Da commodity a prodotto “firmato”, che diventa garanzia di qualità e tracciabilità. È il percorso in atto per la materia prima ittica, garantita all’origine e trasformata da aziende leader nel proprio ambito. Un nuovo made in Italy, anche da esportazione
Al ristorante, sfogliando la carta dei vini, delle acque, degli oli, i clienti sono ormai abituati a leggere i nomi dei produttori, che diventano una garanzia di qualità: le uova di Parisi, il prosciutto d’Osvaldo, il formaggio di Beppino Occelli. E per il pesce? La tendenza inizia a estendersi anche a questo mondo, uscendo dal concetto di commodity per diventare brand. Così il comparto della ristorazione, che raramente ha reso giustizia e offerto il giusto tributo agli artigiani ittici, inizia a cambiare approccio verso una materia prima sempre più importante, coerentemente con una richiesta del consumatore finale sempre più attento alla qualità e sempre più orientato alla scelta del pesce in carta.
CURA NELLA PREPARAZIONE
“Oggi più che mai, sono convinto che i consumatori siano molto attenti alla scelta di un marchio, perché dietro ad esso c’è la storia di un’azienda o di un artigiano, che ha dato vita a un prodotto con caratteristiche uniche”, racconta Claudio Cerati, fondatore di Upstream di Lemignano (Parma) che affumica il salmone atlantico con legno di faggio dell’Appennino Parmense, una formula affinata dopo 15 anni di prove ed assaggi. “I consumatori che acquistano il nostro salmone hanno tutte le informazioni sulla provenienza, su come lo lavoriamo e lo affumichiamo. All’estero la necessità di avere un marchio riconoscibile e forte, che garantisca la qualità di un prodotto, è indispensabile: più è forte e serio il marchio, più certifica la bontà e la qualità del prodotto” incalza Cerati. Ed è quello che è successo da Shark, fish bar nel cuore di Prato, grazie a una sempre maggior richiesta di ‘salumi di pesce’ da parte della clientela. Così hanno creato la loro bottega del pesce: dalla bresaola di tonno, alla sopressata di polpo affumicata al castagno, al lonzino di spada, affumicato al legno di olivo, il roastfish, un roast-beef di tonno rosso e la salsiccia sapori che come consistenza ricorda la classica salsiccia di maiale ma invece è fatta interamente di pesce. L’idea è di Francesco Secci che, scegliendo solo pesce del Mediterraneo, affida le ricette create alle mani di Giulia Talenti, per creare la linea di Salumi di pesce toscani, format ideale anche per uno sviluppo di franchising. “Sicuramente ci inseriamo in un trend di gusto in espansione – racconta Secci – e le analisi di mercato ci mostrano come le persone avranno sempre più voglia di integrare la propria dieta con la proteina del pesce, andando a sostituire quella della carne. L’attenzione per la salute e per una sana alimentazione stanno diventando il vero driver nelle scelte di consumo. E come per i salumi di carne, a fare la differenza nei salumi di pesce, che si differenziano dai classici carpacci che hanno una breve shelf life, è la ricerca della materia prima, l’attenzione ai condimenti, come i sali di diversa provenienza, erbe aromatiche e l’affumicatura realizzata grazie al fumo di legno di olivo e melo, sposandosi con la proteina del pesce hanno dato vita a nuovi sapori”.
GRANDE MATERIA PRIMA
Le attenzioni verso la materia prima fanno la differenza anche in un prodotto considerato ‘povero’ e poi inserito nelle ricette del più grande chef del mondo. Parliamo delle cozze di Pellestrina. Da un’idea di Lorenzo Busetto, acquacoltore da oltre 20 anni, con oltre 10 ettari dedicati alla coltura della cozza, tradizione della famiglia, è nata Mitilla, una selezione di cozze (con tanto di marchio registrato) allevate in mare al largo di Pellestrina, isola perla della laguna veneta. “Negli ultimi anni, complice la crisi e l’invasione nel mercato italiano di prodotto estero a basso prezzo, privo di qualità e spesso senza controlli igienico sanitari adeguati, il consumatore ha iniziato a non scegliere più le cozze, sebbene presenti in tante ricette regionali, abbassando i consumi e obbligando anche i produttori italiani ad abbassare il prezzo”, ricorda Busetto. “Stanchi di queste problematiche e forti della qualità del nostro territorio, dalla solida tradizione, abbiamo deciso di entrare nel mercato della cozza innovando il sistema produttivo, selezionando il prodotto e garantendo tracciabilità e salubrità al consumatore”. Da qui il successo: a gennaio 2020, Forbes ha inserito Mitilla tra le 100 eccellenze del made in Italy, a febbraio il maestro pastaio Raimondo Mendolia dedica un tortello con il ripieno Mitilla dando vita ad una linea di prodotti a marchio e nel libro “Apriti Cozza” l’autore, Giuliano Ramazzina, ha raccontato il mondo della cozza, usando Mitilla come modello da imitare. Infine è arrivata la consacrazione di Massimo Bottura. Nell’ultimo appuntamento di Kitchen Quarantine su Instagram, lo chef dell’Osteria Francescana, che utilizza le Mitilla nelle sue cucine, ha eseguito una ricetta live preparando la cena in famiglia e decantando la qualità di queste cozze.
L’origine del pesce è sempre più al centro delle attenzioni del mercato e dei consumatori, e ad essere prediletta è la materia ittica italiana, per qualità, freschezza, spirito di patria e anche per la garanzia di maggiori controlli. E questo vale anche per il caviale. “I consumi di pesce sono stabilmente in crescita sia in Italia che all’estero: considerando che il pesce marino non soddisfa più del 30% del fabbisogno mondiale, l’acquacoltura sostenibile è un’importante alternativa”, racconta Carla Sora, direttore generale di Agroittica Lombarda, il più grande produttore italiano, da oltre quarant’anni, di caviale e di storione. “La sicurezza alimentare e il rispetto della filiera controllata sono plus a cui i consumatori stanno sempre più attenti. Scegliere di produrre in Italia, nonostante i costi decisamente superiori rispetto all’estero visto che competiamo principalmente con produttori polacchi e lituani, e investire in un marchio di pesce affumicato in Italia è stata la sfida che abbiamo raccolto prima di tutto dal mercato, che ci sta dimostrando sempre più apprezzamento per i nostri prodotti ed in particolare per i brand Fjord e Calvisius. I tassi di crescita sono confortanti e quindi crediamo che il trend ci darà ragione negli anni a venire”. Il mercato in Italia è meno maturo che all’estero e quindi i margini di incremento sono notevoli. Nel 2018 Agroittica Lombarda è cresciuta a doppia cifra, cercando di acquisire sempre più la leadership in Italia ma puntando anche al mercato francese, soprattutto con lo storione affumicato a bassa temperatura. Sempre di caviale italiano si parla con Royal Food, brand che nasce per distribuire nell’alta ristorazione il prodotto allevato a Calvisano nel bresciano: nei dieci ettari della tenuta Acipenser vengono allevati ben 250mila storioni di origine autoctona e del Mar Caspio. L’idea è di Carlo Dalla Rosa che fu tra i primi, negli anni Novanta, a trasformare un semplice allevamento di trote in un progetto pionieristico per l’epoca: poiché un tempo il fiume Po abbondava della specie beluga, poi estinto, perché non realizzare un caviale italiano, pari a quello iraniano? Oggi l’intero impianto (1 kg di lunghezza per 80 vasche) è qualificato e certificato a livello europeo per il ciclo completo e certificato con il marchio Friend of the Sea per lo svolgimento di un’attività sostenibile. “Bisogna dare qualità ai consumatori, in modo da giustificare una spesa superiore: cambiamo continuamente l’acqua nelle vasche, garantendo la totale assenza di spiacevoli retrogusti nel caviale come melma e alghe. Ed è naturalmente importante l’alimentazione degli storioni, partendo da un alimento vivo naturale (Artemia Salina), che ovviamente ha un costo maggiore rispetto ai mangimi classici, ma rispetta il benessere animale e la sostenibilità ambientale” affermano Carlo Dalla Rosa e Nancy D’Aiuto, titolari di Royal Food.
di Camilla Rocca