I prodotti a marchio del distributore rappresentano ormai un competitor agguerrito per l’industria di marca. Nel 2023 hanno contenuto meglio l’aumento inflativo e, sommando anche l’universo discount, hanno raggiunto una quota di mercato del 31,5 per cento.
L’anno appena trascorso è stato certamente propizio per motivi sostanzialmente congiunturali (vedasi inflazione), ma l’andamento, seppur abbastanza lento, è ormai positivo da svariati anni. Manca forse un allungo più deciso, una sorta di spallata, di quelle che fanno rumore, per cominciare a far davvero paura all’industria di marca, ma certo i segnali sono sostanzialmente positivi nel complesso e il messaggio che emerge è chiaro: non è più tempo di dormire sonni tranquilli per i leader di mercato. Stiamo parlando dei prodotti a marchio del distributore (Mdd), o private label (Pl) che dir si voglia, che di anno in anno rosicchiano spazio negli assortimenti, nel fatturato e nelle quote di mercato della grande distribuzione organizzata. Nel 2023 sono stati gli unici prodotti a crescere, sostenendo il retail alimentare con un aumento di 332 milioni di euro.
Un mercato che pesa più del 30%, discount inclusi
La business community ha deciso di non considerare più il mondo discount come universo parallelo. D’altronde, come sostengono molti analisti, ormai i clienti migrano da un’insegna all’altra non facendo sostanziali distinguo, come in passato, tra supermercati e discount. Sommando i due universi, quindi, i prodotti private label pesano il 31,5% del mercato ed esprimono un fatturato di 25,4 miliardi di euro (Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Adm e Iri, 2024). Tanto? Poco? Spazio per crescere, almeno sulla carta, ce ne sarebbe ancora molto. All’estero, giusto per fare un confronto, si viaggia su percentuali che in alcuni Paesi superano tranquillamente anche il 50 per cento.
La suddivisione tra formati e linee di prodotto
Il comparto nel 2023 è cresciuto dell’1,1% a valore e, ovviamente, il peso di questi prodotti cambia a seconda dei formati di vendita, nonché dei reparti. Se sostanzialmente la media nella classica Gdo (ipermercati, supermercati, superstore, liberi servizi) si aggira intorno al 22%, nei discount si sale oltre il 63% (Fonte: Liquid Data, Circana). Se allarghiamo la fotografia a tutto il mondo distributivo, in un’ottica omnichannel, nell’online questi prodotti pesano il 16,3% e nei petshop il 13,5 per cento. I reparti dove il peso delle private label è maggiore sono rispettivamente quelli delle carni (43,7%) e dell’ortofrutta (35%), le bevande, invece, sono quello dove è minoritario (8,2 per cento). Considerando le differenti linee di prodotto presenti sugli scaffali (in questo caso il dato non prende in considerazione i discount) dominano quei prodotti che riportano il nome dell’insegna in etichetta, ovvero i cosiddetti prodotti mainstream, che valgono il 70% del mercato: agli estremi troviamo i prodotti premium (9,7%) e quelli primo prezzo (5,9 per cento). Sono, ovviamente, medie, perché sia nel mondo della Gdo che in quello dei discount sono presenti insegne che tirano la volata con percentuali ben al di sopra del mercato. Ne abbiamo intervistate alcune.
Chi frena le private label?
“In Italia scontiamo la presenza di un peccato originale, una specie di spada di Damocle che pende sulle nostre teste: le promozioni”, dice uno dei protagonisti del mondo della Gdo e che ha legato il suo nome proprio allo sviluppo delle private label nelle insegne nella quali ha lavorato: Mario Gasbarrino. Dal 2020 è amministratore delegato di Decò Italia, centrale di acquisto creata da Multicedi e Gruppo Arena, due insegne che operano nel Sud Italia (insieme hanno circa 550 punti vendita e sviluppano un fatturato di 2,6 miliardi) e che fanno parte del Gruppo VéGé. In questi anni Gasbarrino e il suo team hanno aumentato l’assortimento dei prodotti a marchio Decò portandolo a 1.200 referenze (delle quali l’85% del comparto alimentare), con una contemporanea opera di restyling, nonché creato una linea premium nuova di zecca, una vera e propria marca a se stante, Il Gastronauta, composta da 300 referenze. “Se hai i supermercati ingolfati di promozioni è difficile ottimizzare l’assortimento. Con una pressione promozionale più bassa si potrebbe ridisegnare meglio l’assortimento e aumentare il numero dei prodotti a marchio”. Una strategia di prezzo che secondo il manager molisano agevola la crescita delle private label è quella denominata Edlp (Every Day Low Price), che non a caso viene utilizzata nei supermercati Decò, ma solo per i prodotti a marchio.
“In Italia il focus sullo sviluppo dei prodotti a marchio da parte dei distributori è un fenomeno più recente rispetto a quanto avvenuto in altri Paesi”, afferma questa volta Alessandra Corsi, direttrice marketing dell’offerta e Mdd di Conad, il leader di settore nel mondo della Gdo. “Inoltre, la struttura distributiva nazionale è più frammentata rispetto ad altri Paesi e questo non agevola la crescita della marca commerciale, che necessita di una massa critica rilevante per sviluppare l’offerta”. Un tema, quest’ultimo, sostanzialmente strutturale in Italia, con una frammentazione delle insegne notevole (i primi cinque player superano di poco il 50% del mercato). Nonostante questo in Conad lo sviluppo dei prodotti a marchio è centrale con una quota che sfiora il 34% e la presenza di 5.300 referenze che raggiungono un fatturato di sei miliardi su più linee di prodotto.
Il contesto economico e la polarizzazione dei consumi
Il peso dell’inflazione e il contesto economico instabile sono alcuni dei fattori che certamente hanno agevolato la crescita generale dei prodotti a marchio, mediamente meno cari rispetto a quelli dell’industria di marca, ma anche in questo caso è aumentata la forbice tra alto e basso. “Assistiamo a una polarizzazione per quanto riguarda la performance delle diverse linee di prodotti a marchio”, dice ad esempio Frederico Lopes de Mendonça, private label and international relations director di Esselunga, dove la quota dei prodotti a marchio raggiunge il 21,3 per cento. “C’è una crescita considerevole della nostra linea Smart pensata per rispondere alle esigenze di risparmio delle famiglie e che nata nel 2019 prevede un assortimento in continua espansione per quasi tutte le categorie merceologiche ai prezzi più bassi del mercato di riferimento. Allo stesso tempo cresce anche la linea Top con prodotti di qualità superiore, realizzati grazie all’eccellenza delle materie prime, ai metodi di lavorazione tradizionali e alla tipicità della provenienza”.
Anche in Coop, dove la private label, a seconda dei differenti format, ha un’incidenza che varia tra il 25 e il 30%, si assiste a questa polarizzazione che spinge ai lati opposti del mercato. “In Coop i prodotti a marchio costituiscono un argine che tutela il potere d’acquisto delle famiglie consentendo un risparmio medio del 30% sul prodotto in vendita”, spiega Francesco Scocozza, responsabile prodotto a marchio Coop. “Testimonia questo il successo che stanno avendo ‘Gli Spesotti’, la nuova proposta a marchio Coop ad alto potenziale di risparmio lanciata lo scorso ottobre”. Sono circa 300 prodotti presenti in 75 categorie (food e non food) e prezzi molto convenienti. Non mancano, ovviamente, i consumatori più esigenti, che non cercano solo qualità “ma anche trasparenza, origine dei prodotti, eticità delle filiere, benessere degli animali e tutela dell’ambiente”.
I fornitori delle private label crescono di più
Chi sta crescendo insieme alle private label sono ovviamente tutte le aziende che forniscono e creano questi prodotti. Chiamarli semplicemente ‘fornitori’, probabilmente, non rende bene l’idea, poiché ormai quello che si instaura tra insegna della Gdo/discount e azienda co-packer è un rapporto di partnership molto forte e duraturo nella maggior parte dei casi. Il loro fatturato ormai ha raggiunto secondo le ultime stime (Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Aida Bureau Van Dijk e Istat, 2024) 35,9 miliardi di euro, pari al 20,8% di tutta l’industria alimentare, e negli ultimi dieci anni ha avuto una crescita doppia, del 6,5%, rispetto all’industria di marca. “Per noi la selezione dei fornitori e delle aziende con cui collaboriamo è parte essenziale del nostro operato”, spiega in questo caso Hervé Martin, direttore Mdd di Carrefour Italia, multinazionale francese presente da tempo nel nostro Paese e dove i prodotti a marchio pesano il 31%, anche se l’obiettivo è quello di arrivare al 40% entro il 2026. Carrefour dedica anche un vero e proprio Salone per far incontrare i suoi fornitori, soprattutto di private label, con la fitta rete di gestori di negozi in franchising che ormai sono la stragrande maggioranza in Italia. “In Carrefour i fornitori co-packer vengono visti come veri e propri partner con cui condividere una serie di principi, quali la qualità dei prodotti, la sostenibilità, valori etici e sociali, che per noi rappresentano punti fondamentali alla base di uno sviluppo di un prodotto a marchio”.
Prodotti a marchio essenziali per i discount
I prodotti a marchio rappresentano il principale core business di tutte le insegne che appartengono al mondo dei discount. Se un tempo venivano monitorati dal mondo della Gdo come termine di comparazione solo per i propri prodotti di ‘primo prezzo’, oggi complice la crescita e l’interesse da parte dei consumatori per questo modello di vendita, nonché la nascita di tante linee di prodotto, anche premium e bio, lo cose sono decisamente cambiate. “La nostra offerta commerciale si concretizza in più di duemila prodotti Mdd che vanno a comporre oltre 30 marche, dall’alimentare al non-food”, spiega ad esempio il reparto National Buying di Aldi Italia, big player di questo universo giunto in Italia nel 2018. Le linee più rappresentative selezionano eccellenze italiane regionali, il biologico, ma anche prodotti pensati per i più gourmet. Ad oggi le private label di Aldi rappresentano l’85% dell’assortimento complessivo l’80% delle quali fanno parte del comparto alimentare), composto per circa l’80% da prodotti italiani. “Attualmente 150 delle referenze in assortimento vantano almeno una certificazione tra le più riconosciute a livello globale”.
Un altro player tedesco del mondo discount, presente in Italia però da più di 30 anni è invece Lidl, che si può considerare una sorta di pioniere di questo formato nella Penisola. In questo caso circa l’80% dell’assortimento è composto da private label, con oltre 3.500 referenze divise in più di 100 marchi. “Tra questi, uno dei più apprezzati e rappresentativi è ‘Italiamo’: una linea che coniuga l’amore e la passione per la tradizione e il patrimonio dei sapori della nostra Terra”, precisa Alessia Bonifazi, responsabile comunicazione & Csr Lidl Italia. Ma scorrendo i nomi delle tante linee di prodotto troviamo gamme premium, il brand ‘Deluxe’ in vendita durante il periodo natalizio e pasquale o tutte le private label dedicate alla cura del corpo o al mondo del bricolage e del giardinaggio. Anche nei discount l’assortimento dei prodotti a marchio rappresenta uno specchio fedele delle preferenze dei consumatori. “Una tendenza che abbiamo notato recentemente è quella legata ai prodotti ad alto contenuto proteico. Accanto a quello dell’high protein, anche il mondo del vegetariano e vegano rappresenta uno dei trend di consumo più evidenti”.
Cresce anche l’attenzione nei confronti dell’etichetta. “Si registra una forte richiesta di prodotti con ricette semplici, ingredienti selezionati e locali”.