Minore quantità a fronte di presenze qualitativamente più rilevanti. è questo uno degli elementi che hanno contraddistinto l’ultima tornata delle principali fiere del food&beverage, unitamente a una spiccata presenza (ed esigenza) di estero. una serie di elementi che, insieme al digitale, si propongono di creare una nuova ‘normalità’ per il settore.
È l’anno del ritorno per le fiere del food&beverage. Dopo le cancellazioni, gli intoppi, i rinvii, le edizioni ‘speciali’ che hanno caratterizzato gli ultimi due anni, il mondo fieristico torna indossando il suo abito migliore, così da accogliere al meglio delle proprie capacità espositori e buyer, italiani e stranieri. Due anni di stop non solo hanno dato una lucidata alla voglia di convivialità, ma hanno anche permesso di aggiustare il tiro, più o meno volontariamente, a molteplici aspetti, dalla qualità delle presenze alla necessità di un approccio ibrido. Ed ecco, quindi, che la normalità è tornata a essere ‘normale’, seppur condita di nuovi elementi, destinati, almeno allo stato attuale, a perdurare anche nel futuro.
MENO QUANTITÀ, PIÙ QUALITÀ
La riduzione di visitatori a favore di una qualità dei presenti ben più elevata è sicuramente l’elemento che più a caratterizzato gli ultimi mesi di fiere. Quest’anno “abbiamo eliminato il pubblico B2c, che dava numero ma non valore aggiunto, mentre gli operatori presenti erano altamente qualificati”, spiega Riccardo Caravita, brand manager di Cibus, la kermesse dedicata al food made in Italy organizzata da Fiere di Parma e Federalimentare. La pandemia, infatti, “ha selezionato e scremato il mercato e in alcuni casi lo ha anche pulito”.
Allo stesso modo Sigep – The Dolce World Expo, che riunisce le filiere del gelato, pasticceria e cioccolato artigianali, bakery e caffè, ha messo a segno lo scorso marzo un -25% di presenze sull’ultima edizione pre-pandemia “che fu tra l’altro di straordinario successo”, come recita la stessa fiera. Ma se la quantità si è comprensibilmente ridotta, considerata la persistente situazione di incertezza globale, di contro questa 43esima edizione si è distinta per “una visitazione valutata dagli addetti ai lavori come altamente profilata e business”.
Un’evidenza che è stata palese anche alla 54° edizione di Vinitaly, tornata in presenza dopo due anni di stop forzato (fatta eccezione per Vinitaly Special Edition che si è tenuta lo scorso ottobre con un numero ristretto di partecipanti). Sebbene l’affluenza, pari a 88mila operatori di cui 25mila stranieri, sia stata minore rispetto agli anni precedenti, (si parla di 125mila ingressi nel 2019, di cui il 26% dall’estero), la fiera ha messo a segno un “record storico di incidenza di buyer stranieri in rapporto al totale ingressi”, considerata anche la forte contrazione, legata alle limitazioni pandemiche agli spostamenti internazionali, degli arrivi da Cina e Giappone, oltre ovviamente ai buyer russi. “Un risultato – spiega Giovanni Mantovani, direttore generale Veronafiere – giudicato positivamente dalle aziende che hanno confermato l’alta profilazione della campagna di incoming realizzata per il ritorno di Vinitaly dopo l’ultima edizione del 2019 che, di fatto, ha segnato l’avvio del nuovo piano di azione del Salone internazionale dei vini e distillati. Ossia dei wine lover in città nel palcoscenico di Vinitaly and the City e gli operatori professionali in fiera”. L’edizione 2022 ha quindi “risposto in maniera puntuale a rinnovate logiche di mercato che hanno premiato la funzione di promozione e di sviluppo commerciale di Vinitaly. Un obiettivo che continueremo a perseguire anche in futuro per consolidare ancora di più il brand fieristico che rappresenta il vino italiano – e non solo – nel mondo”.
TRA ESTERO E INTERNAZIONALIZZAZIONE
Come evidenziato da Mantovani, nonostante il persistere delle criticità globali che tra pandemia e guerra hanno impedito una piena ripresa della mobilità, l’estero ha giocato un ruolo chiave agli ultimi eventi fieristici. Una conferma arrivata anche da Prowein, da sempre orientata ai mercati internazionali. “Il suo elemento distintivo – spiega infatti Bastian Mingers, project director della manifestazione di Düsseldorf – è la copertura internazionale a livello di domanda e offerta”. E questa matrice è stata evidente nel corso dell’ultima edizione sia a livello di espositori (5.700 provenienti da 62 Paesi) sia di visitatori, in quanto dei 38mila totali (erano stati oltre 61,5mila nel 2019) provenienti da 145 Paesi, i 2/3 erano stranieri, e tutti rigorosamente trade. “Prowein è sempre stata e rimarrà sempre una fiera esclusivamente B2b, aperta solo ai professionisti. Ciò che certamente continuerà a crescere, sarà la percentuale di visitatori trade internazionali, in particolare provenienti da Paesi d’oltremare come l’Asia, l’Africa e l’America”.
Ma non solo incoming. Come insegnano Prowein e Vinitaly che già contano delle declinazioni internazionali, anche Sigep quest’anno ha annunciato il suo debutto estero. Dopo il memorandum d’intesa firmato tra Koelnmesse (società attiva a livello internazionale nell’organizzazione di fiere dedicate al settore food & beverage, tra cui Anuga) e Ieg – Italian Exhibition Group (che promuove Sigep), è stato annunciato Sigep China, la cui prima edizione sarà in calendario dal 19 al 21 aprile 2023 nella città di Shenzhen, al World Exhibition & Convention Center. Sigep China sarà posizionata con Anufood China, organizzata da Anuga, evento food leader di Koelnmesse nel sud della Cina. “L’accordo prevede di portare Sigep in giro per il mondo – spiega Flavia Morelli, group exhibition manager food&beverage di Ieg – e la prima tappa è Sigep China, sotto il cui brand riuniremo tutto il meglio della filiera del dolce artigianale”.
FORMATO IBRIDO
E se si tratta di andare oltre i propri confini, nulla come il digitale lo rende possibile. “Credo che il nuovo concept sia ormai ibrido – afferma Caravita di Cibus – in quanto ci siamo resi conto che la presenza fisica nelle fiere è imprescindibile, soprattutto quando si parla di cibo, perché questo va anche assaggiato”. Al fisico va aggiunto però il digitale, che semplifica i processi e amplifica la gettata della manifestazione. Per esempio, “noi abbiamo trasmesso in streaming i nostri convegni in presenza – prosegue Caravita – così che anche chi non era presente in fiera potesse seguirli; mentre con il Cibus Lab live sul nostro canale Linkedin trasmettevamo approfondimenti, interviste, racconti e webinar in diretta dalla fiera”. Inoltre, “grazie a My Business Cibus, i buyer, presenti in fiera e non, possono entrare in contatto con le aziende prima, durante e dopo la manifestazione”.
Dello stesso avviso è Mantovani di Vinitaly, per il quale “la digitalizzazione di strumenti e servizi a favore delle aziende del made in Italy è un percorso che continuerà ad evolvere e a implementarsi”. Nell’ambito fieristico, quindi anche di Vinitaly, “abbiamo registrato che la presenza fisica è un fattore imprescindibile e insostituibile anche in sede di business. Il digitale non può svuotare la ricchezza delle fiere che fondano il proprio successo proprio nelle relazioni in presenza”. In questo contesto, “se durante la chiusura fieristica Vinitaly Plus, la nostra piattaforma business multilingue, è stata il punto di incontro virtuale tra le cantine tricolori e gli operatori internazionali, ora, con il ritorno in presenza, rappresenta un importante supporto operativo in sede di manifestazione che mantiene però interazioni e informazioni tutto l’anno, integrando e potenziando così la ‘fisicità’ di Vinitaly con le attività di formazione promosse dall’Academy e di sviluppo della cultura del vino”.