La tendenza è quella del passaggio da commodity a brand, già evidenziata nella ristorazione per altri prodotti come la pasta, le uova, i formaggi e le carni. Un trend, come evidenziato nell’ultimo numero di Pambianco Magazine Wine&Food, che ora sembra riguardare anche il pesce, con la proposta nella ristorazione di un materia prima ittica abbinata al marchio aziendale che diventa garanzia di qualità, tracciabilità del prodotto e capacità di selezione o lavorazione. Così il comparto del fuori casa, che raramente ha offerto il giusto tributo agli artigiani ittici, inizia a cambiare approccio verso una materia prima sempre più importante, coerentemente con una richiesta del consumatore finale sempre più attento alla qualità e sempre più orientato alla scelta del pesce in carta.
“I consumatori – afferma Claudio Cerati, fondatore di Upstream di Lemignano (Parma) che affumica il salmone atlantico con legno di faggio dell’Appennino parmense – sono sempre più attenti alla scelta di un marchio, perché dietro ad esso c’è la storia di un’azienda o di un artigiano, che ha dato vita a un prodotto con caratteristiche uniche. All’estero poi la necessità di avere un marchio riconoscibile e forte, che garantisca la qualità di un prodotto, è indispensabile: più è forte e serio il marchio, più certifica la bontà e la qualità del prodotto”.
L’innovazione del prodotto è alla base dell’attività di Shark, fish bar di Prato che ha proposto alla propria clientela una linea di salumi di pesce del Mediterraneo, oggi distribuita a livello nazionale: comprende bresaola di tonno, sopressata di polpo affumicata al castagno, lonzino di spada affumicato al legno di olivo, roastfish (un roast-beef di tonno rosso) e la salsiccia sapori. L’idea è di Francesco Secci, che afferma: “L’attenzione per la salute e per una sana alimentazione stanno diventando il vero driver nelle scelte di consumo. E come per i salumi di carne, a fare la differenza nei salumi di pesce, che si differenziano dai classici carpacci che hanno una breve shelf life, è la ricerca della materia prima, l’attenzione ai condimenti, come i sali di diversa provenienza, erbe aromatiche e l’affumicatura realizzata grazie al fumo di legno di olivo e melo, sposandosi con la proteina del pesce hanno dato vita a nuovi sapori”.
Anche le cozze hanno un brand. Da un’idea di Lorenzo Busetto, acquacoltore da oltre 20 anni con più di 10 ettari dedicati alla coltura della cozza davanti all’isola di Pellestrina (Venezia), è nata Mitilla. “Negli ultimi anni, complice la crisi e l’invasione nel mercato italiano di prodotto estero a basso prezzo, privo di qualità e spesso senza controlli igienico sanitari adeguati, il consumatore ha iniziato a non scegliere più le cozze, sebbene presenti in tante ricette regionali, abbassando i consumi e obbligando anche i produttori italiani ad abbassare il prezzo”, ricorda Busetto, che a quel punto ha fatto la scelta opposta: ha innovato il sistema produttivo, selezionato il prodotto, garantito la sua tracciabilità e salubrità. Conquistando la fiducia di tanti chef, tra i quali spicca Massimo Bottura.
Del resto, l’origine del pesce è sempre più al centro delle attenzioni del mercato e dei consumatori, e ad essere prediletta è la materia ittica italiana, per qualità, freschezza, spirito di patria e anche per la garanzia di maggiori controlli. E questo vale anche per il caviale. “I consumi di pesce sono stabilmente in crescita sia in Italia che all’estero: considerando che il pesce marino non soddisfa più del 30% del fabbisogno mondiale, l’acquacoltura sostenibile è un’importante alternativa”, racconta Carla Sora, direttore generale di Agroittica Lombarda, il più grande produttore italiano, da oltre quarant’anni, di caviale e di storione. “La sicurezza alimentare e il rispetto della filiera controllata sono plus a cui i consumatori stanno sempre più attenti. Scegliere di produrre in Italia, nonostante i costi decisamente superiori rispetto all’estero visto che competiamo principalmente con produttori polacchi e lituani, e investire in un marchio di pesce affumicato in Italia è stata la sfida che abbiamo raccolto prima di tutto dal mercato, che ci sta dimostrando sempre più apprezzamento per i nostri prodotti ed in particolare per i brand Fjord e Calvisius. I tassi di crescita sono confortanti e quindi crediamo che il trend ci darà ragione negli anni a venire”.
Del resto, dati i prezzi, il caviale è considerato un prodotto di lusso e si presta particolarmente a una brandizzazione, come dimostrano diversi altri casi aziendali, da Cru Caviar (scelto dai due gruppi leader dell’alta ristorazione italiana, Da Vittorio e Alajmo) a Royal Food, il cui impianto di allevamento a Calvisano (Brescia), ottanta vasche per 1 km di lunghezza, è qualificato e certificato a livello europeo per il ciclo completo e certificato con il marchio Friend of the Sea per lo svolgimento di un’attività sostenibile. “Bisogna dare qualità ai consumatori, in modo da giustificare una spesa superiore”, affermano Carlo Dalla Rosa e Nancy D’Aiuto, titolari di Royal Food.