Dopo un anno vissuto in trincea, tra crisi internazionali e carenza di prodotto (post vendemmia 2017), i big del settore sono riusciti a portare a casa un risultato positivo. Ora è il momento di attaccare e le aziende trovano un alleato importante: il mercato interno.
di Andrea Guolo
In un anno complicato come il 2018, tra le tensioni internazionali e le conseguenze della tragica vendemmia ‘17 (quella della gelata di aprile), per i big del vino italiano è andata meglio del previsto. A testimoniarlo sono i dati di preconsuntivo raccolti in anteprima da Pambianco Strategie di Impresa, dai quali si evidenzia una tenuta complessiva della fascia alta, dove però i due leader Antinori e Frescobaldi mettono a segno consistenti incrementi di fatturato, e una marcia più spedita dei gruppi di fascia accessibile, avvantaggiati dalla domanda internazionale di bollicine made in Italy. Ed ecco che la fascia premium, i cui primi dieci player considerati assieme sfiorano il miliardo di euro, cresce al ritmo del 3%, contro il +4% evidenziato nel 2017. Anche nell’ambito commerciale la corsa è leggermente rallentata, con un +5% nel 2018 contro il +6% dell’esercizio precedente, ma i valori in questo caso sono diversi: la top ten delle società cosiddette commerciali vale complessivamente 2,35 miliardi di euro e la più piccola di queste realtà fattura ben 150 milioni.
OLTRE LE DIFFICOLTÀ
In testa alla classifica generale si conferma Cantine Riunite & Civ, che al suo interno comprende Gruppo Italiano Vini. “L’andamento – sottolinea Roberta Corrà, direttore generale di Giv – è stato positivo. Molto bene il mercato Italia, in controtendenza rispetto alla media (+6% rispetto al 2017); stabile l’estero, a causa di vicissitudini politiche internazionali e daziarie”. In particolare, il miglioramento del mercato interno è un aspetto condiviso da più parti e da più aziende, con ulteriori progressi effettuati nei primi tre mesi del nuovo anno. Gruppo Italiano Vini ha incassato 338 milioni di euro, con una quota export pari al 75% e con il nord America quale primo mercato di destinazione con 57 milioni, seguito dalla Gran Bretagna con 28 milioni e dalla Germania con 15 milioni. “Il 2019 – sottolinea Corrà – sarà un anno interessante per il nostro gruppo grazie alla start-up del nuovo magazzino automatizzato, al nuovo disegno di sviluppo nel mercato canadese, alla messa a regime dell’importante joint venture con Granarolo SA per la distribuzione nel mercato svizzero, al potenziamento nostra controllata in Usa Frederick Wilman and Sons che distribuirà tutti i marchi del gruppo”. Inoltre, Giv ha un ristorante in apertura a Matera, nell’anno in cui la città lucana è capitale europea della cultura.
In seconda posizione si piazza un altra coop, la romagnola Caviro, il cui presidente Carlo Dalmonte commenta: “Quello del 2018 è stato un bilancio da record per il fatturato, a conferma di una serie di scelte rivolte nella giusta direzione. E sono tanti gli investimenti in atto per migliorare a livello organizzativo e anche qualitativo. Siamo consapevoli di quanto sia importante puntare su una fascia più alta di prezzo, per distinguersi dall’eccessiva aggressività nel mercato delle commodities e che ci metterebbe nell’impossibilità di dare valore ai nostri soci, che poi è la mission di Caviro”.
In terza posizione si insedia Fratelli Martini, superando Zonin1821 che nel 2018 ha più o meno confermato il risultato dell’anno precedente nonostante le difficoltà subite in Gran Bretagna, dove nei primi quattro mesi gli ordini sono stati sostanzialmente sospesi dai grandi retailer e dove il gruppo di Gambellara ha scontato la svalutazione della sterlina. Ciononostante, il vice presidente Francesco Zonin archivia i dodici mesi con la soddisfazione di chi è riuscito a concludere un accordo con un investitore, 21 Invest, entrato nel capitale come socio di minoranza per rafforzare la compagine e dare concretezza a un business plan che punta a 300 milioni entro cinque anni. “Credo sia stata un’ottima operazione anche dal punto di vista manageriale, perché con il loro sostegno affineremo tutte le competenze acquisite negli ultimi anni. Ed è stata una corsa veloce, la nostra, considerando che in dieci anni abbiamo più che triplicato il fatturato: non vedo molti esempi simili in circolazione, a questi livelli dimensionali”, commenta Zonin.
Osservando la top ten della fascia commerciale, appare evidente che tutti i gruppi sono in crescita, con la sola eccezione di Iwb che comunque conferma i valori del 2017. Tra i risultati più significativi compaiono quelli di Botter, che guadagna 15 milioni di euro, e di Enoitalia, che sale di 13 milioni, principalmente grazie al contributo del Regno Unito dove l’azienda veneta controlla una quota del 20% del vino venduto on trade e in buona parte di tratta di Prosecco. Oggi la quota di produzione legata alla spumantistica per Enoitalia è pari al 40% e proprio per gestire il business dello spumante è stato realizzato il nuovo stabilimento di Montebello Vicentino. In casa Italian Wine Brands, la chiusura in parità viene considerata un successo: “Tenendo conto delle premesse, poteva andare molto peggio perché temevamo di non disporre di prodotto sufficiente per le vendite”, commenta l’amministratore delegato Alessandro Mutinelli. La situazione è decisamente cambiata con l’abbondanza del raccolto 2018, che ha permesso alla società operante nel mercato con Giordano Vini e Provinco di approvvigionarsi senza difficoltà: “Con i buyer, gran parte dei contratti sono stati già fatti e la situazione è opposta a quella di un anno fa, quando i costi aumentavano e i quantitativi erano del tutto incerti”, sottolinea Mutinelli.
Da evidenziare, infine, il risultato di Gruppo Santa Margherita, che non può essere considerato una vera propria realtà commerciale poiché al suo interno convivono una parte ampia di prodotti accessibili (dal Pinot grigio al Prosecco), grazie ai quali la società del gruppo Marzotto ha conquistato i suoi mercati di riferimento a cominciare dagli Stati Uniti, e una altrettanto importante di fascia alta e fortemente remunerativa. Il 2018 si è chiuso con un balzo di oltre il 5% a 177,5 milioni di euro. “L’aspetto che va enfatizzato – afferma l’amministratore delegato Ettore Nicoletto – è legato agli investimenti, pari a 39 milioni di euro, 242 in tutto dal 2005 a oggi. Il gruppo è sano, genera valore e i suoi soci reinvestono una parte consistente della cassa generata dagli introiti. Ora dobbiamo completare l’integrazione delle due società acquisite nel 2017 (Cà Maiol in Lombardia, Cantina Mesa in Sardegna, ndr), ma siamo anche pronti per rafforzare l’assortimento dei marchi nazionali, aggiungendo altre regioni e poi, essendo ben radicati negli Usa dove incassiamo 100 milioni di dollari, stiamo valutando un’acquisizione su quel mercato per cominciare a testare il canale direct consumer”.
IL PREMIUM SI DIFENDE
Nella fascia alta, il differenziale dipende dai risultati di Antinori, primo con 213 milioni (+5%), e di Frescobaldi, secondo con 119 milioni (+13%). Il gruppo Antinori si conferma pertanto in vetta alla classifica delle aziende premium e la presidente Albiera Antinori commenta: “La nostra azienda opera in un settore in cui la crescita, per garantire la qualità, è auspicabile che sia leggera ma costante. In questa ottica siamo soddisfatti che, anche per il 2018, abbiamo registrato, come per gli anni precedenti, un 5% di aumento. Un risultato ottenuto grazie alla qualità dei nostri vini, e all’impegno di tutti i settori della azienda”. Da un punto di vista dei mercati, l’Italia si conferma in vetta con il 36,5% del fatturato. “Per i mercati esteri – precisa la presidente – siamo presenti in circa 180 Paesi con l’obiettivo primario di sviluppare il mercato asiatico, per il quale vediamo un grosso potenziale di crescita”.
Tra gli inseguitori, è stato soprattutto un anno dedicato ai cambiamenti interni, come testimonia Francesca Moretti, ceo di Terra Moretti: “Abbiamo rivoluzionato la forza commerciale delle due aziende acquisite, Sella&Mosca e Teruzzi, tra le quali la prima era ottimamente distribuita in Sardegna ma non in continente. In Franciacorta, i riscontri sono ottimi sia per Bellavista sia per Contadi Castaldi che cresce anno dopo anno. E siamo contenti anche della situazione di Petra. In generale, aver consolidato il risultato precedente in un anno così complesso, peraltro caratterizzato nel nostro caso dal cambiamento del gestionale interno che ci ha fatto perdere quasi un mese di lavoro, lo considero un successo”. Il 2019 di Terra Moretti è partito con programmi sfidanti e con nuove etichette in uscita per Vinitaly. “I dati del primo trimeste – evidenzia Francesca Moretti – ci dicono che siamo oltre il budget prefissato”.
Restando in Franciacorta, va registrata la soddisfazione di Cristina Ziliani per l’incremento seppur contenuto di Berlucchi. “Il tutto è avvenuto in un anno complicato, nel quale abbiamo assunto l’impegno importante dell’acquisizione dell’azienda da nostro padre e abbiamo dovuto affrontare costi di produzione più alti per effetto della gelata del 2017 e della vendemmia prolungata del 2018. In positivo c’è la crescita di brand awareness all’estero e gli ottimi risultati raccolti nelle guide internazionali”.
Di consolidamento, infine, parla Nadia Zenato, in un anno caratterizzato da mercati in flessione ma compensati da altre piazze in espansione. “Sono andati molto bene gli Stati Uniti e alcuni Paesi dell’Asia: tra questi il Vietnam, che per noi vale più della Cina”, spiega la titolare di Zenato, presente in Lugana, Valpolicella e Toscana. E ora le prospettive sono particolarmente brillanti per la Cina: “Lo scorso anno il mercato cinese ha un po’ rallentato, ma adesso i miei clienti mi dicono che sta tornando a crescere perché loro stessi hanno puntato sul vino italiano”, conclude la produttrice.