La fame di pasta tricolore non si arresta nel 2021, neanche dopo un 2020 in cui Italia ed estero ne hanno fatto incetta. Nell’anno, infatti, è previsto, secondo una proiezione della Coldiretti su dati Istat resa nota in occasione del World Pasta Day che si celebra proprio oggi, le esportazioni raggiungeranno il valore di 2,9 miliardi, in diminuzione quindi sui 3,1 miliardi di euro (+16%) dello scorso anno, quando il comparto ha messo a segno il proprio record storico di export, ma comunque in crescita del 7% sul pre-Covid.
Un boom che, così come all’estero, è avvenuto anche in Italia, dove gli acquisti in valore lo scorso anno sono aumentati del 10%, con punte del 29% per la pasta prodotta solo con grano tricolore (dati Ismea). Una propensione alle materie ‘di casa’ che si è registrata anche su altri prodotti simbolo come olio extravergine d’oliva, frutta e verdura, i quali hanno registrato un aumento medio dell’11% a livello di consumi, “per effetto della tendenza delle persone a compensare il maggiore tempo trascorso in casa con un’alimentazione più sana”.
Una ‘fame’ che si è riflessa nei conti delle aziende che, in molti casi, e in controtendenza rispetto alla folta schiera di segni meno nei bilanci di altri prodotti o settori, hanno registrato crescite fuori da schemi e previsioni. Pastificio Felicetti, per esempio, che con le sue linee è presente sia in horeca sia in gdo, ha archiviato il 2020 con un fatturato di 46 milioni di euro (contro i 36 milioni del 2019), e nell’anno in corso stima un ripiegamento rispetto al boom Covid, ma comunque con ricavi stimati per 42-43 milioni, dei quali il 30% generato dall’Italia e il restante 70% dai 50 Paesi esteri in cui è presente. Dello stesso avviso è la Gino Girolomoni Cooperativa Agricola, specializzata nella produzione di pasta biologica, che lo scorso anno ha messo a segno una crescita del 36% oltre i 18 milioni di euro, grazie a un’esposizione preponderante nel retail specializzato, e ora si attende che quello in corso sia “un anno di assestamento, con un ritorno ai livelli del 2019”, come spiegato dal presidente Giovanni Battista Girolomoni.
NON PIÙ UNA COMMODITY
Come anticipato, alle restrizioni del lockdown, hanno corrisposto spinte positive: da un lato le vendite, dall’altro una crescente ricerca di maggiore qualità. Un’attenzione che già era palpabile prima della pandemia, ma che con il 2020 e le sue vicissitudini ha ricevuto un notevole boost. “Abbiamo notato che le persone, rimanendo a casa, hanno approfondito le proprie competenze e conoscenza sul mondo del food, tanto che negli ultimi mesi gli chef ci dicono che i clienti chiedono in maniera più determinata che tipo di ingredienti, dall’olio al formaggio fino appunto alla pasta, vengono utilizzati in cucina”, spiega a Pambianco Wine&Food Massimo Mancini, titolare di Mancini Pastificio Agricolo, realtà marchigiana da oltre 4 milioni di euro (+5%) nel 2020, di cui 3,7 milioni generati come pastificio e circa 400.000 euro come azienda agricola, e presente nella ristorazione e nel retail specializzato. Domande, queste, “che prima non venivano fatte, non almeno con la frequenza attuale”. Una tendenza che si è amplificata in tempi di restrizioni, ma che riflette un’interesse sempre crescente nei confronti della materia prima e della sua provenienza. “Noi siamo nati nel 2010 con l’intento di portare avanti un progetto che valorizzasse il grano e il suo territorio di origine – le Marche – ma all’inizio era davvero difficile parlare di questo prodotto e delle sue caratteristiche perché le persone non avevano interesse per la materia prima”, prosegue Mancini. “Ora invece gli acquirenti si informano, e i pastifici, in risposta, strutturano le proprie campagne di comunicazione mettendo al centro la questione”.
In generale, comunque, la pandemia ha messo in evidenza una duplice propensione, frutto di una polarizzazione già in atto: da un lato, chi voleva e se lo poteva permettere, acquistava e sperimentava prodotti di qualità, dall’altro, chi non voleva o navigava in ristrettezza economica, propendeva a una scelta più di prezzo che di prodotto. “Il mercato si sta schiacciando o verso il basso o verso l’alto, e questo vale sia per la vendita a scaffale che per la ristorazione”, racconta Andrea Cavalieri, socio di Pastificio Benedetto Cavalieri, fondato nel 1918 e presente in circa 35 Paesi nel mondo che realizzano il 40% dei 2,5 milioni di euro di ricavi. In generale, “essendo presenti solo nel canale horeca e nel dettaglio specializzato, noi siamo abituati a relazionarci a un consumatore attento e curioso, così come gli chef tendono sempre più a esporre direttamente a menù il marchio che utilizzano”.
Il maggiore interesse verso la pasta spinge i consumatori anche a sperimentare tipologie ‘speciali’ che esulano dalla pasta di grano duro convenzionale, quindi, per esempio, quelle aromatizzate, integrali, fatte con miscele di legumi. Per Felicetti, queste tipologie contano il 75% del fatturato, e di queste più del 60% è rappresentato da pasta biologica. “Il valore delle paste speciali è sempre in aumento, soprattutto all’estero dove abbiamo più possibilità di sbocchi commerciali, in Italia invece siamo più legati alla nostra tradizione”, spiega l’AD Riccardo Felicetti. Per esempio “la pasta integrale sta cominciando oggi a essere interessante, mentre noi abbiamo iniziato a produrla nell’85 per la Germania e per i Paesi del nord Europa. La resistenza a questa tipologia dipende molto da gusto e consuetudine, mentre la crescita da una propensione salutistica”.
FORMATO CARTA
La sensibilità verso qualità e salute prende forma tanto nel contenuto quanto nel contenitore, ed ecco quindi che anche il packaging cambia forma. Lo stesso Felicetti, da ottobre dello scorso anno, ha lanciato il packaging di solo carta per la sua linea omonima, che contiene un prodotto con caratteristiche qualitative ‘premium’, adatto da consumare sia a casa sia al ristorante. Su questi nuovi packaging, il prodotto è solo raffigurato e nonostante non si possa vedere, “i riscontri sono estremamente positivi”. Da ottobre di quest’anno, pertanto, l’azienda partirà anche con la linea Alce Nero, di cui è socio, mentre con Monograno, prodotto di punta dell’azienda distribuito solo in horeca, “stiamo studiando la possibilità di mantenere il nostro astuccio di carta esterno e dentro inserire un film fatto con cellulosa naturale, e pertanto compostabile”.
Allo stesso modo, Girolomoni, da questo autunno, lascerà la plastica in favore di un formato 100% carta per la propria gamma base, quella di pasta di grano duro, mentre per la linea di grani antichi verrà usato un sacchetto di carta con una finestra di pellicola di cellulosa, e quindi volendo compostabile anche nell’umido. “Secondo noi, questa scelta sarà premiante”, ha spiegato Girolomoni. “Abbiamo svolto diverse ricerche di mercato, e ciò che è emerso è che la percezione di qualità della pasta nella confezione di carta è maggiore di quella nella plastica”. Chiedendo infatti a un gruppo di esprimersi su quale fosse la pasta più buona presente nei due diversi formati, “ha vinto quella nella carta. Eppure il prodotto era esattamente lo stesso”. Inoltre, “noi siamo presenti solo in negozi specializzati, nei gruppi di acquisto solidali, e canali online, non facciamo gdo, e questo fa sì che il nostro consumatore sia mediamente più consapevole e attento alle scelte ambientali e che le anteponga alla possibilità o meno di vedere quanto contenuto all’interno del sacchetto”.
Un restyling che riguarderà anche il pastificio Sgambaro, con sede in provincia di Treviso, che conta di inserire gradualmente il nuovo packaging in carta all’interno delle sue linee a partire dall’autunno 2021, anno in cui l’azienda punta a consolidare i volumi 2020 e a registrare un’ulteriore crescita delle vendite pari al 5%. La svolta ‘green’ ha coinvolto poi anche i grandi gruppi industriali, come per esempio Molisana. L’obiettivo del pastificio è quello di ridurre la produzione di plastica, pari a circa 230mila chili annui, per “andare incontro alle esigenze dei consumatori”, spiega l’azienda. Oltre alla carta Kraft, vengono quindi usate colle a base di acqua e gli inchiostri non contengono solventi. “Il passaggio alla carta ha comportato un forte investimento nella nostra area di confezionamento e in tutto il fine-linea per adeguare le attrezzature alla gestione di un supporto così delicato e naturale”, spiega il direttore operativo Flavio Ferro. “Abbiamo acquisito cinque nuove linee complete di impacchettamento e fardellaggio, due nuovi robot di pallettizzazione e tre nuove lgv automatizzate per ottemperare alle necessità”.
L’articolo è tratto dal numero di settembre/ottobre di Pambianco Wine&Food Magazine