Dopo un 2022 brillante, l’alimentare italiano continua a vedere davanti a sé un biennio positivo, seppur caratterizzato da una crescita più moderata e non certo privo di sfide. È questa la fotografia del settore scattata dal Food Industry Monitor 2023, osservatorio realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors, che analizza le performance di un campione di 850 aziende, con un fatturato aggregato di circa 70 miliardi di euro, attive in 15 comparti del settore food.
Lo scorso anno, il settore alimentare italiano ha messo a segno una crescita del 12% sospinta dalle esportazioni (+16% a valore) che sono risultate superiori alle performance ottenute nel 2021 (+11,7 per cento). Di contro, le turbolenze internazionali, l’inflazione e le tensioni sui prezzi delle materie prime hanno avuto un effetto principalmente sulla redditività commerciale (Ros) che risulta in lieve riduzione nel 2022, con un valore pari al 4% (contro il 5,8% del 2021). La redditività del capitale investito (Roic) è invece scesa al 6,5% (8% nel 2021) per effetto dell’aumento del capitale investito in scorte di materie prime e semilavorati.
“Il 2022 è andato straordinariamente bene con una crescita del 12 per cento”, spiega a Pambianco Wine&Food Carmine Garzia, responsabile dell’osservatorio Fim. “Per il 2023 ci aspettiamo una crescita tra l’8-9% e per il 2024 ci potrebbe essere una crescita anche superiore al 5 per cento. C’è però da guardare con attenzione l’inflazione, in quanto sta erodendo il potere d’acquisto e questo si riflette anche sulla struttura dei costi e sulle marginalità delle aziende”.
Per il biennio 2023-2024, lo studio prospetta una crescita con tassi superiori al Pil: per il 2023 si prevede un + 8,4% e per il 2024 un + 5,7%, mentre le esportazioni si attesteranno su una crescita intorno al 10 per cento. Nello specifico, i comparti farine, surgelati, latte, distillati, salumi e vino saranno interessati, nel 2023, da una crescita dei ricavi a due cifre e performance altrettanto positive al di sopra della media del settore sono previste per pasta e birra. I comparti conserve, caffè, acqua, olio e dolci otterranno buone performance di crescita, seppure di entità minore e al di sotto della media del settore.
Certamente, non mancano sfide e criticità per il settore food che, secondo Alessandro Santini, head of corporate & investment banking di Ceresio Investors, si possono riassumere in: “dimensione, consolidamento e necessità di avere risorse finanziarie. Questo è un momento complesso dell’economia, il settore food si difende ma il 2023 – vedendo le semestrali e parlando con gli imprenditori – è un anno difficile nonostante le proiezioni positive. In momenti come questi, l’idea di avere dimensione, consolidamento e massa critica sono elementi fondamentali che non solo ti permettono di galleggiare ma anche di andare bene. Il trend in questo senso è iniziato e per i prossimi 24 mesi mi aspetto che questo continui e che si rafforzi”.
Inoltre, per l’edizione 2023 del Food Industry Monitor è stato condotta uno studio sulle start-up operanti nel settore food che “stanno diventando una forza propulsiva per lo sviluppo del settore”. L’analisi, nello specifico, ha preso in considerazione 3.367 startup per 5,2 miliardi di euro di ricavi aggregati. Dal confronto tra le performance del campione start-up e dell’intero settore food (le aziende mappate dal Fim) emergono per le prime migliori performance di crescita dei ricavi pari al +21,4% nel 2021, contro il +9,9% delle seconde. La situazione si inverte se si considera la redditività commerciale: 3,5% le start-up contro il 5,8% del food. Per quanto riguarda la redditività del capitale investito, le start-up si posizionano al 5,9% mentre il food all’8 per cento.