Per Marcello Forti, la crisi diventa l’occasione per ripensare piani di sviluppo e strategie nella ristorazione, uscendo anche dall’ambito degli hotel che rappresenta comunque il core business di Fedegroup. Il fondatore e presidente della società acquisita la scorsa estate da Quadrivio sta utilizzando il momento di ferma generale – gli alberghi del resto sono chiusi esattamente come i ristoranti – come pausa di riflessione. “I piani non cambiano. Cresceremo e ci consolideremo sempre più come gruppo di riferimento nel f&b alberghiero, ampliando il raggio d’azione dall’Italia all’estero”, spiega in quest’intervista a Pambianco Wine&Food. Nel 2019, Fedegroup ha raggiunto i 70 milioni di ricavi, partendo dai 59 del 2018.
Innanzitutto, cosa cambierà quando gli hotel e i ristoranti riapriranno?
La frenata mette a dura prova il settore, e non tutti saranno in grado di ripartire. Come Fedegroup siamo consapevoli, date le dimensioni e il nostro know how, che potremo disporre di una serie di vantaggi competitivi rispetto ai player più piccoli. Ma il nostro obiettivo non è cannibalizzare il mercato. In molti mi stanno chiamando, anche in ambito “stellato”, per chiedermi: ti interessa il mio locale? A me quel che interessa, invece, è creare delle sinergie, lavorare in squadra, perché sono sempre stato un fautore del network.
Cosa significa concretamente? Avvio di joint venture?
Tecnicamente siamo aperti a tutte le idee, non solo ad acquisizioni o joint venture. Agli albergatori, a chi gestisce piccoli gruppi di ristorazione negli hotel, io dico: parliamone, per noi è sempre stata la normalità ragionare sul riequilibrio di realtà che incassavano 10 e costavano 15… Ora mettiamo a disposizione le nostre competenze, dal marketing alla capacità gestionale fino al rapporto con i fornitori, per arrivare a un business sostenibile. La ripartenza non sarà facile. Penso a quando ho iniziato io con Fedegroup: se mi fossi trovato in una situazione come questa, non ne sarei uscito con le mie sole forze.
Cambierà anche il modello di business di Fedegroup?
Oggi dalla ristorazione negli hotel dipende il 95% del nostro fatturato. Sarà l’occasione per ridurre quest’incidenza.
In che modo?
Siamo in trattativa per la gestione dell’hospitality e del catering all’interno di uno stadio italiano importante. Se andrà in porto, sarà un progetto d’impatto economico immediato. Stiamo inoltre sviluppando, per l’estero, un format di uno sport restaurant e cafè. Non ho mai avuto così tanto tempo per pensare e organizzare nuovi progetti… C’è un mondo aperto, un mondo di possibilità che stiamo cercando di utilizzare come gruppo nella logica di fare network.
A livello gestionale invece cosa cambierà?
Alla riapertura, tutto sarà più lento. Dobbiamo pertanto arrivare a elaborare modelli funzionali per incassi inferiori, soprattutto in termini di risorse umane. Non ha senso attrezzare una brigata di cucina per un ristorante d’hotel che inizialmente potrebbe avere tre-quattro coperti a serata. E per arrivare a un servizio economicamente sostenibile, pensiamo a un sistema centrale di produzione, dal quale fornire gli outlet con prodotti finiti e semilavorati.
E le colazioni?
In Cina è in atto un cambiamento delle abitudini delle persone. Le distanze si ampliano, i mezzi protettivi continuano a essere utilizzati. Mi sono perciò immaginato i buffet breakfast – e noi lo scorso anno come gruppo abbiamo gestito oltre due milioni di colazioni – di quando gli hotel riapriranno… non potranno essere più quelli di prima. Ci sarà un rilancio della monoporzione, dei prodotti confezionati che avevano perso appeal.
Le conseguenze occupazionali?
Stiamo cercando di contenere le perdite. Dei nostri 1300 dipendenti, circa 400 erano forme di job on call, che purtroppo da metà febbraio non sono state più attivate. Ci siamo quindi alleggeriti senza dover licenziare, e non prevedo grandi cambiamenti in termini di risorse umane: ricorreremo alla cassa integrazione e alla ripartenza spero di poter confermare tutta la squadra, farò il possibile perché ciò avvenga.