come l’Asia, invece, in questo momento è necessario essere bravi soprattutto nell’avvicinare i consumatori al consumo del vino diffondendo la sua cultura”.
In Italia la Gdo pesa circa il 70% e in questo caso Citra vanta solide partnership con nomi di riferimento come Esselunga già dalla fine degli anni ‘70, mentre sul fronte dell’Horeca proprio quest’anno una linea storica di questo canale, di nome Palio, è stata convertita al biologico, altro trend che Citra segue con attenzione. Tra i tanti progetti messi in atto in questi ultimi anni dalla cantina, anche quello di zonazione, con la supervisione dell’enologo Riccardo Cotarella e del prof. Attilio Scienza. “L’obiettivo del Consorzio Citra – afferma il presidente Sandro Spella – è quello di favorire la viticoltura abruzzese, sostenendo e guidando l’impegno delle tremila famiglie di soci-viticoltori, garantendo così un controllo e un miglioramento continuo di tutta la filiera produttiva”.
Cantina Orsogna, il cuore bio dell’Abruzzo
La più grande cantina biodinamica del mondo, con certificazione Demeter, si trova nel territorio di Orsogna, a 500 metri di altitudine, nella zona pedecollinare ai piedi del Parco nazionale della Maiella. Fondata nel 1964, l’attuale cooperativa unisce le uve, ma anche le olive, di circa 290 soci che lavorano 1.400 ettari di vigneto tutti certificati biologici, e per metà anche biodinamici. Buona parte degli oltre 35 milioni di euro di fatturato del 2022, in decisa crescita rispetto ai 27,5 milioni del 2021, arrivano dalla vendita dello sfuso all’ingrosso, che a volume vale l’88% e viene spedito per il 70% all’estero. L’imbottigliato si aggira intorno a 2,5 milioni in totale e si sviluppa all’interno di molte linee di prodotto e tantissimi vitigni, non solo tipicamente abruzzesi. “Nel 2016 abbiamo prodotto la prima bottiglia Igt Terre di Chieti di Primitivo”, spiega Camillo Zulli, enologo e direttore tecnico della cooperativa. “Questo perché il mercato estero chiedeva un Primitivo certificato Demeter, che in Puglia non esisteva”. Lieviti indigeni sviluppati sulla Maiella, animali che pascolano liberi nei vigneti, compresi gli ovini (utilizzando il sistema di allevamento a tendone non c’è il rischio che si mangino i chicchi d’uva), il sovescio, l’abolizione delle capsule in plastica e tanto altro ancora. “Biologico e biodinamico per Orsogna non sono solo certificazioni ed etichette, ma una scelta etica”, conclude Zulli.
Zaccagnini, nuovi obiettivi dopo l’acquisizione da parte di Argea
Il tralcetto, un piccolo pezzetto di vite legato al collo di una specifica linea di bottiglie, è ormai diventato icona e simbolo di un nome di riferimento della viticoltura di questa regione: Zaccagnini. L’azienda, fondata da Marcello Zaccagnini nel 1978 a Bolognano in provincia di Pescara, è oggi una realtà con ampio respiro internazionale e, a partire ufficialmente da quest’anno con il closing dell’operazione di acquisizione, è entrata a far parte di Argea, gruppo controllato dal fondo Clessidra con una partecipazione della famiglia Botter e una presenza della famiglia Martini. “La mission di Argea è quella di selezionare eccellenze del sistema vitivinicolo italiano e di inserirle nella nostra piattaforma per facilitarne l’export” ci spiega l’amministratore delegato di Argea, Massimo Romani. “Zaccagnini rappresenta un diamante della viticoltura della regione Abruzzo, è molto più conosciuto all’estero che in Italia e quindi faceva al caso nostro”. L’azienda abruzzese, che nel 2022 ha fatturato 27 milioni, in linea con l’anno precedente, esporta l’80% dei suoi vini all’estero, con gli Usa in testa che da soli ne valgono 12, un mercato quest’ultimo che ama non solo gli autoctoni di questa cantina, ma anche il suo pinot grigio, uno dei più venduti nel mercato a stelle e strisce. “Ora, però, vogliamo lavorare sulla parte alta della piramide, sia in Usa che in Italia: vogliamo capitalizzare il livello di conoscenza ottenuto con la linea dei vini caratterizzati dal tralcetto con altre eccellenze regionali: è stato anche questo uno dei motivi per cui l’imprenditore ha fatto la scelta di Argea”.