Negli ultimi dodici mesi, il fondo Clessidra si è comprato Botter e MondodelVino, Antinori ha rilevato la maggioranza di Jermann, e Renzo Rosso con la sua Red Circle è arrivato al 7,5% di Masi agricola, conquistandosi anche un posto nel consiglio di amministrazione. Tre operazioni completamente diverse l’una dall’altra che raccontano l’Italia vitivinicola di inizio anni 20. La prima mette insieme finanza e un produttore agile e libero da asset immobiliari. La seconda rappresenta un classico matrimonio industriale. La terza sembrerebbe quasi un’operazione da trophy asset, non fosse che Rosso, oltre a possedere già una cantina propria, la Diesel Farm, ha uno spiccato senso per la diversificazione. Un trittico che fotografa lo stato dell’arte nel mondo del vino italiano. Un mondo che, nonostante la sua posizione di leadership globale, non è ancora in grado di mettere insieme realtà che possano confrontarsi per dimensioni con la concorrenza francese, americana e australiana. Un ritardo che nel mondo post-pandemico rischia di essere incolmabile, almeno in certe categorie di prodotto.
UN MERCATO FRAMMENTATO
Questo è uno dei motivi per cui in questi ultimi ventiquattro mesi sono state registrate più operazioni di merger & acquisition di quante se ne siano viste nell’ultimo quinquennio. E di nuove ce ne saranno. Per Alessio Candi consulting e M&A director di Pambianco, “il trend certamente continuerà anche in futuro pur in una situazione non facile, perché il mercato è fortemente frammentato e con poca massa critica, perché ci sono poche aziende di dimensioni accettabili e perché bisogna anche tenere conto di una cultura manageriale non ancora radicata”. Occorre poi aggiungere “che in Italia ci sono anche diverse realtà papabili secondo i canoni di mercato, ma che non sono in vendita perché possono contare su una presenza importante della famiglia fondatrice”. Aspetto non di poco conto se si considera che “Bernard Arnault, quando ha messo insieme Lvmh, lo ha fatto acquistando realtà che non avevano più i fondatori al comando”. Detto questo, continua Candi: “Il tema dell’investimento nel vino nasce dalla frammentazione, perché attraverso i processi di aggregazione si possono creare sinergie; però occorre anche considerare con attenzione costi e investimenti, perché in realtà i prezzi di cantina sono molto alti, non siamo certo in un momento dove si comprano aziende a sconto”. Costi che, quando si parla di cantine storiche, prestigiose e con patrimoni immobiliari importanti, aspetti quest’ultimi che non interessano ai fondi, tendono a cresce oltremodo anche a causa del già citato trophy asset. Pratica ancora piuttosto diffusa, soprattutto da chi opera nei settori dell’alto di gamma. Basta guardare a inizio anno quando i fratelli Wertheimer, famosi per essere i proprietari di Chanel, hanno comprato Domaine Perzinsky, cantina provenzale che si trova sull’isola di Porquerolles proprio accanto alla già loro Domaine de l’Île. Va da sé che, trofeo o meno, il vino è oggi anche una grande opportunità di business, ne sono esempio le costituzioni di fondi d’investimento specializzati come il Made in Italy Fund, figlio dell’alleanza tra Quadrivio & Pambianco, che ha investito nel settore attraverso la Prosit Spa con l’obiettivo di creare un polo di cantine italiane alto di gamma da 100 milioni di euro di fatturato complessivo: operazione iniziata con l’arrivo della pugliese Torrevento, della veneta Collalbrigo Grandi Vini e dell’abruzzese Cantina Nestore Bosco.
LE ACQUISIZIONI PIÙ IMPORTANTI…
Guardando poi alla mappa degli investimenti, e in attesa di colpi prossimi venturi, le ultime operazioni del 2021, almeno tra quelle più rilevanti, sono state l’acquisizione delle storiche Cantine Coppo di Canelli da parte del Gruppo Dosio di La Morra per una cifra che i rumors di mercato indicano in una ventina di milioni di euro, e l’affare da circa 32 milioni di euro che ha portato Tannico a rilevare la quota di maggioranza della francese Venteàlapropriété. E ancor di più, il passaggio per 152milioni di euro di Enoitalia a Italian Wine Brands. Ultimi colpi di un anno che non è ancora terminato ma che ha già registrato una serie di movimenti importanti sia in termini numerici che di grandezza. Tra questi ci sono l’ingresso nel portfolio del gruppo Marchesi Antinori di Jermann, operazione i cui dettagli sono sconosciuti ma che porterebbe il gruppo toscano, che tra gli altri controlla Tignanello, Pian delle Vigne, Guado al Tasso e Prunotto, a un giro d’affari di circa 200 milioni di euro. Non solo, perché in calendario è arrivata anche l’acquisizione, ma per allargare il perimetro di business, di Cedral Tassoni da parte del Gruppo Lunelli (Ferrari) per circa venti milioni di euro, seguita da un movimento da circa 42 milioni di euro che ha impegnato Paolo Contri per il riacquisto della maggioranza di Contri Spumanti dal fondo Aliante Equity Tre. Il tutto contornato dalla doppia manovra da oltre 300 milioni di euro che il fondo Clessidra ha messo a segno per l’acquisizione di Mgm-Mondo del vino e Casa vinicola Botter Carlo. Operazioni che sono seguite a quelle di un 2020 che aveva a sua volta suggellato il passaggio tra fondi, da NB Renaissance Partners a Platinum Equity, di Farnese vini per 175 milioni di euro. O ancora l’ingresso al 49% del capitale per circa 23 milioni di euro di Campari in Tannico, con l’opzione di poter salire al 100% a partire dal 2025. Mentre Italmobiliare, che tra l’altro controlla anche lo stesso fondo Clessidra, finalizzava un accordo per aggiudicarsi il 60% della piattaforma e-commerce Callmewine con un investimento complessivo di 13 milioni di euro.
… COSA SUCCEDE ALL’ESTERO
E se in Italia il vino fermenta, non di meno sta succedendo all’estero. Soprattutto negli Stati uniti, dove nel corso degli ultimi dodici mesi l’operazione più intrigante è stata l’acquisizione da parte della famiglia Bollinger di Ponzi Vineyards e dei suoi 14 ettari in Oregon. Una sorta di risposta a Louis Roederer che dodici mesi prima aveva invece fatto sua una delle più celebri cantine di Napa valley: Diamond Creek Vineyards. Nulla comunque di fronte al maxi deal da 810 milioni di dollari orchestrato da Constellation Brands, che in Italia controlla Rufino e che nel suo percorso di trasformazione in una sorta di Moët Hennessy d’oltreoceano, ha ceduto i suoi oltre trenta marchi di fascia bassa alla E. & J. Gallo Winery per poi, qualche mese più tardi, comprarsi Brooker vineyard-My favorite Neighbor, Empaty wines e Kerr cellars. E a proposito di Moët Hennessy, il colosso parigino controllato da Bernard Arnault nei mesi scorsi ha siglato un patto da circa 25 milioni di euro con Campari per la metà delle quote di Tannico, quindi ha trattato, con successo, con il rapper americano Shawn Jay-Z Carter per il 50% dello champagne Armand de Brignac. Sempre in Francia da segnalare anche l’acquisizione della occitana Mongicale da parte di Bosset, realtà da 350 milioni di fatturato con sede a Nuits-St-Georges. Il tutto mentre l’italiana Farnese vini faceva sua Finca Fella, realtà spagnola che può contare su una rete di produzione distribuita su 1.400 ettari di vigneti.
DOMANI…
E sono in arrivo nuovi accordi, perché come ha sottolineato Candi: “Una volta partita, l’ondata di M&A non si ferma più e interesserà anche realtà dell’alto di gamma, non solo per questioni industriali o finanziarie, ma anche perché, alcune di loro dovranno presto far fronte ai temi del passaggio generazionale”. E chissà che in futuro arriverà anche un gruppo del lusso italiano, ma questa volta in bottiglia.