L’alta cucina in Italia stenta a ripartire? In Europa, a causa dell’assenza del turismo internazionale, le cose non vanno meglio. Così, per restare in piedi in un momento che si preannuncia complicato e per contenere i costi di gestione, gli chef elaborano strategie alternative. Un esempio arriva da Copenaghen, dove il “mitico” Noma dello chef René Redzepi, per quattro volte trionfatore al The World’s 50 Best Restaurants (e secondo lo scorso anno) ha riaperto ieri, giovedì 21 maggio, con una formula smart e dedicata al cliente locale. È diventato, temporaneamente, un locale specializzato in hamburger e vini alla mescita.
Il ristorante era stato chiuso alla metà di marzo a seguito della pandemia. Dopo oltre due mesi di stop, René Redzepi ha deciso di riaprire subito, ma al tempo stesso ha compreso che il locale, in questa fase transitoria, non sarebbe riuscito a coprire i costi e quindi ha cambiato formula, dando la possibilità a tanti clienti giovani e meno danarosi di poter frequentare quel “tempio del gusto” tenendo alta la qualità, ma proponendo un menù completamente diverso. Così ci si potrà accomodare, senza prenotazione, nel giardino “vista lago” per degustare un cheese burger o un veggie burger in carta a 125 corone danesi, equivalenti a poco più di 16 euro. Intanto lo chef è al lavoro per riavviare il ristorante d‘alta cucina, che però dovrebbe aprire tra almeno due mesi.
Anche in Italia, alcuni chef stanno rivedendo il loro modello di business per riaprire con una sostenibilità dei costi. Un esempio arriva da Da Vittorio, che ha convertito il resort La Cantalupa, adiacente al ristorante tre stelle Michelin di Brusaporto (Bergamo), con la formula pizza e barbecue. Altri esempi saranno raccontati in un servizio in uscita sul numero 3 di Pambianco Magazine Wine&Food.