Il vino ancora è poco rappresentato sul listino italiano, ma le performance delle due aziende nazionali sono state tra le migliori nel campione analizzato da Pambianco. A livello globale, la crescita media è stata superiore al 20 per cento.
Sebbene quando si parla di Borsa e di aziende quotate il mondo del vino rappresenti quasi una Cenerentola rispetto ad altri segmenti di mercato, a partire ad esempio da quelli del design o dalla moda, che non a caso ben identificano il made in Italy nel mondo, l’andamento dei principali titoli di questo comparto nel 2021 dona una fotografia non certo statica e certamente da seguire con grande attenzione nel 2022. “L’apertura del capitale sarà sempre di più un tema sul tavolo dei principali operatori del mondo del vino”, spiega Alessio Candi, responsabile delle divisioni Consulting ed M&A in Pambianco. “Lo si percepisce già solo osservando come sta andando il tema dell’M&A, con la nascita di nuovi poli aggregatori molto importanti”.
M&A protagoniste nel 2021 in Italia
E, in effetti, a scorrere l’elenco delle principali operazioni di mergers and acquisitions del solo 2021, il comparto vinicolo italiano appare certamente in fermento: a marzo dello scorso anno un celebre e blasonato brand toscano come Antinori ha acquisito la maggioranza di un altro nome che ha fatto la storia del vino italiano come la friulana Jermann; qualche mese dopo Tannico, il più importante player dell’universo e-commerce del vino tricolore ha annunciato l’acquisizione di una quota di maggioranza di Venteàlapropriété, società attiva sul mercato francese nella vendita di vini e spirits premium. Ci sono poi le operazioni effettuate dal fondo Clessidra che nel giro di pochi mesi, prima, ha finalizzato l’acquisizione di una quota di maggioranza di Botter Spa, azienda veneziana fortemente concentrata sull’export, e, poi, anche di Mondodelvino, gruppo vinicolo di primo piano con stabilimenti produttivi in più regioni e guidato dalla famiglia Martini.
Infine, non si può non citare il vero e proprio colpo di mercato messo a segno da Italian Wine Brands che a fine giugno ha sottoscritto un accordo per acquisire Enoitalia, colosso del mondo del Prosecco da oltre 100 milioni di bottiglie l’anno, facendo così nascere il primo gruppo vitivinicolo privato italiano con un fatturato aggregato di oltre 405 milioni di euro. Ma il gruppo, presieduto da Alessandro Mutinelli, ha chiuso l’anno con l’annuncio di un altro accordo di acquisizione, questa volta al di là dell’Atlantico, quello relativo all’85% del capitale sociale di Enovation Brands, società di importazione di vini italiani sul territorio nord americano con base a Miami.
“Di fatto tra il 2020 e il 2021 nel mondo del vino ci sono state più operazioni di M&A che nei 10 anni precedenti”, sottolinea ancora Candi. Ma queste operazioni possono essere considerate quasi un prologo a un futuro sbarco più massiccio in Borsa? “Per ora il mondo del vino è ancora restio a entrare in Borsa perché ci sono ancora molti player famigliari, ma il processo è comunque irreversibile”.
Ottime performance per IWB e Masi
Le uniche aziende italiane quotate alla Borsa di Milano, e precisamente sull’Aim, il listino dedicato alle Pmi, sono come è noto Iwb e Masi Agricola, sbarcate qui nel 2015. Per entrambe, il 2021 si è chiuso con un sostanzioso rialzo dei loro titoli, segno che il mercato ha premiato le operazioni delle due compagini italiane, ma anche, come evidenzia ancora Candi, che “c’è tantissima liquidità, fattore che spinge tutte le quotazioni”.
Il titolo di Iwb è passato da 20,97 euro ad azione di gennaio a 41,50 di fine dicembre, con un rialzo di oltre il 97% e una capitalizzazione di 363 milioni di euro. Un titolo, quello di Italian Wine Brand, che aveva cavalcato il periodo più duro della pandemia, vale a dire quello della prima metà del 2020, con performance comunque sempre con segno positivo, seppur non così elevate.
Anche Masi Agricola ha visto il 2021 chiudersi con un rialzo pari al 56%, passando da 2,44 euro ad azione di gennaio a 3,81 di fine dicembre, con una capitalizzazione di 129 milioni di euro. Un rimbalzo certamente positivo quello di questa storica realtà veneta con tenute anche in Toscana e Argentina, soprattutto se confrontato con le vere e proprie montagne russe vissute invece durante la prima metà del 2020, quando il titolo a maggio di quell’anno era arrivato a perdere quasi il 26% a 2,30 ad azione. Positivi i risultati economici dei primi nove mesi del 2021, nei quali i ricavi sono stati pari a 45,5 milioni di euro, in crescita del 27,7% rispetto allo stesso periodo del 2020.
Si brinda in Australia e Champagne
Lasciando l’Italia e volgendo lo sguardo al resto d’Europa e del Mondo, dove troviamo la maggior parte delle aziende del vino quotate in Borsa, l’analisi di Pambianco si è concentrata in particolare su quelle realtà che sviluppano il proprio business principalmente nel mondo del vino. Va detto che un colosso come Constellation Brands (proprietario, tra i tanti marchi, anche di Ruffino in Italia), come emerge dagli ultimi dati trimestrali, ormai sviluppa ‘solo’ il 22% delle vendite in questo settore, avendo ceduto 30 marchi a Gallo nel 2019. Il suo titolo, quotato alla Borsa di New York, ha chiuso il 2021 a 250,97 dollari, con una crescita del 17,4 per cento.
Dalla Francia notizie tutte positive per tre leader quotati in Borsa a Parigi del mondo dello Champagne, comparto che dopo il crollo nel 2020 (-18%) ha invece archiviato un 2021 in grandissima crescita: Laurent Perrier ha chiuso al 31 dicembre a 103,50 euro ad azione (+34%), Lanson-Bcc a 28,30 (+33%) e Vranken Pommery a 18,00 (+22,4%). Rimanendo Oltralpe, negativa, invece, la chiusura di Advini, big con più di 2000 ettari di vigneti e una presenza anche in Sudafrica e in Cile: il titolo dopo aver toccato un picco di 23 euro per azione all’inizio dello scorso anno, ha chiuso alla fine 2021 a 19,10 (-10,7%).
In territorio negativo troviamo anche Andrew Peller, uno dei principali produttori di vino in Canada: il suo titolo ha chiuso il 2021 in perdita del 21,4% a 31,86 ad azione e, come la stessa azienda ha dichiarato a commento dei dati di bilancio (vendite in calo del 5% nel secondo trimestre), gli effetti delle chiusure del mondo horeca a causa del Covid-19 hanno avuto un impatto importante sui risultati finanziari anche lo scorso anno.
Infine, spicca la rinascita del titolo di un big del vino mondiale come l’australiana Treasury Wine Estates, con proprietà praticamente in tutti i continenti, compresa l’Italia con marchi come Cavaliere d’Oro e Stellina di Notte. Dopo un 2020 da dimenticare, con il titolo crollato del 38% a 9.50 dollari australiani ad azione, soprattutto a causa della crisi politica tra Cina e Australia con l’imposizione di importanti dazi sull’export verso il Paese asiatico, nel 2021 ecco la rinascita e la risalita a 12,38 facendo segnare una crescita del 35 per cento. Tra i fattori che il mercato ha premiato, i dati di fine anno fiscale a giugno, deficitari sul fronte delle vendite, ma positivi sul fronte dell’utile operativo e l’annuncio a novembre dell’acquisizione di Frank Family Vineyards nella Napa Valley in California per 432 milioni di dollari.