Dopo il vero e proprio tsunami del 2020, seguito da numeri altrettanto altisonanti l’anno successivo, nel 2022 è arrivato un ridimensionamento che però va valutato più che positivamente. È quanto emerge dall’andamento delle vendite del settore food & grocery online dopo la recente fotografia scattata dall’Osservatorio Digital Netcomm Fmcg in collaborazione con NielsenIQ nel suo consueto punto della situazione.
Quota di mercato ancora lontana rispetto a Francia e Uk
“L’e-commerce è caduto crescendo nel 2022”, ha commentato Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, presentando gli ultimi dati che certificano una crescita di questo canale del 9% nel 2022 (Ytd agosto 2022), con una quota di mercato del 2,3% nel comparto della Gdo, che sale al 3,5% se vengono presi in considerazione anche i cosiddetti pure player online (ma escludendo gli operatori del food delivery). Un dato, quest’ultimo, che ci posiziona al terzo posto in Europa, ma a distanza siderale dai primi due paesi in cima a questa classifica, vale a dire la Francia, dove la quota di mercato dell’online nel food & grocery è dell’11,4%, e il Regno Unito dove si arriva al 12,2 per cento.
Il Sud cresce più del Nord, +30,2 per cento. “È vero che partiva da valori inferiori – ha continuato Liscia – ma c’è un altro aspetto da considerare: non c’è più diversità tra gli acquirenti online. Il digitale ormai è distribuito nei comportamenti di tutti gli italiani e questo significa che il problema ora diventa l’offerta”.
Innovazione centrale online
E a proposito di offerta digitale, osservando il paniere dei prodotti in vendita, è interessante evidenziare l’andamento in linea con la media dei prodotti della drogheria alimentare (+8,8%), la decrescita del beverage (-4,7%) – il ritorno alla normalità ha riportato i consumi di questa categoria nuovamente fuori casa –, ma soprattutto l’impennata del personal care (+24,6%) e del pet care (+24,3%) per merito dell’entrata in campo di nuovi giocatori che hanno evidentemente aumentato l’offerta.
Un altro dato da osservare attentamente per chi si cimenta nel comparto online è il ruolo dell’innovazione: il 10% del valore consumato e venduto è legato per il 6% a chi introduce nuovi prodotti o nuovi formati e packaging.
L’inflazione c’è anche online, ma non ovunque
L’inflazione è ben visibile anche online, anche se in modo non uniforme e anche molto differente a seconda delle diverse categorie merceologiche: così se nel primo semestre del 2022 i prezzi sono saliti per generi di prima necessità come latte (+7,2%) e pasta (+6,8%), sono invece scesi se prendiamo in analisi pet food (-4,1%) e profumeria (-13,6 per cento).
In generale, i prezzi online sono più cari di quelli offline del 5,8 per cento. Un aspetto, quest’ultimo, che sempre secondo il presidente di Netcomm è una delle cause che non permette una crescita del food nel mondo digitale come avvenuto in altri paesi, Francia e Regno Unito in primis. E d’altronde le politiche di prezzo delle insegne online, rispetto alla loro presenza fisica, secondo un’analisi effettuata in collaborazione con QBerg, mostrano in alcuni casi differenze notevoli tra loro, segno che non esiste ancora un unico modello, anche perché in Italia, da piazza a piazza, cambia notevolmente anche il potere di acquisto.
Quali sfide per il futuro?
Le sfide per il futuro sono ancora tante e declinate su più temi: bisognerebbe utilizzare meglio i dati a disposizione per creare prezzi coerenti con il mercato di riferimento e allo stesso tempo avere anche una capacità di merchandising digitale migliore. L’esperienza di acquisto digitale va umanizzata ancora di più, magari sperimentando il metaverso, come sta facendo Walmart (vedi foto in apertura).
C’è poi il tema della logistica, ovviamente centrale, dove servono ulteriori investimenti così come sui modelli di delivery, soprattutto per abbassare i prezzi. C’è infine il nodo della sostenibilità che, come tutti ormai sanno, non solo è attuale ma anche non secondario nelle dinamiche di acquisto online. Amazon, giusto per citare un attore non proprio di secondo piano, sta iniziando a segnalare i prodotti con l’etichetta “Climate Pledge Friendly”, quindi usa come simbolo una clessidra alata che significa che hanno ottenuto una delle diciannove certificazioni che garantiscono l’impatto ambientale ridotto. E solitamente, quando si muove il colosso di Seattle, è segno che qualcosa sta succedendo, o succederà, a breve.