Tra i luxury resort italiani avanza l’ipotesi estrema, quella di saltare la stagione estiva 2020. Una scelta dettata da una combinazione di fattori: incertezza sulle misure richieste a livello governativo, rischio di propagazione del contagio e, non ultima, la questione economica. Perché, con la quasi certa defezione del turismo straniero, verrebbe a mancare un bacino d’utenza fondamentale per gli hotel da sogno che operano lungo la penisola e una parte delle strutture dipende prevalentemente dagli arrivi di clienti nordamericani, russi, asiatici. Resterebbe il turismo degli italiani, ma non è sufficiente per garantire una copertura adeguata durante i mesi estivi e inoltre lo stesso agosto, il periodo a maggior frequentazione di clientela domestica, quest’anno promette di essere un mese più lavorativo che di vacanza.
Al San Pietro di Positano, l’hotel che da anni occupa posizioni di vertice nelle classifiche internazionali dei migliori resort, non è ancora stata presa una decisione. Il proprietario e general manager Vito Cinque spiega a Pambianco Wine&Food: “La volontà di aprire ci sarebbe, ma per farlo dobbiamo essere perfettamente tranquilli con la nostra coscienza. Lo faremo se ci saranno le condizioni per operare”. Abbiamo raggiunto telefonicamente l’imprenditore campano al termine di una videochiamata con 57 colleghi collegati di altrettanti resort, durante la quale sono state prese in considerazione le variabili del caso. Cinque afferma: “In questo momento ci mancano le informazioni necessarie per decidere con la necessaria conoscenza dei fatti e con serenità. Abbiamo certamente un’alta responsabilità sociale anche per l’economia del territorio, ma non possiamo rischiare conseguenze penali e i nostri collaboratori non possono diventare personale sanitario. Inoltre, mi chiedo quanti turisti italiani avranno le condizioni psicologiche e finanziarie per scegliere una vacanza in strutture come le nostre, e che tipo di esperienza potremmo offrire. Più che clienti, rischieremmo di ospitare dei potenziali investigatori. Aprire sarebbe un dovere verso noi stessi, verso i nostri collaboratori e verso l’Italia che ci ha dimenticati. Faccio presente che nella task force presieduta da Colao non compare nessun rappresentante della nostra categoria”.
Orizzonte nebuloso anche in Toscana. Da Borgo San Felice, la struttura di proprietà Allianz in Chianti Classico con tanto di ristorante affidato a Enrico Bartolini e al suo team (con Juan Camilo Quintero nel ruolo di executive chef), la risposta alla nostra domanda è: “Non abbiamo ancora preso una decisione, lo faremo tra qualche settimana”. Il direttore della struttura, Danilo Guerrini, è anche presidente italiano di Relais & Châteaux Italia, associazione che riunisce 51 dimore d’eccellenza nel nostro Paese e ben 580 tra hotel di charme e ristoranti gourmet a livello mondiale. Da Parigi, dove ha sede l’organizzazione internazionale, seguono con attenzione gli sviluppi di tutti i Paesi e confermano che varie strutture hanno preso in considerazione la scelta di saltare una stagione. “La priorità è la tutela della salute, e vale per gli ospiti come per i collaboratori di ogni hotel e ristorante”, afferma Isabelle Mical, direttrice della comunicazione di Relais & Châteaux. Si guarda alla Cina e all’esempio di chi ha affrontato per primo l’emergenza, come nel caso del Tate Dining di Hong Kong, dove la riapertura è avvenuta con un numero dimezzato di coperti, con l’adozione di rigidi protocolli di sicurezza nelle cucine del locale, con un sistema per misurare automaticamente la temperatura dei clienti (chi ha la febbre non viene accolto) e con pulizie effettuate ogni due ore. “Stiamo lavorando – aggiunge Mical – per implementare le guidelines perché la tutela della salute è il punto di partenza di ogni considerazione: in assenza di certezze, non è possibile esporsi al rischio”. Da Parigi, Mical conclude dicendo che: “Occorrerà ripensare la nostra offerta commerciale, rendendola più accattivante, per un turista che prenoterà quasi certamente last minute e che, se arriva dall’estero, tenderà a spostare verso i mesi autunnali i suoi programmi di viaggio. Siamo consapevoli che ci attenderà un lungo periodo di crisi, misurabile in due anni, e che la situazione non cambierà fino a quando non sarà messo a punto un vaccino. Sappiamo anche che, in Italia, la maggior parte dei nostri associati non ha deciso se aprire o meno, specie se dipende da una clientela più internazionale”.
Nel gruppo Pellicano Hotels, per ora, la certezza è che non verrà riaperta una delle tre location. Si tratta de La Posta Vecchia, l’antica villa nella campagna romana che fu residenza privata di Jean Paul Getty. “Verrà utilizzata solo come location per eventi privati”, precisano dal gruppo che è presente anche a Ischia con Mezzatorre e naturalmente a Porto Ercole, in Argentario, con il celebre Hotel Il Pellicano. La decisione per le due strutture sarà presa nei prossimi giorni. In particolare, in Argentario si spera di poter aprire ma ciò non avverrebbe comunque prima della fine di giugno. La clientela de Il Pellicano è prevalentemente straniera e gli Usa dominano la classifica per nazioni di provenienza.
Aldo Melpignano, titolare e managing director di Borgo Egnazia, è determinato: “Pensiamo di aprire, abbiamo un 25-30% di clientela italiana e speriamo che i nostri connazionali, per forza e per volontà, decidano di passare le vacanze in Italia”. La struttura gioiello dell’hotellerie pugliese, quella diventata famosa per aver ospitato Madonna, la famiglia Beckham e tanti altri vip internazionali, dispone di tante unità abitative separate e da queste partirà per poi allargare l’offerta degli altri servizi alberghieri, compresa la ristorazione, tenendo naturalmente numeri più bassi. “Pensiamo di poter operare al 60-70% della capacità – aggiunge Melpignano – con il turismo italiano a far la parte del leone e stiamo anche valutando alcune iniziative promozionali. Non disperiamo di poter ospitare stranieri, provenienti da nazioni europee a bordo della propria auto. Al momento, le prenotazioni raccolte per luglio e agosto non sono state disdette”.
La modalità di apertura parziale è stata scelta anche da Dievole Wine Resort, la struttura enoturistica creata in Chianti Classico dal magnate argentino Alejandro Bulgheroni. “La nostra offerta – afferma il manager Stefano Capurso – è composta da 31 camere. Per ora apriremo solo la villa centrale, con 12 camere, e poi vedremo se aggiungere le altre strutture distribuite nella proprietà. Utilizzeremo il più possibile i dipendenti a tempo indeterminato e assumeremo gli stagionali in base alla domanda. La nostra clientela è per il 90% straniera, con gli statunitensi storicamente in vetta, anche se negli ultimi anni è aumentata la quota degli scandinavi. Sappiamo che gli americani, se andrà bene, arriveranno per la vendemmia e non prima. Ci auguriamo che la stagione si possa protrarre fino a fine anno”.