La Cina pesa sui conti di Starbucks che archivia il primo trimestre dell’anno con vendite nette consolidate per 8,7 miliardi di dollari (circa 8 miliardi di euro), in aumento dell’8% ma comunque al di sotto delle stime degli analisti di 8,79 miliardi. Nel periodo, le vendite nette nel mercato nord americano sono cresciute del 14% a 6,6 miliardi di dollari, mentre a livello internazionale si è registrata una diminuzione del 10% a 1,7 miliardi, principalmente causata da un cambio sfavorevole e da una flessione delle vendite comparabili.
Infatti, se a livello globale le vendite comparabili sono aumentate del 5% (gli analisti attendevano un +6,7%), a livello internazionale, escludendo il mercato Usa, si è subita una contrazione del 13% principalmente a causa del mercato cinese che, per via della pandemia ancora imperante, ha registrato una flessione del 29 % a 621 milioni di dollari, ovvero un calo quattro volte superiore rispetto alle attese.
“All’inizio di dicembre – ha affermato l’interim CEO Howard Schultz durante la conference call con gli analisti – le infezioni di Covid sono aumentate causando una gravissima interruzione delle attività retail”. Nel periodo, infatti, sono stati chiusi addirittura 1.800 negozi nel Paese.
E l’ondata negativa proseguirà anche nel secondo trimestre, mentre ci si aspetta una ripresa nella seconda parte dell’anno. “Prevediamo che il mercato vedrà un significativo rimbalzo delle vendite una volta che la ripresa sarà in pieno svolgimento”, ha affermato la CFO Rachel Ruggeri. “Fino ad allora continueremo a rimanere concentrati sulle opportunità di crescita a lungo termine che la Cina ha da offrire”.
Nonostante i risultati trimestrali non completamente soddisfacenti, che hanno portato il titolo dell’azienda a lasciare sul terreno oltre il 4% del valore nella giornata del 3 febbraio scorso, Starbucks ha mantenuto inalterata la guidance per l’anno che vede vendite comparabili in crescita nella forchetta tra il 7-9% e vendite nette in aumento tra il 10-12 per cento.