Il mercato mondiale del vino, nel 2022, ha registrato un calo generalizzato delle importazioni, in termini di volumi, a fronte di una crescita dei valori. Secondo quanto emerso dal Forum Wine Monitor di Nomisma, nel periodo da gennaio a novembre dello scorso anno la Gran Bretagna ha registrato una crescita del 28,4% delle importazioni di vino a valore, gli Stati Uniti del 18,1%, il Giappone del 22,5%, la Corea del Sud del 19,2 per cento. Ha sorpreso invece la Germania che è passata in territorio negativo, sia a valore sia a volume, mentre la Cina non esce dal tunnel e continua a mostrare una variazione in calo che persiste dal dal 2018.
L’Italia, secondo le stime, ha chiuso il 2022 con un nuovo record dell’export che ha toccato gli 8 miliardi di euro con una progressione del 12% rispetto al 2021. L’andamento del vino italiano nei mercati principali si conferma in linea con quello mondiale: negli Stati Uniti la crescita è stata del 16,2%, nel Regno Unito del 32,7%, in Canada del 21,7%, in Giappone del 25,3% e in Corea del Sud del 9,6%, mentre in Germania e in Cina il vino italiano segna un calo, rispettivamente, del 11,9% e del 7,2%.
Se ci soffermiamo sui soli spumanti italiani, le crescite sono molto rilevanti: +25,4% in Usa, +78,9% nel Regno Unito, +25,4% in Giappone, +19,6% in Svizzera, +31,3% in Canada e +37,3% in Corea del Sud.
Conflitto e Covid
Sulle importazioni di vino in Russia e Ucraina si fanno ovviamente sentire gli effetti del conflitto. Il mercato russo valeva quasi un miliardo di euro, quello ucraino 133 milioni di euro (con una crescita molto forte che era raddoppiata nel giro di cinque anni) e l’Italia era il primo fornitore in entrambi i Paesi con una quota del 30 per cento. Nel periodo, la Russia ha continuato a importare, in particolare dalla Spagna e dalla Georgia, mentre l’Italia limita al 2,8% il calo.
In termini di tipologie, in Russia il Prosecco cresce del +9,1%, i rossi del Veneto guadagnano il 30,9% mentre i bianchi di Sicilia segnano un + 7,7% che crescono a doppia cifra (+39,6%) in Ucraina. A perdere terreno l’Asti Spumanti (-12,7%), i bianchi del Veneto (-11,8%), i rossi di Toscana (-38,1%) e i rossi di Sicilia che perdono il 23,1%, per un calo complessivo dei vini Dop del -5,1%, al netto delle triangolazioni, perché la Russia è storicamente un mercato che importa vino da tanti altri mercati secondari, aspetto ancora più importante da quando è stata isolata dalla maggior parte dei Paesi occidentali.
In Cina la situazione mostra un calo delle importazioni a 1,24 miliardi di euro (erano 2,2 miliardi nel 2017) legate non solo ai problemi demografici ma soprattutto alla politica di tolleranza zero Covid. Il calo delle importazioni ha colpito tutti i Paesi ma soprattutto l’Australia per le politiche legate ai dazi imposti da Pechino. Per l’Italia il calo a valore è stato del 7,2%, mentre in decisa controtendenza gli Stati Uniti (+43,2%) e il Cile (+12,2%).
Il mercato domestico
Dall’analisi emerge che sul mercato interno il calo della Gdo, ma i valori e i volumi rimangono superiori al 2019: fermi e frizzanti, nel 2022, hanno toccato i 2,2 miliardi di euro, gli spumanti 707 milioni di euro. Il calo, sul 2021, è dell’1,8%, con fermi e frizzanti che segnano -2,2%, i vini Dop -3,7%, gli Igp -1,1%, gli spumanti -0,4%, gli Charmat dolci -3,3% e i metodo classico -4,9%, mentre crescono gli Charmat secchi (+4,2%), non solo grazie al Prosecco, ma anche gli spumanti generici di basso costo venduti nelle catene discount. Segno negativo anche per l’e-commerce (-23,8% per fermi e frizzanti e -1,2% per gli spumanti) e i vini Bio (-4,7% per fermi e frizzanti e +15,2% per gli spumanti).
Si torna ad apprezzare il vino fuori casa e il canale Horeca, nel periodo gennaio-settembre 2022, ha registrato una crescita significativa del fatturato. La Germania registra +60,6%, la Francia +57,9%, i Paesi Bassi +50,9%, l’Italia +46,6% e la Spagna +39 per cento. Alla performance ha contribuito il ritorno dei turisti che in Italia tra gennaio e settembre 2022 (dati Eurostat) sono stati pari a 89,1 milioni, un dato ancora lontano dai 108 milioni complessivi del 2019.
L’outlook
Guardando al 2023, appena iniziato, le incertezze sono sempre quelle legate agli aspetti macroeconomici e se le stime di crescita per l’economia italiana parlano di una sostanziale stabilità (+0,3-0,4%) ma non di una recessione, a preoccupare è ancora il prezzo dell’energia, così come il potere d’acquisto dei consumatori, da cui dipende anche la tenuta del mercato del vino. Il carrello della spesa, infatti, sta già pagando le conseguenze dell’aumento dei prezzi, con gli italiani che, per contrastare il caro vita, decidono di fare meno acquisti di prodotti non indispensabili (46%), ridurre gli acquisti in valore senza rinunciare alla qualità (22%), ridurre gli acquisti in quantità (9%), ridurre gli acquisti sia in valore che in quantità (7%), lasciare invariato il carrello della spesa (16%). Tra i prodotti a “rischio taglio”, il vino è al sesto posto, dietro a snack, bevande gassate, carni rosse, pesce e salumi.
Infine se per i mercati storici del vino italiano è prevista una crescita del Pil piuttosto lenta a crescere maggiormente sarà l’area del Sudest asiatico dove però la presenza del vino italiano è ancora limitata.