Aggregarsi per affrontare la sfida globale. Tra fondi di investimenti e grandi gruppi anche la moda italiana, con Red Circle e Calzedonia, guarda al vino per diversificare. Dopo le 18 operazioni del 2022, nel 2023 si scalda il ‘fronte’ industriale.
Erano sette nel 2020, dieci nel 2021, 18 nel 2022. Questa è la fotografia delle merger & acquisition italiane nel mondo del vino. Un settore che con il passare del tempo, e grazie a una maggiore presa di coscienza, sta rispondendo a una necessità di crescita sempre più importante. A chiederla è un’internazionalizzazione dei mercati che impone grandezze e organizzazioni diverse rispetto al passato: almeno per chi ha l’ambizione di accedervi. Perché come ha spiegato Alessandro Santini, head of corporate and head of investment banking at Ceresio Investors (Gruppo Banca del Ceresio): “Oggi, a parte i produttori di super-nicchia, per poter competere su scala globale è necessario essere preparati, strutturati e avere un certo tipo di dimensionamento; direi di almeno settanta milioni di euro in fatturato o, come succede per chi vuole invece avere un ruolo da protagonista, ambire almeno ai cinquecento milioni”.
La via della moda
Da qui la spinta verso un percorso di investimenti fatto soprattutto per linee esterne con l’intervento della finanza, dei processi di natura industriale e, infine, con logiche di diversificazione che in Italia, soprattutto in questo primo scorcio di 2023, sono identificate nelle operazioni portate a termine da gruppi come quello di Calzedonia, che attraverso la controllata Signorvino ha acquisito La Giuva, cantina della Valpolicella, e quello di Renzo Rosso (Otb) sulla produttrice di Barolo Josetta Saffirio. Percorso quello di Renzo Rosso che, attraverso la sua Red Circle sta iniziando a strutturarsi in modo compiuto, sia perché ha creato la holding Brave Wine, che ha di fatto
portato a termine l’operazione nelle Langhe, sia perché l’imprenditore vicentino, che ha in portfolio anche Diesel Farm e che controlla il 10% di Masi Agricola, a ottobre 2022 è entrato anche al 40% del capitale di Benanti, realtà produttiva etnea. Una via quest’ultima, che appare sempre più allineata a quella dei magnati francesi del lusso Bernard Arnault e François Pinault, con il primo che integra direttamente il segmento wine&spirits nella sua Lvmh, mentre il secondo demanda gli interventi alla cassaforte di famiglia Artemis.

Operazioni M&A
Tornando alle operazioni del 2022, e andando a ritroso nel tempo, sempre nel mese di ottobre c’è stata quella di Argea, gruppo controllato dal fondo Clessidra, che ha rilevato Cantina Zaccagnini, realtà abruzzese con un fatturato da 27 milioni di euro (2021). Sempre all’ombra del Gran Sasso, ma nel mese di settembre, a passare di mano è stata Tenuta Ulisse, azienda da 11,7 milioni di euro nel 2021 il cui 70% delle quote è finito nel portfolio del private equity White Bridge Investments II per un valore d’impresa stimato in circa 43 milioni di euro. E ancora, nel mese di luglio, in Toscana, con un’operazione da circa 60 milioni di euro, Fattoria Villa Saletta di Palaia ha rilevato la San Gervasio di Pontedera, un mese prima, invece, i francesi di Epi, già proprietari di Biondi Santi, hanno integrato nel loro portfolio la tenuta Isole e Olena.
In primavera, nel mese di maggio, il gruppo Prosit, guidato da Sergio Dagnino, ha acquisito Casa Vinicola Caldirola, realtà lecchese da oltre 40 milioni di euro che controlla il marchio La Cacciatora. Operazione questa che si aggiunge a quella di inizio anno, quando il gruppo partecipato da Made in Italy Fund di Quadrivio&Pambianco aveva comprato Cantina di Montalcino. Nel mese di aprile invece, è stata la toscana Piccini 1882 a investire, e lo ha fatto nelle Langhe comprando il marchio, compreso di archivio storico, Porta Rossa. Scorrendo il calendario, a marzo, la trevigiana Pizzolato ha acquistato Casale III, mentre Fast Time, società specializzata nell’attività di importazione e distribuzione, ha acquisito la 900wine produttrice di spumanti nella Valdobbiadene. A gennaio invece, Bell’Aja, società di proprietà dell’Agricola San Felice e controllata dal Gruppo Allianz, ha fatto propria Batzella e i suoi 7,5 ettari di vigneto tra Castagneto Carducci e Bolgheri, mentre Hyle Capital Partners, attraverso il fondo Finance for Food One è entrato nel capitale di Contri Spumanti.
I grandi multipli
Operazioni queste, che segnano l’inizio di una nuova fase per il mondo del vino, ma che proprio per questa ragione rende i valori delle acquisizioni ancora piuttosto disomogenei. Naturalmente il comune denominatore resta il multiplo sul margine operativo lordo (ebitda), come ha sottolineato Alessandro Santini: “Però oggi avere una regola definita è molto complicato, sia per la gioventù del mercato che per le enormi differenze esistenti tra le aziende, considerando che acquistare una cantina ha un significato ben diverso dal rilevare un imbottigliatore, anche se questo ha un marchio di proprietà; motivi per i quali oggi i multipli hanno una forbice di così ampia portata, che va da nove a venti volte l’ebitda”.
Non solo produttori
Ad attrarre capitali non sono solo cantine e imbottigliatori, ma anche chi il vino lo commercia. Tra le operazione nel settore, la più celebre è rappresentata dalla joint venture paritetica creata nel luglio 2021 da Campari Group e Moët Hennessy, divisione vini e liquori di Lvmh, che negli ultimi dodici mesi è salita al 100% del capitale di Tannico, di cui già deteneva il 62,1%. O ancora la maison dello champagne Pol Roger che ha rilevato il 20% del distributore italiano Compagnia del Vino, mentre la quotata Italian Wine Brands ha acquisito l’85% dell’importatore americano Enovation Brands. Il tutto guardando alla nascita di Veraison Group attraverso l’unione di Salvaterra, Progetti Agricoli e 4Ru.
Prospettive
Per quanto riguarda il futuro, e avendo già vissuto un primo trimestre in pieno fermento, Alessandro Santini piega che: “Ormai il settore non può più stare fermo altrimenti perde di competitività sui mercati internazionali, per questo credo che anche in questo 2023 saranno molte le operazioni, il tutto compatibilmente con la situazione di congiuntura, considerando comunque che questi tipi di investimenti sono basati su logiche di lungo termine”. Operazioni che dovranno però scontare, almeno guardando alle realtà più importanti per volumi: “Un mercato che in realtà non ha più molto da offrire, perché se guardiamo in quella direzione, ed escludendo le cooperative, che tutt’al più potranno acquistare, non è che ci siano in giro molte realtà appetibili, direi una ventina in tutto”. Detto questo, e questo considerando, “difficile la realizzazione di fusioni o acquisizioni per incorporazioni”, l’aspetto più interessante potrebbe invece arrivare guardando ai movimenti di tipo industriale, perché, chiude il manager di Ceresio Investors: “Il tema è che in Italia ci sono molte aziende di nicchia e l’idea di creare un portfolio con società da 10 milioni ha un senso: anche se potrebbe essere complicato metterle assieme”.