La vendemmia 2019 è già in corso (la prima a partire è stata come sempre la Sicilia, a inizio agosto con alcune uve bianche) e si preannuncia ben più scarsa rispetto a quella da record dello scorso anno, ma il calo stimato mediamente tra il 10 e il 30% potrebbe rappresentare l’occasione per smaltire una parte delle rimanenze tuttora in cantina. Inoltre, l’abbondanza del precedente raccolto ha creato più di qualche problema al settore, che si è trovato a gestire un eccesso di offerta a fronte di una domanda statica se non cedente in diverse aree del mondo. Al punto da indurre diversi consorzi di tutela, durante l’estate, a bloccare i nuovi impianti per tre anni: lo hanno deciso, tra gli altri, Lugana, Valpolicella, Barolo. La qualità delle uve invece si annuncia mediamente molto buona.
In Veneto, prima regione vitivinicola d’Italia, il calo produttivo atteso è stimato tra il 15 e 20% con punte anche superiori per il Pinot grigio che, secondo le previsioni di Albino Armani, presidente del Consorzio Doc delle Venezie, potrebbe diminuire di un terzo. In Piemonte, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, l’attesa è di una flessione compresa tra il 10 e 15 percento e in Emilia Romagna i primi dati sulle uve precoci già raccolte segnalano un calo del 30% contro il 15% inizialmente previsto. Alla base di questa scarsità di raccolta, che riguarda soprattutto il nord Italia (al centro-sud ci sono regioni, come ad esempio la Toscana, che potrebbero addirittura aumentare in quantità), ci sono naturalmente ragioni climatiche: la maturazione delle uve è stata rallentata dal freddo primaverile e poi una parte del raccolto è venuta a mancare per la grandine caduta a luglio e agosto.
Intanto, secondo i dati del bollettino Cantina Italia dell’Icqrf risalente a metà agosto, nelle cantine italiane sono presenti scorte per oltre 21 milioni di ettolitri di vini dop, di cui quasi 12 milioni di vino rosso, e oltre 10,5 milioni di vini igp, senza tenere conto dei vini varietali e generici.