Zonin1821 ha da poco spento duecento candeline e si appresta a cavalcare nuovi obiettivi come quello di rafforzare la presenza nei mercati internazionali di Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito e Germania. Lo fa, come spiega a Pambianco Wine&Food l’amministratore delegato Pietro Mattioni, a partire da un fatturato di 198,5 milioni di euro nel 2021, in crescita dell’8% sul 2020, e un export che si conferma pari all’85 per cento.
“Duecento anni sono un bel traguardo, di cui essere fieri, ma in questa occasione guardiamo più al futuro che al passato”, afferma l’AD, affiancato dalla settima generazione della famiglia Zonin. “Nel 2022 siamo partiti bene, in crescita leggera rispetto al 2021, ma ogni tre mesi stiamo rivedendo il bilancio previsionale. Avevamo infatti degli obiettivi molto ambiziosi, li abbiamo ancora, ma si stanno scontrando con una propensione al consumo che peggiora a vista d’occhio, una minore capacità di spesa del consumatore medio e una fortissima tensione sulla logistica e sugli incrementi di prezzo delle materie prime. In questo scenario spicca tuttavia l’America, dove siamo fortemente esposti e da cui riceviamo una ventata di ottimismo”.
Gli Stati Uniti sono, insieme a Inghilterra, Germania e Italia, i mercati chiave del gruppo veneto, presente in 140 Paesi nel mondo grazie al supporto di oltre 500 collaboratori che operano nel mercato domestico e in quattro filiali negli Stati Uniti, Regno Unito, Cina e Svezia. “Tutto il resto – commenta Mattioni – è un on top che ci aiuta nel nostro percorso di crescita. Siamo molto forti in Australia, stiamo crescendo molto bene in tutta l’area asiatica. Pur essendo piccolo, è comunque importante il presidio che abbiamo in Africa, come è importante l’area dei Nordics (Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca)”.
Quanto ai canali, prosegue l’AD, “punteremo con grande forza nella crescita nell’horeca avendo sette tenute e quasi 250 milioni di asset investiti in aziende agricole. Vogliamo dare, nel nostro bilancio, il valore corretto a questi investimenti che probabilmente in passato sono stati un po’ trascurati per effetto della ‘droga’ che il Prosecco ha dato a tutti noi facendoci sognare facili guadagni e volumetrie importanti”. Attualmente, “le tenute pesano circa per un 34% del nostro fatturato totale, dovremmo riuscire a portare i volumi dell’horeca ad avere un bilanciamento, quasi 50-50, con il mercato off-trade”.
Complice un processo di acquisizioni avviato negli anni ’70, intorno al nucleo originario con sede a Gambellara, in Veneto, si sono infatti affiancate sette diverse proprietà. L’azienda, con una produzione che si disloca su una superficie di oltre 4.000 ettari, distribuisce non solo i vini fermi e gli spumanti a marchio Zonin, ma anche i vini delle tenute italiane di famiglia: Ca’ Bolani in Friuli, Castello del Poggio in Piemonte, Tenuta Il Bosco (Oltrenero) in Lombardia, Rocca di Montemassi e Castello di Albola in Toscana, Masseria Altemura in Puglia e Principi di Butera in Sicilia. A questi brand, si uniscono i vini prodotti a Barboursville, in Virginia negli Stati Uniti e i vini cileni a marchio Dos Almas.
In Italia, “stiamo sdoganando la barriera dei 5 euro a bottiglia e la willingness to pay dei nostri consumatori italiani sta aumentando”. È in corso, inoltre, “un investimento molto importante con Tenuta Ca’ Vescovo che per la prima volta nella sua storia affronta una campagna di comunicazione che durerà tutto l’anno. È il brand con il market share più alto tra i vini in bottiglia in Italia nel canale moderno e sul quale noi puntiamo con un ottimo rapporto qualità-prezzo per dare al consumatore un valore molto alto a un prezzo equo e che possa diventare un vino da quasi tutti i giorni”, conclude Mattioni.