Ferrari mette a segno un altro anno di crescita double digit. Ad annunciarlo è Matteo Lunelli, presidente e CEO di Cantine Ferrari, che dopo aver chiuso il 2016 con oltre cinque milioni di bottiglie vendute per un fatturato di 63 milioni di euro, conferma l’aumento a doppia cifra anche per il 2017. “Le vendite – spiega Lunelli a Pambianco Wine&Food – sono cresciute così tanto che probabilmente non riusciremo a soddisfare tutte le richieste da qui fino alla fine dell’anno, per mancanza di prodotto”. L’ottimo riscontro da parte del mercato non si limita ai vini storici della casa spumantistica di Trento, ma ha premiato anche le due nuove etichette, Perlé Bianco e Perlé Zero. “Particolarmente significativo – continua Lunelli –è il fatto che i nostri Trentodoc crescono soprattutto nel canale Ho.Re.Ca. e nella ristorazione di eccellenza. Siamo soddisfatti anche rispetto all’andamento sui mercati internazionali, dove Ferrari sta incrementando la propria distribuzione e notorietà come marchio simbolo dell’Arte di Vivere Italiana. In generale, le società del nostro gruppo hanno ampliato le proprie quote di mercato e, grazie alla forza dei propri marchi, hanno consolidato la leadership nei rispettivi settori di riferimento.
Quali sono i mercati più dinamici e quelli riflessivi?
Per quanto riguarda le bollicine, in tutto il mondo c’è un interesse crescente, da parte di opinion leader e consumatori, per un’alternativa di alto livello allo Champagne e la qualità del Trentodoc è sempre più riconosciuta anche oltreconfine. I mercati sono sempre più dinamici anche rispetto ai canali di vendita: il mondo digitale ha aperto delle possibilità nuove e i consumatori possono reperire velocemente consigli e informazioni. Si sta affermando il concetto di multicanalità, la compresenza di online e offline: i consumatori cercano informazioni online e procedono poi all’acquisto in negozio o viceversa.
Le sfide da affrontare nel mondo delle bollicine?
Penso che il momento attuale sia particolarmente favorevole e ci sia una straordinaria opportunità per le bollicine e per il vino italiano: la qualità media è cresciuta tantissimo nell’ultimo trentennio e la critica internazionale apprezza sempre di più l’autenticità dei nostri vini, la diversità, vocazione e tradizione dei nostri territori, la passione e l’impegno di tanti produttori e viticoltori. Anche nel settore delle bollicine, l’alto di gamma non è più esclusiva dello Champagne e l’Italia può giocare un ruolo da protagonista. La sfida per il nostro Paese sarà quella di creare forti sinergie tra la promozione del vino e del cibo italiani e il territorio, con la sua storia e le sue tradizioni. È in questo legame che va ricercata la chiave per un ulteriore sviluppo del settore enogastronomico.
Dopo l’acquisizione di Bisol, ci possiamo aspettare da parte del Gruppo Lunelli altre mosse in altri territori legati allo spumante o un rafforzamento nell’ambito del Prosecco?
La nostra mission è quella di diventare un grande gruppo dell’eccellenza del bere italiano. Crediamo che tutti i marchi del Gruppo Lunelli abbiano grandi potenzialità e che ci possa essere quindi prima di tutto una crescita per linee interne. Siamo però aperti a eventuali acquisizioni di altre realtà che abbiano tradizione, qualità e legame con il proprio territorio di origine. Se trovassimo un marchio con le giuste caratteristiche e coerente con i valori del gruppo, valuteremmo senza dubbio un’eventuale acquisizione.
Quali saranno i mercati chiave per i vostri spumanti metodo classico Trentodoc?
La nostra strategia mira a rafforzare sempre di più il prestigio del marchio in Italia e ad incrementare la distribuzione e la notorietà all’estero. Penso che il Nord America sia l’area con i maggiori spazi di crescita perché gli Stati Uniti sono il primo mercato di importazione di vino e la cultura del vino ha raggiunto un buon livello di maturità, non solo nelle grandi città. A fianco della crescita in America, intendiamo rafforzare la nostra presenza in altri mercati strategici dove il brand Ferrari è già consolidato, come il Giappone, la Germania e l’Europa del Nord, e attivare una politica di penetrazione in Paesi altrettanto strategici ma non ancora maturi, come la Cina, dove attualmente i vini italiani detengono una piccola quota di mercato rispetto a quelli francesi.