L’immagine del cognac quale prodotto di lusso è già consolidata. Per armagnac e calvados, invece, il percorso è all’inizio e infatti i prezzi sono ancora accessibili. Su cosa puntare? Annate molto vecchie e negociant.
Un buon cognac degli anni ’50 o ’60 si può trovare a prezzi ancora accessibili ma per gli esperti il valore è destinato a raddoppiare o quadruplicare, quindi se si è alla ricerca di un investimento alternativo è il momento di approfondire le peculiarità di questo distillato. Stessa dinamica per armagnac e calvados che stanno cavalcando insieme al cognac, benché con le dovute differenze e su livelli di prezzo diversi, una tendenza già sperimentata dal whisky dieci, quindici anni fa.
A segnare un’importante svolta nel valore del cognac in asta, segmento fino a quel momento dominato dalle bottiglie di scotch e whisky giapponesi, la vendita record nel maggio 2020 da parte di Sotheby’s di una delle tre bottiglie, di cui si conosce l’esistenza, dell’estremamente raro Gautier Cognac 1762 a un prezzo di aggiudicazione di 118.580 sterline (circa 135mila euro). Da quel momento, sul mercato secondario questi tre distillati hanno cominciato a rappresentare un’alternativa valida per collezionisti e consumatori interessati agli alcolici scuri dando vita a una vivace e crescente domanda che si è riflessa in un costante incremento dei prezzi di imbottigliamenti vecchi e rari.

Cognac nel mirino italiano
“L’interesse per il cognac è decisamente in crescita e a partire dal 2014, sebbene con volumi contenuti, anche i collezionisti e bevitori italiani hanno iniziato ad acquistare cognac nelle nostre vendite, da sempre dominate dalla Francia”, afferma Laura Salis, responsabile sviluppo mercato italiano di iDealwine, piattaforma leader nelle aste online di vini e specializzata nei fine spirit con La Maison du Whisky. “Nel 2022 il mercato italiano è esploso generando il terzo volume più alto e il quarto per valore, a dimostrazione che l’Italia rappresenta un mercato strategicamente importante per questi prodotti”. Per acquistare un cognac raro o esclusivo i consumatori e gli appassionati ricercano una miscela di elementi diversi: per alcuni la rarità è la parola chiave, mentre coloro che vogliono qualcosa di diverso preferiscono le edizioni molto limitate. Per altri questi due elementi non sono sufficienti e cercano una vera e propria storia, ne apprezzano l’origine, il know-how necessario per crearlo, ma anche il decanter stesso. I primi posti delle classifiche sono occupati da edizioni prestigiose di case famose, come il Cognac Louis XIII di Rémy Martin, un blend di oltre 1.200 acquaviti di Grande Champagne invecchiate in botti di rovere per un periodo compreso tra 40 e 100 anni. Questo imbottigliamento è presentato in un decanter di cristallo soffiato a bocca, riproduzione di una fiaschetta di metallo rinvenuta sul luogo della battaglia di Jarnac (1569), acquistata da Rémy Martin nel 1850. Con un tappo a forma di fleur-de-lis, l’imbottigliamento rende omaggio a Luigi XIII, forte sostenitore del commercio del cognac durante il suo regno.
Un altro esempio è Hennessy Paradis, una miscela di oltre 100 acquaviti invecchiate tra i 30 e i 100 anni. I distillati più vecchi sono conservati in damigiane nel paradis della maison, una cantina riservata, da cui prende il nome l’imbottigliamento. Queste bottiglie sono considerate prodotti di lusso per la presentazione, il contenuto e per il prezzo, ma è la categoria dei cognac pre-fillossera senza ombra di dubbio la più rara e la più interessante. “Si tratta di cognac prodotti con uve non ancora colpite dalla crisi della fillossera che si è abbattuta sui vigneti europei a partire dal 1863”, afferma Salis. “Al contrario, i millesimati o le edizioni limitate non possiedono ancora quell’effetto rarità e sono ancora accessibili, mentre una categoria di cognac alla quale si deve assolutamente prestare attenzione è quella dei cognac che oggi seguono i codici dei grandi whisky e rum, ossia commercializzati dai négociant, produttori che non vogliono occuparsi della distillazione ma solo dell’imbottigliamento, che selezionano con estrema cura le migliori acquaviti presso produttori più o meno noti o un po’ più di nicchia e che scrivono tutte le informazioni necessarie sull’etichetta. Ne sono un esempio imbottigliatori come Grosperrin, maison de négoce, che produce dei cognac storici, che non hanno subito alcun blend o l’aggiunta di additivi come zucchero e caramello”.
Armagnac e Calvados, un percorso ancora agli inizi
Se l’immagine del cognac quale prodotto di lusso è già consolidata da diversi anni, per armagnac e calvados il percorso è ancora all’inizio. “Rappresentano le cosiddette categorie dell’avvenire, quelle sulle quali è opportuno investire in questo momento poiché i prezzi non sono ancora saliti alle stelle”, afferma Salis suggerendo anche che, in un’ottica di investimento, per gli armagnac si dovrebbe puntare sulle annate molto vecchie (quasi pre-fillossera) e su alcuni produttori come Francis Darroze e Château de Laubade, i quali hanno registrato delle ottime performance in asta nel 2021 e nel 2022. Inoltre, sempre più spesso, appaiono nomi di négociant provenienti dal mondo del cognac e di imbottigliatori, come Grosperrin e più recentemente L’Encantada. “Per il calvados invece, un nome che appare spesso nelle nostre top 10 è quello di Christian Drouin: un produttore eclettico, che recentemente ha introdotto la gamma Expérimental, ovvero dei calvados che hanno subito un invecchiamento più o meno lungo in barrique già utilizzate che hanno contenuto del mezcal, rum, etc. Drouin è sicuramente uno dei grandi nomi sui quali si può investire, ma non è l’unico: Roger Groult è un altro produttore a cui si dovrebbe prestare attenzione”, conclude l’esperta di iDealwine.