Con una presenza significativa in Chianti Classico, Montalcino e Bolgheri, San Felice è una delle realtà vinicole più rappresentative della Toscana. La tenuta, di proprietà del Gruppo Allianz dal 1978, si sviluppa lungo 685 ettari totali, di cui 188 a vigneto. Nel Chianti Classico, a Castelnuovo Berardenga, San Felice ha la presenza più consistente in termini di vigneti (ben 150 ettari) e qui conta il borgo medievale convertito in albergo diffuso parte del circuito Relais & Châteaux, la cui ristorazione è gestita dall’executive chef Juan Quintero, in collaborazione con lo Chef pluristellato Enrico Bartolini (il ristorante Il Poggio Rosso ha una Stella Michelin e Stella Verde 2023). Nel 1981 viene acquisita la tenuta Campogiovanni a Montalcino, 23 ettari di vigneto – a cui si aggiungono i 42 di oliveto, seminativo e boschi – tutti a Sangiovese. Infine c’è la proprietà di Bolgheri con i 15 ettari del podere Bell’Aja.
Di recente, le realtà in Chianti Classico e Montalcino hanno ottenuto la certificazione Equalitas che, presto, sarà estesa anche a Bolgheri. La sostenibilità è infatti un cardine di sviluppo imprescindibile per San Felice, proprio come raccontano l’enologo Leonardo Bellaccini e il direttore generale Carlo De Biasi.
Quali sono i vantaggi dell’aver ottenuto la certificazione Equalitas?
Leonardo Bellaccini, enologo – La certificazione Equalitas, ottenuta da San Felice nel 2021 e da Campogiovanni nel 2022, ci colloca tra le ‘Organizzazioni sostenibili Os’, ovvero tra le aziende conformi ai requisiti di sostenibilità per le attività di coltivazione, produzione e affinamento di vini bianchi e rossi, oltre che per il confezionamento in vetro. Da un punto di vista strettamente operativo, i comportamenti e le pratiche sostenibili intraprese ci hanno permesso di accedere con più facilità a quei mercati particolarmente sensibili a questi temi, primi fra tutti il Canada e i paesi del nord Europa.
Quanto tempo avete impiegato per ottenere la certificazione? È stato un processo complesso?
Leonardo Bellaccini, enologo – Si è trattato certamente di un percorso lungo e complesso, iniziato molti anni fa e che ha abbracciato tutti e tre gli ambiti della sostenibilità: ambientale, sociale ed economica. Da oltre dieci anni promuoviamo un progetto di agricoltura sociale, L’Orto e l’Aia Felice, voluto e sostenuto da Fondazione Allianz Umana Mente per migliorare la qualità di vita di ragazzi con disabilità, favorendone l’integrazione nel mondo del lavoro attraverso attività di cura degli animali e la coltivazione di fiori e ortaggi. I prodotti da loro coltivati nell’orto vengono poi utilizzati dallo Chef Juan Quintero nei due ristoranti del Resort Borgo San Felice. Inoltre, due ragazzi del gruppo sono stati assunti stabilmente nella cantina e presso il Resort.
A che punto siete del vostro percorso di sostenibilità?
Leonardo Bellaccini, enologo – Oltre alla particolare attenzione che da sempre poniamo rispetto ai contratti e alle condizioni di lavoro dei nostri dipendenti, in campo applichiamo da anni la viticoltura di precisione, nell’ottica di migliorare le performance dei nostri vigneti riducendo l’impatto sull’ambiente. Un percorso che oggi continua con la conversione a biologico.
La certificazione Equalitas conferma il virtuoso cammino intrapreso da tempo a San Felice; non un traguardo ma un punto di partenza, per affrontare le nuove sfide poste dal cambiamento climatico, applicando pratiche volte a salvaguardare il patrimonio di biodiversità del suolo e ripristinando un livello di fertilità ottimale.
Anche l’azienda di Bolgheri otterrà la certificazione?
Leonardo Bellaccini, enologo – Certo, le pratiche sostenibili sono per noi alla base della moderna agricoltura e sono rese operative anche nella nostra azienda di Bolgheri – Bell’Aja – che sarà a breve oggetto di certificazione.
Quali saranno i prossimi step di questo percorso sostenibile?
Carlo De Biasi, direttore generale – Da un punto di vista ambientale il nostro percorso proseguirà nell’adozione delle tecniche della viticoltura rigenerativa. A San Felice crediamo che la Viticoltura rigenerativa sia il modello di gestione viticola adatto per affrontare questa sfida, modello basato sul ciclo del carbonio, che rigenera i suoli, blocca l’erosione, promuove la biodiversità e mitiga gli effetti del cambiamento climatico. Nel dettaglio, la viticoltura rigenerativa è focalizzata sul recupero della naturale fertilità del suolo, sulla attività microbica dei suoli, sull’aumento della materia organica, sul miglioramento del ciclo dell’acqua e sul sequestro del carbonio. La viticoltura rigenerativa è una nuova frontiera perché cambia l’assunto di partenza: rigenerare. Il suolo è la chiave per la viticoltura rigenerativa, ma ci sono molti aspetti che andranno ulteriormente approfonditi per comprendere il sistema suolo. Il passaggio alla viticoltura rigenerativa richiede inevitabilmente tempo, per arrivare al punto in cui l’ecosistema è stabile. Ma il risultato finale è un vigneto resiliente.
Di recente siete entrati a far parte della Regenerative Viticulture Association, di cosa si tratta?
Carlo De Biasi, direttore generale – La sfida ambientale va affrontata tutti insieme, non possiamo competere tra aziende sui temi ambientali ma dobbiamo condividere strategie ed esperienze per procedere speditamente nella transizione ambientale. Per questo motivo da poche settimane San Felice, prima azienda italiana, è entrata a far parte della Regenerative Viticulture Association fondata nel 2021 fra gli altri da da Familia Torres e presieduta da Miguel Torres Maczassek. L’associazione vuole realizzare un cambio di paradigma nel modo in cui i vigneti vengono gestiti in tutto il mondo. Al centro di questo cambiamento c’è il ciclo del carbonio e come può essere utilizzato per rigenerare i suoli, prevenire l’erosione, incoraggiare la biodiversità e combattere il cambiamento climatico. L’associazione è un luogo di incontro per tutti quei viticoltori, agricoltori, produttori di vino, educatori, ricercatori e aziende con un genuino interesse per la gestione olistica e l’agricoltura rigenerativa. Un luogo dove condividere informazioni, esperienze e conoscenze per implementare con successo una pratica viticola per l’era del cambiamento climatico.
Nei mesi scorsi avete inoltre promosso Life Viti CaSe, di cosa si tratta?
Carlo De Biasi, direttore generale – Il progetto, che la Commissione Europea ha giudicato adeguato e rilevante al fine di contribuire al Green Deal europeo e agli obiettivi specifici del programma Life e del sottoprogramma per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici (Ccma), si pone l’obiettivo di sviluppare e diffondere tecniche innovative per raggiungere gli obiettivi della legislazione e della politica dell’Ue in materia di azione per il clima, contribuendo alla base di conoscenze e all’applicazione delle migliori pratiche, in linea con la Strategia Europea per il Suolo, adottando metodi all’avanguardia di Carbon Farming.
San Felice è stata una delle prime aziende vitivinicole, oltre 15 anni fa, ad aderire ai primi progetti di sostenibilità in Italia. In questi anni di progressi ne sono stati fatti tanti ed il percorso per il futuro sarà quello di proseguire su questa strada implementando sempre più processi sostenibili.