Il Food&Beverage resiste e si conferma uno dei pilastri dell’economia italiana anche – e soprattutto – in tempi di Covid. L’industria agroalimentare italiana ha generato un valore aggiunto pari a 64,1 miliardi di euro, di cui 31,2 miliardi legati al settore F&B (-1,8% rispetto al 2019), e 32,9 mld provenienti dal comparto agricolo. Una performance meno frizzante del solito ma comunque migliore rispetto all’andamento del Pil nazionale (che ha sfiorato un calo del 9%). Sono i dati emersi nell’ultimo Rapporto The European House – Ambrosetti sugli scenari e le sfide per il settore agroalimentare. Ebbene, secondo lo studio,
Per capire l’incidenza dell’industria agroalimentare per l’Italia basti pensare che il Belpaese è il secondo in Europa per importanza del settore agroalimentare sul Pil (3,8%), valore che viene preceduto solo dalla Spagna (4,0%) e più alto di quello che si registra in Francia (3,0%) e Germania (2,1%). Facendo un raffronto con le altre eccellenze italiane, “nel 2020, il settore agroalimentare si conferma al 1° posto tra le ‘4A’ del Made in Italy, 1,9 volte l’automazione, 2,8 volte l’arredamento e 3,2 volte l’abbigliamento”, spiega Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti. “Il valore aggiunto generato dal settore agroalimentare italiano vale 3 volte il settore automotive di Francia e Spagna e più del doppio della somma dell’aerospazio di Francia, Germania e Regno Unito”, aggiunge.
Da sottolineare anche la crescita delle esportazioni, soprattutto in un anno, come il 2020, che ha visto significative restrizioni legato allo spostamento delle merci da un Paese all’altro. Nonostante tutto, le vendite all’estero dei prodotti agroalimentari italiani hanno segnato lo scorso anno una crescita dell’1,8%, raggiungendo un valore record di 46,1 miliardi di euro. Secondo lo studio, le bevande rappresentano la categoria più venduta al di fuori dei confini e generano oltre un quinto del fatturato (20,6% con 9,5 miliardi di euro, di cui il solo vino vale 6,3 miliardi), mentre Germania, Francia e Stati Uniti rimangono i Paesi di maggiore approdo dell’export made in Italy. Nel 2010 le esportazioni agroalimentari erano di “soli” 27,8 miliardi di euro. Negli ultimi dieci anni il tasso medio di crescita si è attestato al +5,2 per cento.
Secondo la ricerca, resta comunque evidente il gap italiano nel food&beverage rispetto ad altri competitor europei più propensi all’export, ovvero Germania (75,2 miliardi), Francia (62,5 mld) e Spagna (54,8 mld). Una dei potenziali asset di crescita rappresenta il mercato cinese che, ricorda il report, “non rientra ancora nei primi dieci bacini di approdo delle merci italiane. Una sfida per questo 2021 che dovrà anche vedersela con i possibili ed indesiderati effetti della Brexit che potrebbero pesare quest’anno sull’export nostrano. Un timore da non sottovalutare, visto che, il Regno Unito, conta per il 12% sull’intero fatturato dai prodotti agroalimentari italiani commercializzati al di fuori dei confini nazionali”.
Il report sarà presentato in occasione della quinta edizione del Forum ‘La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni’, che si terrà a Bormio il prossimo 4 e 5 giugno al quale parteciperanno importanti vertici dell’industria alimentare.