Lo storico bianco piemontese ha visto negli ultimi 15 anni una crescita a valore del 100% e da un decennio del 30% a volume. La produzione della Docg è di 14 milioni di bottiglie con una quota export dell’85%.
Non si arresta la marcia del Gavi Docg. I numeri del 2022 lo confermano: con oltre 14 milioni di bottiglie prodotte, la denominazione piemontese consolida un trend di crescita positivo. Con i suoi 1600 ettari sparsi su 11 comuni dell’Alessandrino, tutti a Cortese (vitigno autoctono documentato nell’areale da oltre 360 anni), il Gavi raggiunge un giro d’affari di circa 60 milioni di euro.
“Quest’anno il Consorzio tutela del Gavi compie trent’anni”, racconta il presidente Maurizio Montobbio, al suo secondo mandato. “Posso affermare con soddisfazione che finalmente i dissidi interni vissuti nel passato sono alle spalle, oggi lavoriamo in armonia con una visione abbastanza comune”.
Da tempo “dedichiamo una particolare attenzione alla gestione della denominazione, con un focus mirato sugli impianti e sulle rese in vigneto.
Questo ‘governo’ ci ha permesso di mantenere un buon equilibrio tra offerta e domanda”. Dopo un periodo di blocco degli impianti a causa di una crescita troppo veloce, da circa sei anni si procede per piani che prevedono un incremento di 45 ettari ogni tre anni, dando la precedenza ai giovani e ai produttori in zona Gavi (che sono in minoranza rispetto a quelli fuori zona).
UNA DENOMINAZIONE SANA CON PROPENSIONE ALL’EXPORT
“La denominazione è in buona salute”, continua Montobbio. “Tutta la filiera viene remunerata, il prezzo delle uve va da 1,40 a 1,70 euro al chilo, per lo sfuso la forbice è dai 2,8 ai 3,3 euro. Un ettaro di vigna viene valutato tra i 100 e i 150mila euro”. La denominazione è storicamente vocata all’export con un 85% in 100 Paesi, Regno Unito in testa, seguito da Usa e Germania. Nel mercato domestico i canali di distribuzione sono al 55% Gdo e 45% Horeca. “Abbiamo lavorato per contenere i trattamenti nei vigneti e, anche se il biologico certificato non raggiunge il 20%, molti produttori lavorano come se fossero in bio. Abbiamo attivato una rete di capannine metereologiche con relativa piattaforma per condividere i dati, in modo da sollecitare l’uso delle buone pratiche. Dobbiamo lavorare ancora sul valore, e stiamo valutando l’ipotesi di modificare il disciplinare, aumentando la permanenza sulle fecce fini e prolungando l’affinamento in bottiglia: va aumentata la percezione della longevità del Gavi”.
PAROLA AI LEADER DEL GAVI
La Scolca, fondata nel 1919, la prima azienda a imbottigliare Gavi, rappresenta la storia della denominazione. Un’ambasciatrice del territorio dalla visione imprenditoriale strategica. Con una produzione di 850mila bottiglie su 67 ettari (tra proprietà e conduzione), l’azienda continua a investire in macchinari di nuova generazione, in personale, in sostenibilità (certificazioni, fotovoltaico, packaging), nell’ampliamento del parco vigne. “Siamo pronti ad affrontare le sfide dei nuovi cambiamenti grazie anche a un solido posizionamento”, afferma il Cavaliere del lavoro nonché titolare dell’azienda Chiara Soldati. “Il nostro fatturato è aumentato del 25% nel 2022, raggiungendo i 7,4 milioni di euro, con un +22% a volume. Siamo presenti in 57 Paesi (in pole position Nord America, Germania, Uk) con un export al 79 per cento”. Con la quinta generazione coinvolta, La Scolca per due anni ha assorbito gli aumenti generalizzati, poi nel 2023 ha ritoccato i listini (tra il 5 e l’8 per cento). Il canale di distribuzione prevalente è l’Horeca, con un 92%, seguito dalla Gdo al 4% e dall’e-commerce al 4 per cento. “Il Gavi – continua Soldati – ha un grande futuro, per le sue caratteristiche di contemporaneità, come la freschezza, il basso grado alcolico, la verticalità, l’autoctonia”.
“Broglia è una realtà che ha più di 50 anni – spiega Roberto Broglia, titolare insieme al fratello Filippo e al cugino Bruno – ed è la più grande proprietà accorpata del territorio, con i suoi 70 ettari tutti a Cortese. Abbiamo sempre creduto nel Gavi e oggi vediamo che il gusto del consumatore è sempre più vicino a questo stile territoriale, che prevede un vitigno autoctono al 100%, vinificato in acciaio, dalla beva agile grazie alla sua acidità. Caratteristica quest’ultima che valorizza le sue capacità evolutive”. La produzione di 800mila bottiglie è destinata al 90% all’estero, in 35 Paesi (Uk, Usa e Germania ai primi posti). Nel 2022 l’azienda ha incrementato il fatturato del 12% a 5 milioni di euro e la produzione del 7 per cento. La distribuzione avviene al 75% in Horeca, 20% in Gdo e 5% nell’e-commerce. “Abbiamo investito in una nuova imbottigliatrice, abbiamo in essere un progetto sul fotovoltaico e stiamo ampliando l’hospitality perché crediamo nell’enoturismo. Gli aumenti che abbiamo dovuto subire, pur attuando delle contromisure, ci hanno costretto ad alzare i prezzi in media dell’otto per cento”.
Villa Sparina l’anno prossimo festeggerà i 50 anni dalla fondazione. Dai circa 70 ettari vitati deriva un fatturato di 5 milioni di euro con una produzione di 700mila bottiglie, esportate per un 70% in 25 Paesi. “Non abbiamo smesso di investire sul mercato italiano – afferma Massimo Moccagatta, titolare insieme ai fratelli Tiziana e Stefano – avvalendoci di circa 60 agenti che sono i nostri primi ambasciatori”. Nel mercato domestico l’Horeca rappresenta il 65%, la Gdo il 30% e l’e-commerce il 5 per cento. “Dopo il balzo del 2021, il 2022 è stato un anno di stabilizzazione sia per il fatturato sia per i volumi, durante il quale ci siamo accollati tutti gli aumenti. Nel 2023 abbiamo dovuto operare un rialzo di circa il 9 per cento”. La famiglia Moccagatta è proprietaria da quasi 20 anni di un resort di 33 camere e di un ristorante, con un giro d’affari di 3 milioni di euro. “Siamo stati i primi – continua Moccagatta – a investire nell’accoglienza e a oggi siamo diventati una destinazione ricercata dal pubblico straniero e italiano per vivere l’emozione del luogo e del vino”.
Dalla fine del 2021 tre diverse tenute, La Giustiniana, Magda Pedrini e Le Terre di Stefano Massone sono state oggetto dell’accordo tra due viticoltori locali, Magda Pedrini e Stefano Massone. I due soci sommano così 103 ettari vitati e una produzione di circa 470mila bottiglie, in crescita del 22% nel 2022. Anche il fatturato è in crescita, con un +3% a 4,5 milioni di euro. “Acquisire sette anni fa La Giustiniana, tenuta storica del Gavi, e riportarla poi al suo antico splendore è stato la realizzazione di un sogno, che non avrebbe potuto compiersi senza il sostanziale apporto di Magda Pedrini”, racconta Stefano Massone, alla guida del gruppo insieme a Magda Pedrini. L’export è preminente, il 95% in circa 13 paesi, con Usa e Uk a dominare. Il restante 5% è destinato a clienti fidelizzati e al segmento Horeca. “L’ultimo investimento – continua Massone – è stato nell’impianto fotovoltaico, operativo dal 2023. Abbiamo dovuto aumentare i listini quest’anno del 5-7 per cento. Per il futuro stiamo pensando a come attivare l’ospitalità, che eventualmente prenderà forma in altre unità diverse dalle nostre tre aziende, convinti come siamo che l’enoturismo sia un traino per il territorio”.
La Raia nasce nel 2002, acquisendo la certificazione biologica nel 2005 e poi quella biodinamica nel 2007. Gli ettari vitati sono 50, con una produzione mantenuta per scelta a 300mila bottiglie e un fatturato di 1,2 milioni di euro. “Non vogliamo aumentare i volumi – dichiara Piero Rossi Cairo, amministratore delegato dell’azienda di famiglia – semmai vogliamo accrescere il valore, anche se ci posizioniamo già su una fascia premium. Le nostre bottiglie vanno esclusivamente nel canale Horeca”. L’export incide per l’80%, con una ripartizione in 30 stati. La sostenibilità sociale e ambientale sono un mantra in quest’azienda, che ha creato una fondazione per valorizzare lo sviluppo artistico legato al paesaggio, che quest’anno compirà 10 anni con l’opera di Izko Tami, un inno alla biodiversità. “Il 2022 è stato un anno di assestamento per il fatturato dopo un 2021 particolarmente performante”, prosegue Rossi Cairo. “I rincari applicati quest’anno sono tra il 5 e il 10 per cento. Tra i progetti futuri prevediamo quattro impianti fotovoltaici, tra cantina e ospitalità. Inoltre il settore accoglienza, che comprende Locanda Raia (ristorante e 12 stanze) e i quattro appartamenti a Borgo Malassino, sarà completato a settembre con una restaurata parte del Borgo, destinata a sala congressi per meeting ed eventi. Il giro d’affari che ci viene dall’ospitalità è di 1,1 milioni”.
Di Alessandra Piubello