Dopo il surplus registrato nel biennio 2020-2021, la bilancia commerciale dell’agroalimentare va in negativo. Ma non è per forza un segnale del tutto negativo. È quanto emerge dall’ultimo rapporto Ismea “La Bilancia dell’agroalimentare italiano“, secondo cui nei primi sette mesi del 2022 l’export italiano ha fatto registrare introiti complessivi per 34,5 miliardi di euro, pari a quasi il +18% sullo stesso periodo del 2021 (anno chiuso, tra l’altro, con ricavi totali per 52 miliardi). A valore, i prodotti che a valore corrono di più fuori dai confini nazionali sono cereali, riso e derivati (+31,7% a 3,6 miliardi di euro nel primo semestre); latte e derivati (+21,9% a 2,4 miliardi); e vini e mosti (+13,5% a circa 3,8 miliardi). L’unica eccezione è rappresentata dal comparto della frutta fresca e trasformata (-0,5%) a causa delle flessioni registrate da mele, kiwi e nocciole sgusciate).
Alla crescita in valore, che comunque risente della forte spinta inflattiva, corrisponde però anche un aumento a volume (per esempio pasta, prodotti della panetteria e biscotteria, vini spumanti, formaggi freschi e stagionati, prosciutti, pelati e polpe di pomodoro), sintomo di quanto il food italiano sia un ingrediente irrinunciabile nelle cucine estere.
A livello di Paesi di destinazione, l’export cresce sia in ambito Ue (+21% nel primo semestre del 2022) sia presso i Paesi terzi (+16%). Nello specifico, si registra +11% in Germania, +21% in Usa, +18% in Francia, +19% nel Regno Unito. Risultano invece in controtendenza i flussi verso Cina e Giappone.
Di contro, si riporta anche un forte incremento del valore delle importazioni agroalimentari, pari a +29,2% per 34,9 miliardi di euro, complice la spinta dei rincari delle materie prime agricole. Un aumento che può però essere interpretato positivamente. E infatti, l’andamento delle importazioni, afferma Ismea, “è una spia della buona tenuta dell’attività di trasformazione nonostante la forte pressione sui costi delle industrie alimentari italiane”. Non a caso, il dettaglio merceologico delle importazioni riguarda in larga parte materie prime non trasformate e prodotti semilavorati quali caffè non torrefatto, mais, olio extravergine di oliva, bovini vivi, frumento tenero, per citarne alcuni.
Ciò, in ogni caso, fa sì che il saldo della bilancia commerciale sia ora in negativo, con un deficit di 381 milioni di euro.