Sono diverse le caratteristiche che rendono un format di successo e quindi appetibile per gli investitori. ad oggi aggregarsi è diventato imprescindibile sia per crescere, tanto in italia quanto all’estero, sia per attrarre personale di qualità.
Scalabilità, delivery, replicabilità. Sono diversi gli elementi che rendono un format ‘di successo’ ergo appetibile alle tasche degli investitori. Il fenomeno non è certo nuovo, ma la scure della pandemia ha accentuato il divario tra i più forti e i più fragili, spingendo i primi a crescere e i secondi a soccombere. In questo panorama, le catene con ‘le carte in regola’ sono state in grado di prosperare, attraendo, persino in uno dei periodi della storia più complessi per la ristorazione, capitali per espandersi. “Il food retail italiano non si è mai caratterizzato per i format a catena, se non qualche raro caso”, spiega a Pambianco Wine&Food Alberto Gennarini, managing partner di Vitale. “Poi, complici alcuni imprenditori più bravi, questo fenomeno ha iniziato a diffondersi e ad attrarre investitori sia finanziari che istituzionali”. Questa capacità di attrazione dipende però da diversi elementi. In primis, spiega Gennarini, “è necessario che il modello sia scalabile e che funzioni su geografie urbane diverse e quindi anche in altre città rispetto a quella di nascita che spesso, tra l’altro, è Milano, che viene vista come punto di partenza per via della sua identità”. Questo è il caso, per esempio, di “Temakinho (comprata nel 2018 da Cigierre che a portafoglio conta anche Old Wild West, ndr) nata a Milano dove ha fin da subito avuto un fortissimo successo che è stato poi replicato in altre città”.
Un altro elemento chiave è il delivery che si pone come un fattore determinante per qualsiasi catena. “Chi riesce a generare un fatturato importante con il delivery – afferma Gennarini – è un player che riesce a diversificare il proprio modello. Ci sono realtà in cui questo è più facile in quanto il cibo realizzato si presta particolarmente, come la stessa Temakinho o, per esempio, Poke House, Pizzium, Burgez”. Proprio Pizzium, lo scorso settembre, ha visto l’ingresso di Equinox che ne ha acquisito il 40% del capitale, mentre Burgez ha dato mandato alla stessa Vitale per trovare un partner azionario. Tra gli altri casi di successo ci sono poi La Piadineria che, con l’ingresso prima di Idea Taste of Italy e poi di Permira (nel 2017), ha portato avanti la crescita anche in tempo di pandemia.

Inoltre, “si sta notando anche una tendenza a ridurre lo spazio dei punti vendita, e renderli più funzionali, così da limitare il capex ed evitare investimenti troppo significativi”.
In generale, conclude Gennarini, “a prescindere dalle modalità, aggregarsi è essenziale per aprire nuovi punti vendita e attrarre personale di qualità”.
POKE MANIA
Se i format replicabili e che si prestano a delivery sono quelli che più fanno gola agli investitori, allora c’è poco da stupirsi che il poke sia costantemente nel loro mirino.

Tra le case history di rilievo c’è Poke House, nata a fine 2018 dall’idea di Matteo Pichi e Vittoria Zanetti. Dopo aver chiuso il 2021 con un fatturato superiore ai 40 milioni di euro, il brand punta ad arrivare a quota 170 locali, tra Europa e Stati Uniti, e ricavi oltre i 100 milioni nel 2022. Un’ascesa resa possibile anche grazie ai due round incassati nel giro di due anni: quello nel 2021 da 20 milioni di euro guidato da Eulero Capital, con il sostegno di Fg2 Capital e il reinvestimento di Milano Investment Partners (Mip) e quello da 5 milioni di euro chiuso nel giugno del 2020 e guidato proprio da Mip che, insieme ad altri investitori, aveva acquisito il 25% della società. In questi anni Poke House si è espansa mettendo a segno diverse operazioni: ha investito in Sweetfin, brand californiano specializzato in bowl plant-based; è entrata nel capitale dell’olandese Poké Perfect; ha acquisito il 100% dell’inglese Ahi Poke e dell’omonima Poke House portoghese, con sede a Lisbona. Nelle scorse settimane, la holding Innovative – Rfk Spa, quotata alla Borsa EuroNext di Parigi, è invece entrata per una quota pari al 10%, e una call per un ulteriore 8% da esercitarsi entro il 2023, nel capitale sociale della startup Zuclem, titolare del marchio PokeScuse. L’operazione è funzionale alla ulteriore espansione dei poke bar della catena, già presente con oltre 30 punti vendita sul territorio nazionale.
Si aggiunge poi il caso di I Love Poke, nata a Milano nel 2017 da un’idea di Rana Edwards e Michael Nazir Lewis, che ha aperto per la prima volta il proprio capitale lo scorso anno facendo entrare nell’asset societario Francesco Manzi. Nel 2021 il marchio ha registrato un giro d’affari di 40 milioni di euro, in aumento rispetto ai 10 milioni del 2020, con un margine ebitda stimato superiore al 20%, e punta al raddoppio nel 2022 grazie all’apertura di nuovi store sia in Italia sia all’estero per un totale di ulteriori cento punti vendita che si aggiungono ai cento attuali.

BASKET COMPANY
Tra i casi di aggregazione più esemplificativi c’è quello del gruppo Gesa, realtà proprietaria di Cioccolatitaliani, Bun Burgers, Pizzeria Italiana Espressa e Fra Diavolo. Nel 2019 il gruppo ha visto l’ingresso del fondo Mir Capital tramite l’acquisizione di una quota minoritaria realizzata attraverso un aumento di capitale. L’operazione si è conclusa dopo una lunga ricerca di partnership avviata dalla famiglia Ferrieri con l’obiettivo di sostenere la crescita internazionale del gruppo e di creare, a tendere, una basket company ovvero un modello che mette a disposizione dei singoli brand finanza, struttura e know-how lasciandoli però totalmente indipendenti nella loro visione imprenditoriale e strategica. Dopo l’acquisizione della catena di hamburgherie Bun Burgers, avvenuta a luglio del 2021, Gesa ha concluso l’anno entrando nel capitale di Fra Diavolo, scelta per “qualità del prodotto, capacità di management e ingegnerizzazione dei processi”, come spiegato dal gruppo. L’obiettivo è raddoppiarne il numero di punti vendita già nel 2022 e di aprire la strada verso una crescita strutturata e uno sviluppo internazionale del format. Allo stesso modo, per Bun l’idea è quella di portare a termine una copertura nazionale il prima possibile, per poi esportare il format all’estero.
