Cresce il turismo. I gruppi internazionali dell’hospitality puntano sull’Italia con operazioni mirate e qualificate per l’area del Mediterraneo. Le attenzioni estere spingono in alto i prezzi e gli italiani sono orientati a vendere più che a comprare
Se il mercato degli investimenti alberghieri nel 2018 ha segnato un rallentamento a 1,3 miliardi di euro, sotto il record di 1,6 miliardi registrato nel 2017, tuttavia si conferma l’interesse di investitori sia internazionali che nazionali. L’Italy Hotel investment snapshot elaborato da EY Hospitality mette in evidenza l’assenza nell’anno passato di grandi vendite di portafoglio, ma l’outlook per il 2019 è di segno opposto. “Ci aspettiamo che il volume totale degli investimenti superi i 2 miliardi di euro entro la fine dell’anno – scrivono gli analisti EY – in considerazione sia dei solidi fondamentali del mercato che dell’enorme pipeline di vendite alberghiere è iniziata lo scorso anno e dovrebbe essere completato nella prima metà del 2019”. L’attenzione è alta tra gli investitori e si intensificano le operazioni che toccano località turistiche di pregio, oltre alle grandi città. Si tratta però prevalentemente di operazioni mirate e molto qualificate, perché l’offerta è limitata nell’area del Mediterraneo e gli operatori stanno diventando sempre più selettivi.
TURISMO COME I DIAMANTI
Dopo un 2017 dominato dal private equity (67% dell’investimento in volumi), gli investitori alberghieri nel 2018 hanno registrato un mix più equilibrato, con una leggera prevalenza di investitori istituzionali (italiani e stranieri) seguiti da operatori alberghieri e family office, confermando secondo EY il passaggio graduale da un approccio opportunistico rivolto all’alta redditività a una percezione più matura a lungo termine del mercato. “Il panorama è cambiato – afferma il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca – perché ci sono più capitali in giro, c’è molta liquidità e l’hospitality in Italia è considerata un prime investment. I fondi americani o i fondi sovrani, ma anche i grandi gruppi internazionali, legano il futuro del nostro paese al turismo. Come dire che qualsiasi cosa possa succedere in Italia, i turisti continueranno a venire. Questa concentrazione di attenzioni ha però portato come conseguenza un’impennata dei prezzi che spesso mette in difficoltà l’operatore italiano, che oggi è più venditore che compratore. Perché oggi abbiamo raggiunto un picco molto alto e sicuramente questo sarebbe il momento di vendere per chi dispone di un trophy asset in una città importante o in località di pregio”. Guardando all’attrattività crescente della penisola soprattutto verso i nuovi mercati (Cina in primis) Bocca non ha dubbi. “Investire in Italia è come investire sui diamanti. Ritengo che la spinta abbia origine dalla consapevolezza che vi è un ritorno garantito in termini di business, ma le migliori intenzioni dei grandi investitori stranieri sono spesso inibite dai percorsi farraginosi che da noi impone la burocrazia”.

INGRESSI ESTERNI
Il segmento hotellerie in Italia attrae le attenzioni degli investitori internazionali e il 2019 si è aperto con alcuni movimenti “voluminosi” che hanno cambiato lo scenario del mercato. L’ultima grande operazione in ordine di tempo è quella messa a segno dal fondo statunitense Oaktree, che a fine marzo ha perfezionato l’acquisizione per 300 milioni di euro di 15 hotel da Castello Sgr, che continuerà a gestire il nuovo fondo nel cui portafoglio saranno incluse le strutture coinvolte in questa transazione ed eventuali acquisizioni future. Tra gli hotel passati in mano americana ci sono strutture di lusso sperse per la Toscana, come Fonteverde nel senese, Grotta Giusti nel Pistoiese e Bagni di Pisa, ma anche due strutture “vacanziere” come il resort Chia Laguna che offre esperienze upscale sul mare nel sud della Sardegna e Le Massif a Courmayeur, il cinque stelle aperto nel 2018 da Castello dopo la ristrutturazione dell’ex-hotel Majestic. “Non c’è alcun dubbio sull’attrattiva duratura del settore dell’ospitalità in Italia dal punto di vista del consumatore – dichiarano da Oaktree – e questo è comprovato dalla robusta e costante domanda di buoni asset da parte degli operatori. Il nostro obiettivo è creare una piattaforma di hotel di buona qualità, investire capitali per un riposizionamento significativo, che sconta spesso un ritardo, e implementare un’infrastruttura operativa professionale”. Il fondo non smentisce infatti l’interesse per l’acquisizione di altri hotel di fascia alta in località turistiche di pregio soprattutto costiere – attualmente sarebbe aperta una trattativa per il Portopiccolo a Trieste – focalizzandosi sulla proprietà e sulla gestione, con l’obiettivo di riposizionarli e integrarli nelle proprie strategie di promozione. L’accordo è stato raggiunto a dicembre 2018, ma il perfezionamento dell’operazione sfora già nel 2019. Anche perché l’acquisizione catena inglese di lusso Belmond da parte del colosso francese Lvmh ha mosso un investimento 2,6 miliardi di dollari. Passano di mano 46 strutture di alta gamma nel mondo (oltre a treni e navi da crociera), tra le quali mete iconiche votate alla vacanza luxury come il Cipriani a Venezia e lo Splendido a Portofino, il Caruso a Ravello, il Villa Sant’Andrea e il Timeo a Taormina, oltre a due hotel 5 stelle a Casole d’Elsa, in Toscana. Per Lvmh, già proprietario dell’insegna Cheval Blanc e delle attività nell’hotellerie di Bvlgari, l’acquisizione di Belmond “è il complemento ideale”.

LUSSO ALLA RICERCA
Al di là delle grandi operazioni di fondi e investitori istituzionali, anche i gruppi family owned sembrano “elettrizzati” dalle opportunità di espansione nel Belpaese. “In Italia avevamo tre hotel e oggi siamo arrivati a sei. Ma la mia intenzione è di coprire tutta l’Italia con i nostri alberghi”, ha annunciato Sir Rocco Forte nell’illustrare a Milano i programmi del gruppo di hotellerie di lusso. Dopo la recentissima apertura a Roma dell’Hotel De la Ville e con l’ingresso, nel 2020, di Villa Igiea a Palermo, la penisola è la destinazione con più strutture per Rocco Forte Hotels. E c’è molta attesa per le future mosse del gruppo in Italia: si parla di un interesse per la città di Milano, ma anche di Capri, della costiera amalfitana e di Venezia. “L’Italia è il paese più interessante al mondo per il turismo e piace particolarmente agli americani, che sono i turisti più importanti del mondo”, afferma Forte senza esitazioni. Anche chi ha già perfezionato acquisizioni e investimenti strutturali, come Smeralda Holding (controllata dal fondo sovrano del Qatar), annuncia un 2019 di forti investimenti sulle strutture di proprietà in Sardegna ovvero Cala di Volpe, Romazzino, Pitrizza e Cervo. Interventi architettonici per il ripensamento di alcuni spazi, il rinnovamento dei locali nella piazzetta di Porto Cervo, ma anche la conferma a permanente del ristorante Matsuhisa dello chef giapponese Nobu all’interno del Cala di Volpe. “La Costa Smeralda rappresenta una destinazione di riferimento per l’élite turistica nazionale e internazionale – afferma il CEO Mario Ferraro – e ogni anno ci impegniamo ad arricchire l’offerta, anche grazie alla collaborazione di grandi protagonisti del food, dell’architettura e del design, del lifestyle e del wellness”.

L’ITALIA DELLE “FAMIGLIE”
Mentre gli investitori internazionali muovono grandi capitali e fanno propri alcuni gioielli della penisola, i player italiani non stanno con le mani in mano. Gruppo Una, la più grande catena italiana con 38 hotel, resort e aparthotel in 19 destinazioni, ha ampliato a marzo l’offerta premium con l’acquisizione della gestione di Leone Blu Suites, dimora d’epoca nel centro di Firenze con 9 suite. Su Capri si è mossa la catena Sina Hotels, di proprietà della famiglia Bocca, che a maggio 2018 ha acquisito il Sina Flora. “Noi siamo un gruppo atipico, perché puntiamo sempre ad avere la proprietà degli immobili – rimarca il presidente Bernabò Bocca – e questo ci offre solidità patrimoniale, accesso al credito e tranquillità gestionale, ma implica una crescita più lenta rispetto a chi prende solo contratti di affitto”. Per la famiglia, che oggi controlla 11 hotel, la competizione sull’ampliamento del portafoglio è però sempre più forte dato che i grandi investitori internazionali hanno portato i prezzi degli asset a livelli altissimi. Ci sono ancora però spazi stretti di manovra e l’operazione Capri è stata strategica. “Un ottimo acquisto dal punto di vista immobiliare e gestionale – conferma Bocca – ma soprattutto per l’offerta della compagnia, perché quando ci siamo presentati sul mercato americano avendo nella nostra collezione anche una destinazione come Capri questo ha portato un indotto anche sugli altri hotel. In questo senso Capri per noi è sinergico a Venezia, Roma o Firenze”. Anche in Sudtirol il mercato sembra in evoluzione. La famiglia Dorfer ha varato nel 2019 il Quellenhof Luxury Resort Lazise, sul lago di Garda, che si aggiunge al 5 stelle Quellenhof in Val Passiria per andare a costituire una mini-catena Quellenhof Luxury Resorts. E contestualmente quest’anno si sta espandendo anche il Gruppo Belvita, che riunisce 28 hotel dell’Alto Adige (tutti 4 stelle superior o 5 stelle) che mirano all’eccellenza nei settori wellness, spa, fitness.
