Fatturato in aumento, produzione stabile. La crescita di Valdo nel 2015 è stata generata da un incremento nel prezzo medio di vendita, circostanza non proprio comune nel mondo del Prosecco che fatica a imporre ritocchi all’insù nei listini, nonostante il boom della domanda internazionale e in particolare dal mondo anglosassone. A favore di Valdo hanno contribuito due fattori. Il primo è la specializzazione nel docg “Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene”, dove l’azienda presieduta da Pierluigi Bolla è leader con circa il 10% della produzione totale della denominazione che presenta volumi più contenuti rispetto alla doc Treviso, circa 80 milioni di bottiglie contro le 400 milioni stimate per il 2015 nella doc. Il secondo è il posizionamento che Valdo sta sempre più aumentando di livello attraverso gli investimenti nella distribuzione per il canale horeca, nell’internazionalizzazione e nel prodotto. “I nostri punti di forza sono la qualità del prodotto e la continuità di questa qualità, che costituiscono una garanzia per il cliente Valdo e per i consumatori finali”, sottolinea Bolla, chiamato da un mese a un’impresa più difficile che vendere vino: superare le difficoltà di Veneto Banca, istituto di credito di Montebelluna (Treviso), di cui è stato nominato presidente.
Come si chiuderà il 2015 per Valdo?
Il fatturato si avvicinerà ai 55 milioni di euro contro i 51 del 2014, confermando la produzione in 15 milioni di bottiglie. L’estero si conferma trainante, a partire dai mercati che consolidano la loro crescita come Stati Uniti e Inghilterra, ma stiamo ottenendo un incremento delle vendite anche in Italia, nella gdo come nell’horeca, e mi pare un segnale importante. Notiamo, in generale, un apprezzamento sempre maggiore verso il Prosecco da parte di tutti i mercati di consumo.
Oltre il Prosecco, quali eventuali iniziative state programmando?
Posto che le nostre principali attenzioni restano legate alla docg Conegliano Valdobbiadene, vorremmo avviare alcune iniziative sulle bollicine di altri territori, individuando nuove nicchie di mercato, nuovi consumatori e nuove occasioni di consumo. Qualcosa già abbiamo fatto con il nostro Rosè metodo charmat, che nasce in Sicilia. Siamo convinti che in Italia ci siano valenze territoriali tutt’ora inespresse, dal cui sviluppo possono nascere prodotti innovativi.
A quali territori state pensando?
Guardiamo a 360 gradi perché pensiamo che tutte le regioni d’Italia producano uve adatte alla spumantizzazione di alta qualità. Stiamo lavorando da qualche anno su questi nuovi prodotti e pensiamo di uscire con le prime novità tra l’autunno del 2016 e la primavera del 2017.
E nei vini fermi?
La nostra mission resta la spumantizzazione e non abbiamo iniziative in altri ambiti. L’obiettivo fissato per il 2020 è arrivare a 20 milioni di bottiglie di sole bollicine.
Quali sono i vostri principali mercati?
L’export, che oggi si avvicina al 60% della produzione totale, vede come prime destinazioni i paesi di lingua tedesca, dove stiamo seguendo un percorso basato sul valore aggiunto e non sulle quantità. In Inghilterra, dopo l’exploit degli anni scorsi (+121% il risultato 2014, ndr) cresciamo a una cifra e consolidiamo quanto ottenuto, così come avviene in Nord America. Voglio sottolineare il significativo dato dell’Italia, che vale ancora un 40-45% del fatturato e non sono molte le aziende che hanno raggiunto un simile equilibrio. Siamo una marca italiana e al tempo stesso internazionale.
Come valuta la situazione del Prosecco doc, dove siete presenti con alcuni vostri prodotti?
A differenza della docg, dove la situazione produttiva è stabilizzata tra 75 e 80 milioni di bottiglie e diventa naturale puntare sul valore non essendo più possibile aumentare le quantità, credo che il Prosecco doc stia affrontando un momento delicato. I produttori devono evitare quelle battaglie di prezzo cui stiamo assistendo in alcuni mercati e iniziare a ragionare a medio/lungo termine anziché a breve, puntando a un valore aggiunto significativo anche per il territorio.
Che investimenti state pianificando per il prossimo anno? Puntate a nuove acquisizioni?
Le proposte non mancano, se parliamo di acquisizioni, e ne stiamo valutando alcune. Siamo però concentrati negli investimenti in area commerciale e in quella produttiva per aumentare l’efficienza dell’azienda e per incrementare il controllo di filiera, dalla produzione di uve alla spumantizzazione, nel territorio di Valdobbiadene dove Valdo è nata nel 1926 e in cui la mia famiglia ha investito fin dalla fine degli anni Trenta, in un legame storico che è destinato a ulteriore sviluppo.